«Non possiamo saperlo. Nel migliore dei casi, abbiamo a che fare con un pazzo. O forse ci troviamo di fronte all’ignoto, a qualcosa che va oltre la nostra comprensione e che può risultare incredibilmente pericoloso. A ogni modo, non puoi aspettarti che Frye ragioni e si comporti come una persona qualunque. Qualsiasi cosa sia, non è decisamente un uomo qualunque.»
Tony la fissò per un attimo e poi si passò una mano sul viso. «Hai ragione.»
«Sei ancora sicuro che non ci abbia pedinato?»
«Be’… non pensavo di essere seguito,» mormorò Tony. «Non mi è mai successo.»
«Nemmeno a me. Fino a ora. Per quanto ne sappiamo, in questo preciso momento può essere lì fuori a controllarci.»
A quel pensiero, Tony ebbe un gesto di stizza. «Ma dovrebbe essere dannatamente sfacciato per architettare una cosa simile.»
«Ma lui è sfacciato!»
Tony annuì. «Già. Hai ragione di nuovo.» Rimase immobile per un attimo, poi uscì dalla cucina.
Hilary lo seguì. «Dove stai andando?»
Tony si diresse verso la porta. «Stai qui mentre do un’occhiata in giro.»
«Non se ne parla nemmeno,» obiettò Hilary. «Vengo con te.»
Tony si fermò con la mano sulla maniglia. «Se Frye è qui fuori, sarai più al sicuro in casa.»
«E se quando riapro la porta, mi trovo davanti qualcun altro?»
«Siamo in pieno giorno,» proseguì Tony. «Non mi succederà niente.»
«La violenza non è riservata alla notte,» protestò Hilary. «Ammazzano la gente anche in pieno giorno. Sei un poliziotto e dovresti saperlo.»
«Ho con me la pistola. So badare a me stesso.»
Hilary scosse la testa. Era irremovibile. «Non starò qui seduta a mangiarmi le unghie. Andiamo.»
Uscirono e si sporsero dal balcone per controllare i veicoli posteggiati davanti all’edifìcio. Non ce n’erano molti. La maggior parte della gente era già andata al lavoro. Oltre alla jeep blu di Tony, erano parcheggiate solo sette automobili. I raggi del sole si riflettevano sulle carrozzerie lucide trasformando i parabrezza in grandi specchi accecanti.
«Penso di riconoscerle tutte,» disse Tony. «Appartengono a persone che abitano qui.»
«Ne sei sicuro?»
«Non del tutto.»
«Vedi qualcuno seduto in macchina?»
Tony strizzò gli occhi. «È difficile, con questo riverbero.»
«Andiamo a dare un’occhiata,» propose Hilary.
Nel parcheggio scoprirono che le automobili erano vuote. In giro non c’era nessuno.
«Per quanto sfacciato,» ironizzò Tony, «dubito che si sieda sullo zerbino per controllarci. Dal momento che c’è una sola strada che conduce agli appartamenti, può darsi che ci tenga d’occhio da una certa distanza.»
Si allontanarono lungo il marciapiede e guardarono in tutte le direzioni. Era una zona di condomini con il classico problema della carenza di posteggi; persino in un giorno feriale, a metà mattina, si notava una lunga fila di macchine sui due lati della strada.
«Vuoi controllarle tutte?» chiese Hilary.
«Sarebbe una perdita di tempo. Con un binocolo può anche osservarci da quattro isolati di distanza. Dovremmo controllare quattro isolati in su e quattro in giù e, comunque, potrebbe mettere in moto e partire da un momento all’altro.»
«Ma in tal caso, riusciremmo a individuarlo. Ovviamente non potremmo fermarlo, ma almeno avremmo la certezza che ci ha seguito. E potremmo anche scoprire che macchina usa.»
«Non è detto, soprattutto se si allontana quando siamo a due o tre isolati di distanza,» proseguì Tony. «Non potremmo essere sicuri che si tratta proprio di lui. Oppure potrebbe decidere di scendere dalla macchina e fare due passi per poi tornare quando noi siamo già passati.»
L’aria sembrava di piombo e Hilary dovette sforzarsi per riuscire a respirare profondamente. Considerando che era già la fine di settembre, si preannunciava una giornata molto calda e anche incredibilmente umida. Il cielo era limpido e sereno, di un azzurro intenso. Il calore si alzava già dal marciapiede infuocato. Nell’aria soffocante, riecheggiavano le risate dei bambini che giocavano nella piscina dall’altra parte della strada.
In una. giornata simile era difficile credere ai morti viventi.
Hilary sospirò e mormorò: «Come facciamo a scoprire se ci sta osservando?»
«Non possiamo esserne sicuri.»
«Temevo che l’avresti detto.»
Hilary lasciò correre lo sguardo lungo la strada, costellata di punti d’ombra e di luce. L’orrore si nascondeva fra i raggi del sole. Il terrore si mescolava alle splendide palme rigogliose, ai muri intonacati di fresco e ai tetti in stile spagnolo. «Il Viale della Paranoia,» borbottò lei.
«La Città della Paranoia fin quando tutto sarà finito.»
Si incamminarono di nuovo verso il parcheggio di fronte all’edificio in cui abitava Tony.
«E adesso?» domandò Hilary.
«Abbiamo bisogno tutt’e due di dormire.»
Hilary non si era mai sentita così stanca. Gli occhi le bruciavano e l’accecante luce del sole sembrava trafiggerli. Aveva le labbra secche e la bocca impastata e la lingua sembrava ricoperta da una patina dal sapore cattivo. Le facevano male le ossa e i muscoli di tutto il corpo e non le fu di gran conforto la consapevolezza che quelle sensazioni erano la conseguenza dello stress emotivo più che dell’effettiva stanchezza fisica.
«So che abbiamo bisogno di dormire,» disse. «Ma credi che riusciremo a farlo?»
«So cosa vuoi dire. Sono stanco morto, ma ho la mente che brulica di idee. E non credo che sarà facile metterla a tacere.»
«Ci sono un paio di domande che vorrei rivolgere al coroner,» proseguì Hilary, «o a chiunque abbia effettuato l’autopsia. Forse quando conoscerò le risposte riuscirò a fare un pisolino.»
«D’accordo. Chiudiamo a chiave la porta e andiamo subito all’obitorio.»
Qualche minuto più tardi, nella jeep di Tony, controllarono di non essere pedinati. Non videro nessuno. Ovviamente ciò non significava che Bruno Frye non fosse seduto in una di quelle macchine posteggiate lungo la strada. Se li aveva davvero seguiti era inutile rischiare di farsi scoprire: ormai sapeva dove si nascondevano.
«E se dovesse entrare mentre siamo via?» domandò Hilary. «Se decidesse di aspettarci in casa?»
«Ci sono due serrature,» rispose Tony. «E sono le migliori esistenti sul mercato. Dovrebbe buttare giù la porta oppure rompere una delle finestre che si affacciano sul balcone. Nel caso ci aspettasse a casa, lo scopriremmo prima di metterci piede.»
«E se trova un altro modo per entrare?»
«Non ce ne sono. Se volesse passare da un’altra finestra, dovrebbe arrampicarsi sul muro fino al secondo piano e sarebbe costretto a farlo allo scoperto. Lo vedrebbero sicuramente. Non preoccuparti. A casa mia sei al sicuro.»
«Potrebbe passare attraverso la porta. Insomma,» aggiunse Hilary con voce tremante, «come un fantasma. O potrebbe trasformarsi in fumo e infilarsi attraverso il buco della serratura.»
«Tu non credi a queste stupidaggini.»
Hilary annuì. «Hai ragione.»
«Non ha poteri soprannaturali. Ieri ha dovuto rompere un vetro per entrare in casa tua.»
Dovettero rallentare a causa del traffico. La profonda stanchezza aveva minato le abituali difese mentali di Hilary, lasciandola incredibilmente vulnerabile. Per la prima volta da quando aveva visto Frye sbucare dall’oscurità, si chiese se era tutto vero, se quell’uomo era davvero Frye.
«Sono pazza?» chiese a Tony.
Lui le lanciò un’occhiata, ritornando subito a fissare la strada. «No. Non sei pazza. Hai visto qualcosa. Non hai distrutto la casa da sola. Non hai solo immaginato che l’aggressore assomigliasse a Bruno Frye. Ammetto che era quello che pensavo all’inizio. Ma ora so che non ti stai confondendo.»