Il diplomatico banchiere Preston intervenne precipitosamente. «Mrs Willis, sono sicuro che Mr Rhinehart preferisce che lei si attenga ai fatti oggettivi. Se esprime il suo parere personale, non farà che rendere più difficile e complesso il suo lavoro.»
Mrs Willis scosse la testa. «So solo che l’uomo che è venuto qui giovedì scorso aveva gli stessi occhi.»
Joshua rimase leggermente scosso di fronte a quell’osservazione: anche lui aveva spesso notato che gli occhi di Bruno rivelavano un’anima tormentata. Gli occhi di Bruno erano perennemente spaventati, e non privi del gelo duro e cattivo che aveva intravisto Cynthia Willis.
Joshua continuò a interrogarla per circa mezz’ora sui più svariati argomenti: il tizio che aveva prelevato il denaro di Frye, le procedure utilizzate in caso di forti somme in contanti e quelle relative al fatidico giovedì, il tipo di documento d’identità presentato dall’impostore, e poi domande sulla sua vita privata, sul marito, sui figli, sulla sua carriera professionale, sulle sue condizioni economiche e su una miriade di altre questioni. Si mostrò duro con la donna, quasi arcigno, nel tentativo di scoprire qualche indizio utile. Non aveva intenzione di trascorrere altro tempo nella tenuta di Frye a causa degli ultimi sviluppi e desiderava ardentemente trovare una rapida soluzione al mistero. Cercò una ragione qualsiasi per poter accusare l’impiegata di complicità nell’appropriazione indebita del denaro di Frye, ma non venne a capo di nulla. Al termine dell’interrogatorio, provò addirittura una forte simpatia per quella donna, a cui credeva completamente. Arrivò persino a scusarsi per i suoi modi bruschi e poco gentili ed era questa una cosa che gli risultava sempre molto difficile.
Mrs Willis ritornò allo sportello della cassa e Ronald Preston fece entrare Jane Symmons. Era l’impiegata che aveva accompagnato il sosia di Frye alla cassetta di sicurezza. Era una ragazza di ventisette anni, con i capelli rossi, gli occhi verdi, il naso rincagnato e il tono lamentoso. La vocetta stridula e le risposte stizzose fecero innervosire Joshua, ma più lui diventava scortese, più lei guaiva in tono piagnucoloso. Joshua si rese conto che Jane Symmons non era precisa nelle descrizioni come Cynthia Willis e nemmeno simpatica come la cassiera. Non ebbe motivo di scusarsi con lei, ma di una cosa era assolutamente certo: era stata sincera come Mrs Willis, almeno per quanto riguardava la faccenda di Frye.
Quando Jane Symmons uscì dalla stanza Preston chiese: «Allora, che cosa ne pensa?»
«Credo che nessuna delle due abbia a che fare con la truffa,» rispose Joshua.
Preston era sollevato, ma cercò di non darlo a vedere. «E quello che pensiamo anche noi.»
«Ma l’uomo che si è presentato come Frye deve assomigliargli in modo incredibile.»
«Miss Symmons è una ragazza molto in gamba,» proseguì Preston. «Se sostiene che era esattamente come Frye, la somiglianzà deve essere impressionante.»
«Miss Symmons è una stupida senza speranze,» bofonchiò Joshua. «Se fosse l’unica testimone, avremmo perso in partenza.»
Preston spalancò gli occhi, visibilmente sorpreso.
«A ogni modo,» continuò Joshua, «Mrs Willis è un’osservatrice attenta e maledettamente sveglia. È sicura di sé senza essere arrogante. Se fossi in lei, non mi limiterei a lasciarla alla cassa.»
Preston si schiarì la voce. «Bene… ehm… e adesso?»
«Vorrei vedere il contenuto della cassetta di sicurezza.»
«Immagino non abbia la chiave di Mr Frye.»
«No. Non è ancora ritornato dalla tomba per restituirmela.»
«Pensavo che fosse saltata fuori fra le sue cose dopo che le ho parlato ieri.»
«No. Se quell’impostore ha usato la chiave, suppongo ce l’abbia ancora lui.»
«Innanzitutto, come ha fatto ad averla?» si chiese Preston. «Se è stato Mr Frye a dargliela, allora la faccenda cambia. In questo caso la posizione della banca è diversa. Se Mr Frye ha tramato con un suo sosia per prelevare i fondi…»
«Mr Frye non può aver tramato perché era già morto. Ora le spiace farmi vedere che cosa c’è nella cassetta?»
«Senza le due chiavi, sarà necessario romperla per aprirla.»
«La prego,» insistè Joshua.
Trentacinque minuti più tardi, Joshua e Preston si trovavano davanti alla porta della camera di sicurezza della banca, mentre un impiegato estraeva dalla parete una cassetta di metallo. La porse a Ronald Preston che la offrì a Joshua.
«In condizioni normali,» spiegò Preston, «l’accompagnerei in una delle nostre salette private per permetterle di esaminare il contenuto della cassetta in tutta tranquillità. Tuttavia, poiché c’è la possibilità che lei denunci la scomparsa di oggetti di valore e che la banca venga citata in giudizio, sono costretto a chiederle di aprire la cassetta in mia presenza,»
«Da un punto di vista legale, non ha alcun diritto di chiedermi una cosa simile,» precisò Joshua. «Comunque, non ho intenzione di intentare una causa falsa contro la sua banca e quindi sono disposto a soddisfare la sua curiosità.»
Joshua sollevò il coperchio della cassetta di sicurezza. All’interno c’era solo una busta bianca. Joshua l’afferrò, restituì la cassetta vuota a Preston e strappò un angolo della busta. Trovò un unico foglio di carta bianca con un messaggio dattiloscritto che riportava una firma e una data.
Era la cosa più strana che Joshua avesse mai letto. Sembrava scritta da un uomo in preda alla follia.
Giovedì, 25 settembre
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Mia madre, Katherine Anne Frye, è morta cinque anni fa, ma continua a ritornare in vita in corpi diversi. Ha ritrovato la strada dall’inferno e sta cercando di catturarmi. Attualmente vive a Los Angeles, sotto il nome di Hilary Thomas.
Questa mattina mi ha pugnalato e sono morto a Los Angeles. Ho intenzione di tornare laggiù per ucciderla prima che uccida di nuovo me, perché se riuscisse a uccidermi due volte, io sarei morto per sempre. Non possiedo i suoi poteri magici. Non posso ritornare dall’inferno. Non se mi uccide due volte.
Mi sento così vuoto, così incompleto. Mi ha ucciso e non sono più intero.
Lascio questo messaggio nel caso lei vinca di nuovo. Fino a quando non sarò morto due volte, questa rimarrà la mia piccola guerra privata, mia e di nessun altro. Non posso uscire allo scoperto e chiedere la protezione della polizia. Se lo facessi, tutti scoprirebbero che cosa sono e chi sono. Tutti scoprirebbero che mi sono nascosto per tutta la vita e mi ucciderebbero a sassate. Ma se lei mi trovasse un’altra volta, non mi importerebbe che tutti scoprissero che cosa sono, perché a quel punto sarei già morto due volte. Se mi trovasse un’altra volta, allora chiunque leggerà questa lettera dovrà fare di tutto per bloccarla.
Bisogna tagliarle la testa e riempirle la bocca con l’aglio. Bisogna strapparle il cuore e trafiggerlo con un picchetto. Bisogna seppellire la testa e il corpo in due cimiteri diversi. Non è un vampiro. Ma credo che questi sistemi possano funzionare. Se verrà uccisa in questo modo, resterà morta per sempre.
Lei ritorna dall’inferno.
Sotto la lettera, era impressa la firma contraffatta di Bruno Frye. Era ovvio che si trattava di una firma falsa perché Frye era già morto quando erano state scritte quelle righe.
Joshua sentì un brivido lungo la schiena e si ritrovò a pensare a venerdì: uscendo dall’impresa di pompe funebri di Avril Tannerton, nell’oscurità della notte, aveva avuto la certezza di essere circondato da qualcosa di pericoloso e aveva avvertito una presenza malvagia fra le tenebre.