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«Smettila di parlare così. Ho un sacco di anni davanti a me, e anche tu.»

«Passano così in fretta… così fottutamente in fretta. Volano in un soffio.»

Frank respirava affannosamente. Strinse con maggior forza la mano di Tony.

«Frank? Che cos’hai?»

Frank non disse nulla. Fu scosso da un brivido. Poi iniziò a piangere.

«Lascia che vada a prendere la cassetta del pronto soccorso.»

«Non lasciarmi. Ho paura.»

«Ci vorrà solo un minuto.»

«Non lasciarmi.» Aveva le guance rigate di lacrime.

«D’accordo. Rimarrò qui. Arriveranno fra pochi minuti.»

«Oh, Cristo,» balbettò Frank.

«Ma se il dolore sta peggiorando…»

«Non mi fa… molto male.»

«E allora che cosa c’è? Che cosa c’è che non va?»

«Sono solo imbarazzato. Non voglio che lo sappia… nessuno.»

«Sapere che cosa?»

«Io… ho perso il controllo. Insomma… io… mi sono fatto la pipì addosso.»

Tony non sapeva che cosa dire.

«Non voglio che ridano di me.»

«Nessuno riderà di te.»

«Ma, Cristo, me la sono fatta addosso… come un bambino.»

«Con tutto questo casino sul pavimento, chi vuoi che se ne accorga?»

Frank si mise a ridere, gemendo contemporaneamente per il dolore, e strinse la mano di Tony ancora più forte.

Un’altra sirena. A pochi isolati di distanza. Si stava avvicinando rapidamente.

«L’ambulanza sarà qui fra un minuto.»

Con il passare del tempo, la voce di Frank si faceva sempre più debole. «Ho paura, Tony.»

«Ti prego, Frank, ti prego, non aver paura. Sono qui io. Tutto andrà bene.»

«Voglio… che qualcuno si ricordi di me,» mormorò Frank.

«Che cosa vuoi dire?»

«Quando me ne sarò andato… voglio che qualcuno si ricordi di me.»

«Rimarrai fra noi ancora per un sacco di tempo.»

«Chi si ricorderà di me?»

«Io. Io mi ricorderò di te.»

La sirena era a un solo isolato di distanza.

«Sai una cosa? Credo… forse ce la farò. Il dolore è scomparso improvvisamente.»

«Davvero?»

«E un bene, no?»

«Certo.»

La sirena si spense mentre l’ambulanza si fermava con uno stridio di freni praticamente sotto le finestre dell’appartamento.

La voce di Frank era così sottile che Tony dovette avvicinarsi per poterlo udire. «Tony… stringimi.» Lasciò andare la mano di Tony. Le dita gelide mollarono la presa. «Stringimi, per favore. Cristo. Stringimi, Tony. Ti prego.»

Per un attimo, Tony temette di peggiorare le condizioni del compagno, ma si rese immediatamente conto che non aveva più alcuna importanza. Si sedette sul pavimento in mezzo alla sporcizia e al sangue. Infilò un braccio sotto le spalle di Frank e lo aiutò a mettersi seduto. Frank tossì debolmente e la mano sinistra gli scivolò dalla pancia: dall’orrenda ferita dell’addome fuoriuscivano le budella. Frank aveva iniziato a morire quando Bobby aveva premuto il grilletto: non aveva mai avuto la benché minima speranza di sopravvivere.

«Stringimi.»

Tony abbracciò Frank come meglio poté e lo strinse, lo strinse a sé come un padre avrebbe fatto con un bambino spaventato. Lo strinse e lo cullò dolcemente, mormorandogli parole di conforto. Continuò a parlargli anche quando si rese conto che ormai era morto. Continuò a cullarlo dolcemente e serenamente, sussurrandogli tenere parole rassicuranti.

Lunedì pomeriggio alle quattro, l’operaio della società dei telefoni si presentò a casa di Hilary che gli mostrò dov’erano collocati i cinque apparecchi. L’uomo stava per iniziare a lavorare quando il telefono della cucina squillò.

Hilary temette che fosse il solito interlocutore anonimo. Non voleva rispondere, ma l’operaio continuò a fissarla e al quinto squillo fu costretta ad afferrare il ricevitore. «Pronto?»

«Hilary Thomas?»

«Sì.»

«Sono Michael Savatino. Ricorda il Ristorante Savatino?»

«Oh, ma certo. Non dimenticherò mai lei e il suo meraviglioso ristorante. Abbiamo mangiato benissimo.»

«Grazie. Facciamo del nostro meglio. Senta, Miss Thomas…»

«La prego, mi chiami Hilary.»

«Hilary, allora. Ha già sentito Tony oggi?»

Improvvisamente si rese conto che la sua voce era carica di tensione. Capì, anche se a livello inconscio, che era successo qualcosa di terribile a Tony. Rimase per un attimo senza fiato e con la vista annebbiata.

«Hilary? È sempre lì?»

«È da ieri sera che non lo sento. Perché?»

«Non vorrei allarmarla. C’è stato un piccolo incidente…»

«Oh, mio Dio.»

«… comunque Tony non è ferito.»

«Ne è sicuro?»

«Solo qualche graffio.»

«È in ospedale?»

«No, no. Davvero, sta bene.»

La stretta allo stomaco si allentò leggermente.

«Che tipo di incidente?» domandò.

In poche parole, Michael le riferì della sparatoria.

Tony sarebbe potuto morire. Hilary si sentì estremamente debole.

«Tony l’ha presa male,» proseguì Michael. «Decisamente male. Quando lui e Frank hanno iniziato a lavorare insieme, non andavano molto d’accordo. Ma poi le cose erano cambiate. Negli ultimi giorni, avevano imparato a conoscersi. E avevano finito col diventare molto amici.»

«Dov’è Tony adesso?»

«A casa sua. La sparatoria è avvenuta questa mattina alle undici è mezzo. E tornato a casa verso le due e io sono stato con lui fino a pochi minuti fa. Avrei voluto fermarmi, ma ha insistito perché tornassi al ristorante. Gli ho chiesto di venire con me, ma non ha voluto. Non lo ammetterà mai, ma ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino.»

«Andrò da lui,» esclamò Hilary.

«Speravo proprio che lo facesse.»

Hilary si diede una rinfrescata e si cambiò d’abito. Era pronta per uscire quindici minuti prima che l’operaio finisse con i telefoni e quel quarto d’ora le parve interminabile.

Mentre si dirigeva a casa di Tony, ripensò a come si era sentita quando aveva creduto che Tony fosse seriamente ferito, forse addirittura morto. Aveva sentito una stretta allo stomaco e un insopportabile senso di vuoto si era impadronito di lei.

La sera precedente, prima di riuscire a prendere sonno, si era chiesta se per caso non fosse innamorata di Tony. Era possibile che amasse qualcuno dopo le torture fisiche e psicologiche che aveva dovuto patire da bambina, dopo quello che aveva appreso sulla terribile natura umana? E poteva amare un uomo che conosceva solo da pochi giorni? La situazione non era ancora ben chiara ma era certa che in tutta la sua vita non aveva mai provato una simile paura all’idea di perdere qualcuno.

Giunta davanti all’appartamento di Tony, posteggiò accanto alla jeep blu.

Abitava in un edificio a due piani. Sul balcone, accanto a uno degli appartamenti, erano appese delle campanelle che risuonavano malinconicamente nella brezza autunnale.

Quando lui aprì la porta, non parve sorpreso di vederla. «Immagino ti abbia chiamato Michael.»

«Sì. Perché non l’hai fatto tu?» chiese.

«Probabilmente ti avrà riferito che sono uno straccio. Come puoi vedere, ha esagerato.»

«È solo preoccupato per te.»

«Posso farcela,» disse, abbozzando un sorriso. «Sto bene.»

Nonostante cercasse di non esternare il dolore che provava per la morte di Frank, Hilary notò lo sguardo perso e gli occhi privi di espressione.

Avrebbe voluto abbracciarlo e consolarlo, ma non era molto brava a trattare la gente soprattutto in un momento simile. Si rese conto inoltre che lui non era ancora pronto ad accettare l’appoggio che avrebbe potuto offrirgli.