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Accanto a lui c’era un crocefisso.

E un paio di paletti di legno appuntiti.

Aveva preparato alcuni sacchettini pieni di aglio e li aveva appesi sopra le portiere.

Quegli oggetti avrebbero potuto proteggerlo da Katherine, ma sapeva che non sarebbero riusciti a scacciare gli incubi. Si sarebbero presentati durante il sonno, puntuali come sempre, e lui si sarebbe svegliato con un grido soffocato in gola. Come sempre, non si sarebbe ricordato nulla di quei sogni. Ma dopo essersi svegliato, avrebbe udito i sussurri, quei terribili sussurri incomprensibili, e avrebbe avvertito qualcosa che si muoveva sul suo corpo, sulla pancia, dentro la bocca e nel naso: qualcosa di orribile; nel paio di minuti necessari a far svanire quelle sensazioni, avrebbe desiderato ardentemente essere morto.

Aveva il terrore di dormire, ma ne aveva assolutamente bisogno.

Chiuse gli occhi.

Come sempre all’ora di pranzo, il frastuono nella sala principale del Casey’s Bar era assordante.

Fortunatamente, oltre il bancone ovale erano stati ricavati alcuni séparé, chiusi su tre lati come grandi confessionali, dove il rumore proveniente dalla sala da pranzo era più che accettabile e la privacy era assicurata.

Mentre stava mangiando, Hilary alzò improvvisamente la testa dal piatto ed esclamò: «Ci sono.»

Tony appoggiò il suo panino. «Che cosa?»

«Frye deve avere un fratello.»

«Un fratello?»

«Spiegherebbe tutto.»

«Pensi di aver ucciso Frye giovedì scorso e che poi suo fratello sia venuto da te ieri?»

«Solo due fratelli possono assomigliarsi così.»

«E la voce?»

«Potrebbero aver ereditato la stessa.»

«Possono aver ereditato una voce rauca e profonda,» commentò Tony. «Ma cosa ne dici di quel particolare tono gracchiante? Secondo te è ereditario?»

«Perché no?»

«Fino a ieri eri convinta che quella voce potesse appartenere solo a una persona ferita gravemente alla gola oppure nata con una malformazione alla laringe.»

«Evidentemente mi sbagliavo,» proseguì. «O forse tutt’e due i fratelli sono nati con la stessa malformazione.»

«Un caso su un milione.»

«Ma non è impossibile.»

Tony sorseggiò la birra e riprese: «Forse due fratelli possono avere la stessa corporatura, gli stessi lineamenti, gli occhi dello stesso colore e perfino la stessa voce. Ma credi che possano soffrire anche dello stesso tipo di disturbo psicotico?»

Hilary riflette per un attimo bevendo un sorso di birra. Poi affermò: «Le malattie mentali sono generate da un particolare tipo di ambiente.»

«È quello che si credeva un tempo. Ma ormai non ne siamo più tanto sicuri.»

«Bene, per giustificare la mia teoria, immaginiamo che un atteggiamento psicotico sia generato da un particolare tipo di ambiente. Due fratelli allevati nella stessa casa e dagli stessi genitori: in questo caso si tratta dello stesso ambiente. Non è possibile che abbiano sviluppato la stessa psicosi?»

Tony si grattò il mento. «Forse. Ricordo…»

«Che cosa?»

«All’università ho seguito un corso di psicologia patologica all’interno di un programma di studi sulla criminologia,» proseguì Tony. «Cercavano di insegnarci come riconoscere e come comportarsi con i vari tipi di psicopatici. L’idea non era male. Se un poliziotto riesce a individuare il tipo di disturbo mentale di cui soffre la persona che ha di fronte e se riesce a capire quali possono essere le sue reazioni, ha maggiori probabilità di cavarsela. Ci hanno fatto vedere molti film sui malati mentali. Me ne ricordo uno in particolare: madre e figlia soffrivano della stessa forma di schizofrenia paranoica. Avevano lo stesso tipo di allucinazioni.»

«Lo sapevo!» urlò Hilary.

«Ma era un caso estremamente raro.»

«Anche questo.»

«Non ne sono sicuro, ma forse era un caso unico nel suo genere.»

«Comunque è possibile.»

«Immagino valga la pena pensarci.»

«Un fratello…»

Ripresero i panini e si rimisero a mangiare, concentrandosi sul cibo.

Improvvisamente, Tony esclamò: «Maledizione! Mi sono ricordato di un particolare che rende assolutamente impossibile la teoria dei due fratelli.»

«Che cosa?»

«Immagino che tu abbia letto i giornali di venerdì e sabato.»

«Non proprio,» rispose. «È come se… non so… è imbarazzante leggere il tuo nome come quello della vittima. Ho dato un’occhiata a un articolo e poi ho lasciato perdere.»

«E non ti ricordi che cosa c’era scritto?»

Hilary aggrottò le sopracciglia, cercando di immaginare a che cosa si stesse riferendo. Poi capì. «Oh, già. Frye non aveva un fratello.»

«Né fratelli né sorelle. Nessuno. Alla morte della madre, era rimasto l’unico erede delle cantine, l’ultimo membro della famiglia Frye. L’ultimo della stirpe.»

Hilary non voleva abbandonare la teoria del fratello. Era l’unica spiegazione che avesse un senso in mezzo a quegli avvenimenti alquanto strani. Ma non sapeva che giustificazione trovare.

Finirono di mangiare in silenzio.

Poi Tony sbottò: «Non potrai nasconderti per sempre. E non possiamo starcene qui seduti ad aspettare che ti trovi.»

«Non mi piace l’idea di fare da esca.»

«Comunque, la risposta non è qui a Los Angeles.»

Hilary annuì. «Stavo pensando la stessa cosa.»

«Dobbiamo andare a St. Helena.»

«E parlare con lo sceriffo Laurenski.»

«Con Laurenski e con tutti quelli che hanno conosciuto Frye.»

«Forse ci vorranno diversi giorni,» aggiunse Hilary.

«Ho molti giorni di ferie a mia disposizione. Addirittura qualche settimana e, per la prima volta in vita mia, non ho molta voglia di tornare al lavoro.»

«Va bene. Quando partiamo?»

«Prima lo facciamo e meglio è.»

«Non oggi,» propose lei. «Siamo troppo stanchi. Abbiamo bisogno di dormire. Inoltre, voglio portare alcuni dei tuoi quadri da Wyant Stevens. Devo anche chiamare quelli dell’assicurazione per una stima dei danni e chiedere all’impresa di pulizia di riordinare tutto mentre sono via. E se questa settimana non riesco a incontrarmi con la Warner Brothers per discutere L’Ora del Lupo, è meglio che trovi una scusa valida, o che chieda a Wally Topelis di escogitarne una per me.»

«Io invece devo preparare il rapporto sulla sparatoria,» spiegò Tony. «Avrei dovuto farlo questa mattina. E poi, naturalmente, avranno bisogno di me per l’inchiesta. C’è sempre un’inchiesta quando uccidono un poliziotto o quando siamo noi a uccidere qualcuno. Ma immagino che non faranno niente prima della settimana prossima. E, comunque, posso sempre chiedere di posticipare.»

«Allora quando partiamo per St. Helena?»

«Domani. Il funerale di Frank è alle nove. Voglio esserci. Potremmo vedere se c’è un volo verso mezzogiorno.»

«Mi sembra che possa andar bene.»

«Abbiamo un sacco di cose da fare. È meglio muoverci.»

«Solo un attimo. Non credo che questa sera dovremmo rimanere a casa tua.»

Tony allungò il braccio e le afferrò la mano. «Sono sicuro che non riuscirà a farti del male. Nel caso ci provasse, ci sarò io. Non dimenticarti che ho una pistola. Potrà anche avere il fisico di Mr Universo, ma con una pistola direi che siamo alla pari.»

Hilary scosse la testa. «No, forse non corro alcun pericolo. Ma non riuscirei a dormire lì, Tony. Rimarrei sveglia tutta la notte, con le orecchie tese, pronte a cogliere il benché minimo rumore.»

«Dove vuoi andare?»

«Sbrighiamo tutto questo pomeriggio, poi prepariamo i bagagli, ci assicuriamo di non essere seguiti e prendiamo una camera in un albergo vicino all’aeroporto.»

Lui le strinse la mano. «D’accordo. Se ti fa sentire meglio.»