Bobby lo fissò con occhi vitrei che non avevano più nulla di umano.
«Se ne sono andati tutti,» ripetè Tony.
«Via?»
«Non possono più farti del male.»
«Bugiardo.»
«No. Sto dicendo la verità. Tutti i coccodrilli se ne sono andati e…»
Bobby gli scagliò addosso la pistola.
Tony si abbassò rapidamente.
«Fottuto poliziotto! Figlio di puttana!»
«Stai calmo, Bobby.»
Bobby fece un passo verso di lui.
Tony si ritrasse.
Bobby non si preoccupò di aggirare la sedia. Si limitò a farla cadere con rabbia, anche se era piuttosto pesante.
Tony sapeva che un uomo sotto l’effetto della polvere d’angelo era spesso dotato di una forza sovrumana. A volte, quattro o cinque poliziotti nerboruti facevano fatica a bloccare un unico individuo. Esistevano varie teorie mediche sulle cause che potevano determinare questo incredibile aumento di forza fisica, ma non erano certo di aiuto per il povero agente che si trovava a dover affrontare un pazzoide squilibrato con la forza di cinque o sei uomini. Tony era convinto che alla fine avrebbe dovuto usare la pistola per fermare Bobby, anche se per natura era contrario a tali metodi.
«Ti ammazzerò,» grugnì Bobby. Aveva le mani strette ad artiglio. La faccia era paonazza e dagli angoli della bocca fuoriusciva della bava.
Tony mise il grande tavolo ottagonale fra loro. «Fermati immediatamente, maledizione!»
Non voleva essere costretto a uccidere Bobby Valdez. Durante tutti gli anni trascorsi con la polizia, aveva sparato solo a tre uomini e si era sempre trattato di legittima difesa. Nessuno dei tre era comunque morto.
Bobby fece per aggirare il tavolo.
Tony si allontanò.
«Ora sono io il coccodrillo,» sbraitò Bobby.
«Non voglio farti del male.»
Bobby si fermò, afferrò il tavolo e lo scagliò lontano; Tony andò a sbattere contro la parete e Bobby corse verso di lui, strillando parole incomprensibili. Tony premette il grilletto e il proiettile colpì Bobby alla spalla sinistra, facendolo ruotare e cadere sulle ginocchia. Incredibilmente, Bobby si rialzò con il braccio sinistro penzolante che sanguinava e si mise a ululare per la collera più che per il dolore. Si precipitò accanto al camino, prese una pinza di ottone e la scaraventò contro Tony che dovette abbassarsi per schivarla. Bobby gli si avventò contro con un attizzatoio di ferro e lo abbassò con forza sulla coscia di Tony che si lasciò sfuggire un gemito. Fortunatamente il colpo non ruppe alcun osso, ma fu sufficiente a far crollare a terra Tony proprio mentre Bobby stava per sferrargli la mazzata decisiva sulla testa. A quel punto Tony fece fuoco a distanza ravvicinata e Bobby fu catapultato di lato e, con un ultimo grido acuto, fracassò una sedia e rovinò a terra, con il sangue che zampillava come una macabra fontana. Si agitò, si contorse, gorgogliò aggrappandosi al tappeto, si morsicò il braccio ferito, ebbe un sussulto e alla fine rimase perfettamente immobile.
Ansimando e imprecando, Tony ripose la pistola e si trascinò fino al telefono che aveva notato su un tavolino. Compose lo zero e spiegò all’operatore chi era, dove si trovava e che cosa voleva. «Innanzitutto un’ambulanza e poi la polizia,» ordinò.
«Sissignore,» rispose l’operatore.
Riappese e avanzò zoppicando verso la cucina.
Frank Howard era ancora disteso sul pavimento, in mezzo all’immondizia. Era riuscito solo a girarsi sulla schiena.
Tony si inginocchiò accanto a lui.
Frank aprì gli occhi. «Sei ferito?» domandò in un soffio.
«No.»
«L’hai preso?»
«Sì.»
«È morto?»
«Sì.»
«Bene.»
Frank aveva un aspetto terribile. Il viso era pallido come un cencio e madido di sudore. La parte bianca degli occhi aveva assunto un colorito giallastro che Tony non aveva mai visto prima di allora e l’occhio destro era iniettato di sangue. Le labbra erano leggermente violacee. La spalla destra e la manica della camicia erano inzuppate di sangue. La mano sinistra era stretta sulla ferita allo stomaco che aveva perso molto sangue e la camicia e i pantaloni erano bagnati e appiccicosi.
«Come va?» chiese Tony.
«All’inizio, faceva un male cane. Non ho potuto fare a meno di gridare. Poi ha iniziato a migliorare. Adesso sento solo un gran caldo.»
Tony si era talmente concentrato su Bobby Valdez che non aveva nemmeno udito le urla di Frank.
«Credi che un laccio emostatico potrebbe servire a qualcosa?»
«No. La ferita è troppo in alto, nella spalla. Non c’è spazio per mettere il laccio.»
«Stanno arrivando i soccorsi,» lo tranquillizzò Tony. «Li ho chiamati.»
Si udivano le sirene in lontananza. Non potevano già essere l’ambulanza e la macchina della polizia che aveva richiesto. Probabilmente li aveva già chiamati qualcun altro.
«Ci saranno un paio di agenti,» disse Tony. «Di sicuro avranno in macchina una cassetta per il pronto soccorso.»
«Non lasciarmi.»
«Ma se hanno la cassetta del pronto soccorso…»
«Non credo sia sufficiente. Non lasciarmi,» lo implorò Frank.
«D’accordo.»
«Ti prego.»
«Va bene, Frank.»
Stavano tremando entrambi.
«Non voglio rimanere solo,» mormorò Frank.
«Rimarrò qui.»
«Ho cercato di sedermi,» proseguì Frank.
«Cerca di stare calmo.»
«Non ci sono riuscito.»
«Presto starai bene di nuovo.»
«Forse sono paralizzato.»
«Hai subito un bello choc, tutto qua. E hai perso molto sangue. E ovvio che ti senta debole.»
Le sirene si spensero davanti al complesso residenziale.
«L’ambulanza non può essere lontana,» lo rincuorò Tony.
Frank chiuse gli occhi, sussultò e gemette.
«Ti rimetterai presto, amico.»
Frank aprì gli occhi. «Tony, devi venire in ospedale con me.»
«Va bene.»
«E starai nell’ambulanza con me.»
«Non so se mi lasceranno.»
«Devi farlo.»
«D’accordo. Certo.»
«Non voglio rimanere solo.»
«Okay,» mormorò Tony. «Li costringerò a farmi salire su quella dannata ambulanza anche a costo di minacciarli con la pistola.»
Frank cercò di abbozzare un sorriso, ma sul viso si dipinse una maschera di dolore. «Tony?»
«Che cosa c’è, Frank?»
«Ti dispiace… stringermi la mano?»
Tony afferrò la mano destra del compagno. Il proiettile gli era penetrato nella spalla e Tony pensava che Frank non sarebbe riuscito a muovere l’estremità, ma le dita gelide si strinsero attorno alla sua mano con una forza incredibile.
«Sai una cosa?» chiese Frank.
«Che cosa?»
«Dovresti fare come dice lui.»
«Lui chi?»
«Eugene Tucker. Dovresti buttarti. Provare. Fare davvero quello che vuoi con la tua vita.»
«Non preoccuparti per me. Devi risparmiare le forze per ristabilirti presto.»
Frank sembrava agitato. Scosse la testa. «No, no, no. Devi ascoltarmi. È importante… quello che sto per dirti… è maledettamente importante.»
«Va bene,» sussurrò Tony. «Rilassati. Non sforzarti troppo.»
Frank tossì e sulle labbra bluastre apparvero poche gocce di sangue.
Il cuore di Tony batteva all’impazzata. Dov’era quella maledetta ambulanza? Perché quei bastardi ci stavano mettendo così tanto?
La voce di Frank si era fatta fioca e l’uomo dovette fermarsi ripetutamente per prendere fiato. «Se vuoi essere un pittore… devi buttarti. Sei ancora giovane… puoi farcela.»
«Frank, per favore, per l’amor del cielo, risparmia le forze.»
«Ascoltami! Non perdere più… tempo. La vita è maledettamente corta… per sprecarne anche solo un attimo.»