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Tony non era più tanto sicuro che Hilary fosse in preda a una crisi isterica o in stato confusionale. Aveva lo sguardo attento e si esprimeva con frasi decise. Sembrava una donna completamente padrona di se stessa.

«Ma Frye è morto,» obiettò Tony.

«Era qui.»

«Ma com’è possibile?»

«È proprio quello che intendo scoprire.»

Tony si ritrovò a passeggiare in un meandro del proprio cervello, pieno di eventi assolutamente impossibili. Gli parve di ricordare qualcosa relativo a una storia di Sherlock Holmes. Holmes aveva spiegato a Watson che, dopo aver eliminato tutte le possibilità a eccezione di una, l’ultima rimasta, per quanto assurda o improbabile, deve corrispondere alla verità.

Forse l’impossibile era possibile?

Un morto poteva camminare?

Ripensò all’impiegabile legame fra le minacce dell’assalitore e gli oggetti trovati nel furgone di Bruno Frye. Ripensò a Sherlock Holmes e alla fine disse: «Va bene.»

«Va bene che cosa?» domandò Hilary.

«Va bene, forse era Frye.»

«Era lui.»

«Forse… in qualche modo… Dio solo sa come… forse è sopravvissuto a quelle pugnalate. Sembra assolutamente impossibile, ma non posso escluderlo.»

«Quale concessione!» sbottò Hilary. Era ancora arrabbiata e non l’avrebbe perdonato facilmente.

Si allontanò da lui ed entrò in camera.

Lui la seguì.

Si sentiva un po’ stupido. Sherlock Holmes non aveva parlato di quello che si provava una volta giunti alla conclusione che niente era impossibile.

Hilary prese una valigia dall’armadio, l’appoggiò sul letto e iniziò a riempirla di vestiti.

Tony si avvicinò al telefono e alzò il ricevitore. «Non c’è la linea. Deve aver tagliato i fili. Dovremo usare il telefono dei vicini per riferire quanto è successo.»

«Non ho intenzione di dire niente.»

«Non preoccuparti. Ora tutto è diverso. Sosterrò la tua tesi.»

«E troppo tardi,» ribatté aspramente.

«Che cosa vuoi dire?»

Hilary non rispose. Afferrò una camicia con tale forza da far cadere la gruccia.

«Spero che tu non abbia davvero intenzione di nasconderti in un albergo e di assumere investigatori privati.»

«Oh, certo. E esattamente quello che voglio fare,» sbottò lei, piegando la camicetta.

«Ma ho detto che ti credo.»

«E io ho detto che è troppo tardi. Ormai è troppo tardi.»

«Perché rendi tutto così difficile?»

Hilary non rispose. Appoggiò la camicetta nella valigia e ritornò all’armadio per prendere altri vestiti.

«Ascolta,» proseguì Tony, «mi sono limitato a esprimere qualche ragionevole dubbio. I dubbi che avrebbe avuto chiunque in una situazione come questa. Insomma, gli stessi che avresti sollevato tu se io ti avessi detto di aver visto un morto che camminava. Se fossi stato al tuo posto, mi sarei aspettato un certo scetticismo e non mi sarei arrabbiato con te. Si può sapere perché te la sei presa tanto?»

Hilary ritornò verso il letto con un paio di camicette e iniziò a piegarle. Parlò senza nemmeno guardare Tony. «Io mi fidavo di te… mi fidavo ciecamente.»

«Non ho tradito la tua fiducia.»

«Sei come tutti gli altri.»

«Quello che è successo a casa mia non ha rappresentato niente di speciale?»

Lei non disse nulla.

«Vuoi farmi credere che quello che hai provato questa notte, non solo con il corpo, ma anche con il cuore e con la testa, è quello che provi normalmente con tutti gli uomini?»

Hilary cercò di non ascoltarlo. Si concentrò su quello che stava facendo, sistemò la seconda camicetta nella valigia e iniziò a piegare la terza. Ma le tremavano le mani.

«Be’, per me è stato qualcosa di speciale,» proseguì Tony con aria decisa. «E stato perfetto. Meglio di quanto ci si possa aspettare. E non mi riferisco solo al sesso. Il fatto di stare insieme. Di condividere qualcosa. Mi sei entrata dentro come nessun’altra donna è mai riuscita a fare. Quando te ne sei andata, stanotte, ti sei appropriata di una parte di me, un pezzetto del mio cuore, qualcosa di vitale. Per il resto della mia vita, mi sentirò completo solo quando sarò con te. Quindi, se credi che ti lascerò andare via così, ti sbagli di grosso. Sono disposto a tutto pur di tenerti con me, Hilary.»

Lei aveva smesso di piegare la camicetta. Era rimasta ferma e immobile, con lo sguardo sulla valigia.

In quel momento, Tony avrebbe dato tutto l’oro del mondo pur di conoscere i suoi pensieri.

«Ti amo,» le sussurrò.

Senza distogliere lo sguardo, lei rispose con voce tremante: «La gente mantiene forse gli impegni? Mantiene forse le promesse? Promesse di questo tipo? Quando qualcuno dice: ‘ti amo’ pensi ci creda davvero? I miei genitori si sussurravano tenere parole d’amore e due minuti dopo mi picchiavano a sangue. E io a chi dovrei credere? A te? E perché mai? Non finirà forse in modo doloroso? Non finisce sempre così? Preferisco stare da sola. Sono in grado di prendermi cura di me stessa. Starò benissimo. Non voglio rimanere ferita un’altra volta. Sono stanca di essere ferita. Dannatamente stanca! Non voglio prendermi un impegno e correre dei rischi. Non posso. Non ce la faccio.»

Tony l’afferrò per le spalle e la costrinse a guardarlo negli occhi. Hilary aveva le labbra che tremavano e gli occhi pieni di lacrime, che riuscì tuttavia a trattenere.

«Tu provi gli stessi sentimenti per me,» mormorò Tony. «Lo so. Lo sento. Ne sono sicuro. Tu non mi stai rifiutando perché ho dubitato della tua storia. Questo non c’entra assolutamente. Vuoi rifiutarmi perché ti stai innamorando e ne sei terrorizzata. Terrorizzata per colpa dei tuoi genitori. Per colpa di quello che ti hanno fatto, per tutte le botte che hai preso, e per una valanga di altre ragioni che non mi hai ancora spiegato. Vuoi fuggire dai tuoi sentimenti perché la tua infanzia ti ha distrutto a livello emotivo. Ma tu mi ami. Mi ami davvero. E lo sai anche tu.»

Hilary non riusciva a parlare. Si limitò a scuotere la testa: no, no, no.

«Non dirmi che non è vero,» proseguì Tony. «Abbiamo bisogno l’uno dell’altra, Hilary. Io ho bisogno di te perché per tutta la vita ho avuto paura di rischiare con le cose: il denaro, la carriera, l’arte. Sono sempre stato disposto nei confronti delle persone, pronto a stabilire nuove relazioni, ma non ho mai saputo modificare le circostanze. Con te, grazie a te, per la prima volta, provo il desiderio di allontanarmi, seppure cautamente, dalla sicurezza dello stipendio fisso da poliziotto. E ora, quando penso seriamente a guadagnarmi da vivere dipingendo, non mi sento più in colpa, come una volta. Non sento più le prediche di mio padre sul denaro, sulla responsabilità e sulla crudeltà del destino, come succedeva prima. Se penso alla vita dell’artista, non rivivo più automaticamente le crisi finanziarie che la mia famiglia ha dovuto sopportare, quando non avevamo abbastanza da mangiare e rischiavamo di restare senza nemmeno un tetto. Finalmente sono riuscito a gettarmi tutto dietro le spalle. Non sono ancora sufficientemente forte per mollare il lavoro e buttarmi. Mio Dio, no. Non ancora. Ma, grazie a te, riesco a immaginarmi nelle vesti di un pittore, e riesco a farlo seriamente, anche se fino a una settimana fa mi sembrava assolutamente impossibile.»