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«Ma… un morto vivente? Non è un po’ troppo assurdo?»

«È come accettare l’altra teoria: due maniaci che soffrono dello stesso disturbo, ossessionati dallo stesso interesse morboso per i vampiri, che ti aggrediscono nel giro di una settimana. Anzi, credo sia più facile accettare il fatto che forse Frye è ancora vivo, in un modo o nell’altro.»

«Forse te l’ho attaccata io.»

«Attaccata che cosa?»

«La pazzia.»

Tony sorrise. «La pazzia non è come il raffreddore. Non si attacca a qualcuno con un colpo di tosse… o un bacio.»

«Hai mai sentito parlare di ‘psicosi condivisa’?»

Tony si fermò davanti a un semaforo. «Psicosi condivisa? Non è quel programma per i pazzi che non possono permettersi una terapia individuale?»

«Riesci a scherzare anche in un momento come questo?»

«Soprattutto in un momento come questo.»

«E che cosa ne dici dell’isteria collettiva?»

«Non è uno dei miei passatempi preferiti.»

«Voglio dire, forse è quello che ci sta succedendo.»

«No. È impossibile,» insistè. «Siamo solo in due. Non è possibile definirlo un fenomeno collettivo.»

Hilary sorrise. «Mio Dio, sono felice che tu sia qui. Non ce la farei a combattere da sola.»

«Non sarai mai più sola.»

Lei gli appoggiò una mano sulla spalla.

Arrivarono all’obitorio alle undici e un quarto.

Nell’ufficio del coroner, Hilary e Tony appresero dalla segretaria che l’autopsia sul corpo di Bruno Frye non era stata eseguita dal primario della divisione di patologia. Giovedì e venerdì infatti si era recato a San Francisco per una conferenza. L’incarico dell’autopsia era stato affidato a un suo assistente, un medico del suo staff.

Quella notizia risollevò l’animo di Hilary: forse esisteva una spiegazione molto semplice in grado di giustificare il misterioso ritorno fra i vivi di Frye. Forse la persona incaricata di svolgere l’autopsia era uno scansafatiche che aveva approfittato dell’assenza del capo per evitare un lavoro ingrato e aveva steso un rapporto fasullo.

Ma quella speranza svanì appena incontrò Ira Goldfield, il giovane medico in questione. Era un bell’uomo di circa trent’anni, con una cascata di riccioli biondi e gli occhi azzurri e penetranti. Era un tipo socievole, energico, brillante e ovviamente troppo interessato e troppo dedito al suo lavoro per poter effettuare un’autopsia meno che perfetta.

Goldfield li condusse in una piccola sala per le conferenze dove regnava un odore di disinfettante al pino e fumo di sigarette. Si sedettero attorno a un tavolo rettangolare coperto di riviste mediche, di referti e di tabulati del computer.

«Certo,» esclamò Goldfield. «Me lo ricordo. Bruno Graham… no… Gunther. Bruno Gunther Frye. Due ferite d’arma da taglio, la prima molto superficiale e la seconda profonda e quindi fatale. I migliori muscoli addominali che abbia mai visto.» Lanciò un’occhiata a Hilary e proseguì: «Oh sì… lei è la donna che… l’ha accoltellato.»

«Legittima difesa,» sottolineò Tony.

«Non ne ho mai dubitato,» assicurò Goldfield. «Da un punto di vista professionale, difficilmente Miss Thomas avrebbe potuto aggredire quell’uomo e uscirne vittoriosa. Era enorme. Si sarebbe sbarazzato di lei come fosse stata una bambola di pezza.» Goldfield tornò a guardare Hilary. «In base al rapporto sul delitto e agli articoli apparsi sui giornali, pare che Frye l’abbia aggredita senza rendersi conto che lei aveva un coltello.»

«Esatto. Pensava fossi disarmata.»

Goldfield annuì. «Deve essere per forza così. Considerando la differenza di peso quella era la sua unica possibilità di difendersi senza rimanere gravemente ferita. Voglio dire, i bicipiti, i tricipiti e gli avambracci di quell’uomo erano davvero incredibili. Dieci o quindici anni fa, avrebbe potuto partecipare con successo a una gara di body building. E stata davvero fortunata, Miss Thomas. Se non l’avesse colto di sorpresa, avrebbe potuto spezzarla in due. E intendo letteralmente in due. Senza fare fatica.» Scosse la testa, ancora impressionato dalla forza di Frye. «Che cosa volevate chiedermi su di lui?»

Tony lanciò un’occhiata a Hilary che si strinse nelle spalle. «Ora che siamo qui, sembra abbastanza inutile.»

Goldfield osservò prima l’uno poi l’altra con un sorriso incoraggiante e un’espressione curiosa dipinta sul viso.

Tony si schiarì la voce. «Sono d’accordo con Hilary. Sembra inutile… ora che l’abbiamo conosciuta.»

«Siete arrivati qui con un’aria incredibilmente misteriosa,» proseguì Goldfìeld. «Avete risvegliato la mia curiosità. Non potete lasciarmi così sulle spine.»

«Bene,» cominciò Tony, «siamo venuti qui per scoprire se l’autopsia era stata effettuata.»

Goldfìeld non riusciva a capire. «Ma lo sapevate già. Agnes, la segretaria del primario, sicuramente vi avrà detto…»

«Volevamo sentirlo da lei,» lo interruppe Hilary.

«Continuo a non capire.»

«Sapevamo che era stato steso un rapporto sull’autopsia,» continuò Tony. «Ma non sapevamo se il lavoro era stato effettivamente compiuto.»

«Ma ora che l’abbiamo conosciuta,» si precipitò ad aggiungere Hilary, «non abbiamo più dubbi.»

Goldfield piegò la testa da un lato. «Volete dire… pensavate che avessi preparato un rapporto fasullo senza prendermi la briga di sezionare il cadavere?» Non sembrava offeso, solo stupito.

«Pensavamo ci potesse essere una remota possibilità,» ammise Tony. «Per quanto assurda.»

«Non in questa giurisdizione,» sbottò Goldfield. «Il capo è un vecchio figlio di puttana. Ci tiene tutti in riga. Se uno di noi non svolgesse il suo lavoro, il vecchio lo distruggerebbe.» Il tono affettuoso di Goldfield nascondeva ovviamente una profonda ammirazione per il primario.

Hilary domandò con un filo di voce: «Allora secondo lei non c’è alcun dubbio che Bruno Frye fosse… morto?»

Goldfield spalancò gli occhi come se la donna gli avesse chiesto di mettersi a testa in giù per recitare una poesia. «Morto? Ma certo che era morto!»

«Ha effettuato un’autopsia completa?» proseguì Tony.

«Sì. L’ho tagliato…» Goldfield si bloccò, riflettendo per un paio di secondi, e poi proseguì: «No. Non si è trattato di un’autopsia completa nel senso che intendete voi. Le singole parti del corpo non sono state sezionate. Quel giorno c’era un sacco di lavoro. Molti cadaveri. Eravamo a corto di personale e comunque non c’era bisogno di aprire completamente il corpo di Frye. La coltellata nell’addome era stata fatale. Era inutile sezionare il torace per controllare il cuore. Non avremmo scoperto niente di diverso pesando i singoli organi e frugando all’interno del cranio. L’ho esaminato accuratamente all’esterno e poi ho controllato le due ferite, per stabilire la loro entità e per assicurarmi che la morte fosse dovuta ad almeno una di loro. Se non fosse stato accoltellato a casa sua, mentre cercava di aggredirla… se le circostanze della sua morte fossero state meno chiare, sicuramente avrei fatto qualcosa di più. Ma era ovvio che in questo caso non avrebbero intrapreso azioni penali. Oltretutto, ero assolutamente sicuro che fosse stata la ferita all’addome a ucciderlo.»

«Non è possibile che fosse solo in coma profondo quando l’ha esaminato?» domandò Hilary.

«In coma? Mio Dio, no! Cristo, no!» Goldfield si alzò e prese a passeggiare nervosamente nella minuscola stanza. «Ho controllato il polso, la respirazione, le pupille e perfino le onde cerebrali di Frye. Quell’uomo era indiscutibilmente morto, Miss Thomas.» Si avvicinò al tavolo e li osservò. «Morto stecchito. Quando l’ho esaminato, nel suo corpo non c’era sangue sufficiente neppure per una creatura minuscola. Era livido e questo significa che il sangue rimasto nei tessuti si era depositato nel punto inferiore del corpo. In questo caso occorre considerare la posizione in cui si trovava quando è morto: in quei punti la carne era gonfia e rossa. Sarebbe stato impossibile sbagliarsi.»