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La donna gli rivolse un allegro saluto quando Williams entrò nel laboratorio. Il tavolo di lavoro dietro cui stava Emma era ingombro di provette, vasche, un piaccametro, un mescolatore, un miscelatore, e altri strumenti del genere. — Bene — esclamò la donna, — sono smaniosa di sapere quali processi metabolici si stanno verificando nei miei beniamini.

— È il casino più dannato che abbia mai visto. — L’uomo gettò sul piano del tavolo un paio di pagine tenute insieme da un fermaglio. — Mi dispiace, Emma, ma dovrai avere pazienza. E anche per un bel po’, temo. Non riesco a fare molti progressi, con le microquantità. Dovrò ricorrere all’impiego di ogni genere di cromatografia di cui dispongo, più le diffrazioni a raggi X, più una serie di prove enzimatiche che ti ho elencato qui, prima che io sia in grado di formulare una qualsiasi ipotesi sulle formule di struttura.

— Capisco — replicò Glassgold. — Mi dispiace costringerti a un lavoro extra.

— Sciocchezze, son qui per questo, finché non raggiungeremo Beta Tre. Sarei già diventato matto se non avessi da fare, e il tuo lavoro è quello che mi interessa di più, te lo dico francamente. — Williams si passò una mano fra i capelli, e la camicia dai colori sgargianti che indossava formò delle pieghe sulla spalla. — Sebbene, per essere proprio sincero, non capisco che cosa tu ci possa trovare, oltre a un passatempo. Voglio dire, sulla Terra stanno studiando gli stessi problemi, e sono in molti a occuparsene e hanno mezzi maggiori dei tuoi. Riusciranno a risolvere ogni enigma prima che noi si arrivi alla meta.

— Non c’è dubbio — disse Emma. — Ma ci comunicheranno i risultati?

— Penso di no, a meno che la richiesta non venga da noi. E anche se lo facessimo, saremmo molto vecchi, o già morti, all’arrivo della risposta. Ma il fatto è: perché dovremmo preoccuparcene? Qualunque sia la natura biologica che troveremo su Beta Tre, sappiamo che non rassomiglierà a questa. Lo fai perciò soltanto per tenerti in esercizio?

— In parte anche per questo — rispose Glassgold. — Ma penso che la cosa abbia anche un suo valore pratico. Quanto più ampia sarà la visione che io posso avere della vita nell’universo, tanto più sarò in grado di studiare il caso particolare che ci troveremo davanti. E così capiremo prima e con maggiore certezza se potremo abitare su quel pianeta e chiamare altri esseri umani dalla Terra perché vengano a raggiungerci.

Williams si soffregò il mento. — Sì, penso che tu abbia ragione. Non avevo considerato il problema da questo punto di vista.

Dietro quelle parole prosaiche si nascondeva un certo timore. La spedizione infatti non stava viaggiando soltanto per andare a dare un’occhiata al pianeta prescelto: non a un simile prezzo di risorse, lavoro, abilità, sogni e anni di vita. Né poteva sperare di trovarsi di fronte qualcosa da sottomettere con la stessa facilità con cui era stata conquistata l’America.

Come minimo, questi esseri umani avrebbero trascorso un altro mezzo decennio nel sistema di Beta Virginis, esplorandone i mondi sulla navicella di scorta della Leonora Christine, aggiungendo quei dati che sarebbero stati in grado di ricavare ai dati già esigui che la sonda orbitale inviata in esplorazione aveva raccolto. E, se il terzo pianeta fosse stato realmente abitabile, non sarebbero più tornati a casa, nessuno, neppure gli astronauti professionisti. Avrebbero trascorso là la loro vita, e con loro forse i figli e i nipoti, esplorandone gli svariati misteri e trasmettendo le loro scoperte alle menti affamate di notizie dei terrestri rimasti sul pianeta natale. Perché ogni pianeta è un mondo, infinitamente vario, infinitamente segreto. E questo mondo sembra essere così simile a quello terrestre che le stranezze che poteva rivelare sarebbero state le più vivide e illuminanti.

I passeggeri della Leonora Christine erano abbastanza espliciti nella loro ambizione di stabilire questo genere di base scientifica. La loro ultima e più grande speranza era che i loro discendenti non trovassero mai alcuna ragione per dover tornare indietro: Beta Tre da base spaziale avrebbe dovuto tramutarsi in colonia, poi in Nuovo Mondo, poi infine in trampolino di lancio per il prossimo salto verso le stelle. In nessun altro modo gli uomini sarebbero riusciti a possedere la galassia.

Come per sottrarsi a delle visioni che avrebbero potuto sopraffarla, Glassgold esclamò, arrossendo leggermente: — Inoltre, mi interessa la vita nella costellazione di Eridano. Mi affascina. Vorrei sapere che cosa… la fa pulsare. E, come hai detto prima, se ci stabiliremo là non avremo la possibilità di ricevere dalla Terra le risposte volute mentre ancora saremo in vita.

L’uomo rimase in silenzio, giocherellando con un congegno per titolare, finché il fremito della nave e l’aria dei ventilatori, gli aspri odori dei reagenti chimici, i brillanti colori dei solventi e dei coloranti lo riportarono alla realtà. Alla fine si schiarì la gola. — Uh, Emma.

— Sì? — La donna sembrava provare un’uguale sensazione d’insicurezza.

— Che ne diresti di piantare tutto qui? Vieni giù con me al club e beviamo qualcosa prima di cena. La mia razione.

Emma sembrò ritirarsi dietro i suoi strumenti di lavoro. — No, grazie — disse, con voce confusa. — Io… io ho ancora molto da fare.

— Ma anche molto tempo davanti a te — puntualizzò Williams, con maggior risolutezza. — Va bene, se non vuoi un cocktail, che ne dici di una tazza di caffè? O magari quattro passi in giardino… Senti, non ho intenzione di farti la corte, ma vorrei soltanto conoscerti meglio.

Emma deglutì prima di sorridere, ma il suo sorriso era pieno di calore. — Benissimo, Norbert. Anche a me piacerebbe.

Un anno dopo la partenza, la Leonora Christine aveva quasi raggiunto la sua massima velocità. Le ci sarebbero voluti trentun anni per attraversare lo spazio interstellare, e un anno in più per decelerare mentre si avvicinava al sole che rappresentava il suo obiettivo.

Ma questa è un’affermazione incompleta, che non tiene conto della relatività. Proprio perché la velocità assoluta non può superare un certo limite (rappresentato dalla velocità con cui la luce viaggia in vacuo; e ciò varrebbe anche per i neutrini) c’è un’interdipendenza tra spazio, tempo, materia ed energia. Nelle equazioni entra il fattore tau. Se v è la velocità (uniforme) di un’astronave e c la velocità della luce, allora tau è uguale a

Quanto più i valori di v si avvicinano a quelli di c, tanto più tau tende a zero.

Supponiamo che un osservatore esterno misuri la massa di un’astronave. Il risultato che ottiene è la massa a riposo — cioè la massa che l’astronave ha allorché non si muove rispetto a lui — divisa per tau. Così, quanto più velocemente si muove l’astronave, tanto maggiore è la sua massa, per quanto riguarda l’universo in generale. Ricava l’eccedenza di massa dall’energia cinetica: e = mc2.

Inoltre, se l’osservatore «fisso» potesse controllare gli orologi dell’astronave e compararli al suo, noterebbe uno sfalsamento. Il periodo di tempo trascorso tra due avvenimenti (per esempio, la nascita e la morte di un uomo), misurato a bordo della nave dove questi avvenimenti si sono verificati, è uguale al periodo di tempo misurato dall’osservatore… moltiplicato per tau. Si potrebbe perciò dire che il tempo si muove proporzionalmente più a rilento su un’astronave.