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— Questa cosa non poteva essere prevista — aggiunse Reymont. — C’erano grosse possibilità in favore di un nostro passaggio indenne da simili impatti. D’altronde, qualcuno doveva esagerare le probabilità, in un senso o nell’altro.

Telander si irrigidì. — Non la riconosco, Reymont — esclamò.

Il poliziotto arrossì. — Capitano, stavo cercando di accelerare la discussione, altrimenti qualche cervello di gallina la costringerà a restar qui a spiegare le cose più ovvie finché non salteremo per aria.

— Niente insulti ai presenti, commissario. E per favore, prima di parlare, aspetti che le sia data parola.

— Le chiedo scusa, capitano. — Reymont incrociò le braccia e assunse un’espressione vacua e impassibile.

Telander riprese a parlare, soppesando ogni parola: — Per favore, non abbiate timore a porre qualsiasi tipo di domanda, per quanto elementare possa sembrare. Tutti voi conoscete la teoria dell’astronautica interstellare. Ma io, che sono un astronauta di professione, so quanto strani siano i paradossi, quanto sia difficile visualizzarli mentalmente nel modo giusto. Tanto meglio se ognuno di voi riuscirà a capire esattamente a che cosa andiamo incontro… Dottoressa Glassgold?

La biologa molecolare abbassò la mano e disse timidamente: — Non possiamo… voglio dire, oggetti nebulosi come questo, sulla Terra verrebbero considerati come vuoto spinto. Non è così? E noi, noi siamo a una velocità di poco inferiore a quella della luce e tale velocità cresce a ogni secondo. Così aumenta anche la nostra massa. L’inverso di tau è circa quindici in questo momento, mi pare. Ciò significa che la nostra massa è enorme. Perciò, come può una nuvola di polvere e di gas fermarci?

— Una buona osservazione — replicò Telander. — Se avremo fortuna, passeremo senza un troppo grave impaccio. Ma non completamente. Si ricordi, questa polvere e questo gas si muovono ugualmente in fretta rispetto a noi, con un corrispondente incremento di massa.

«I campi di forza devono agire su di essi, dirigendo l’idrogeno nel sistema autoreattore e allontanando tutta la materia dallo scafo. Questa azione ha la sua reazione su di noi. Inoltre, avverrà con una rapidità estrema. Ciò che i campi possono fare in… diciamo un’ora, potrebbero non riuscire a farlo in un minuto. Dobbiamo sperare che ci riescano, e che i materiali che compongono la struttura dell’astronave possano sopportare le sollecitazioni prodotte da tale processo.

«Ho parlato con l’ingegnere capo Fedoroff. Egli ritiene che con ogni probabilità non riporteremo gravi danni. Ammette però che tale sua opinione è una semplice ipotesi. In un’era pionieristica, si impara principalmente dall’esperienza. Signor Iwamoto?

— Devo pensare che non ci sia alcuna probabilità di evitare l’impatto? Un giorno calcolato secondo il tempo dell’astronave equivale all’incirca a due settimane secondo il tempo cosmico, non è così? Non abbiamo una possibilità di aggirare questa nebu… nebulosa?

— No, temo di no. Nel nostro sistema di riferimento, stiamo accelerando approssimativamente a gravità tre. Ma per l’universo esterno tale accelerazione non è costante, bensì costantemente decrescente. Perciò non possiamo cambiare traiettoria di colpo. Anche un vettore perpendicolare alla nostra velocità non ci porterebbe abbastanza fuori dalla nostra rotta in tempo sufficiente a evitare l’impatto. Inoltre, non abbiamo neanche il tempo per fare i preparativi necessari per apportare un’alterazione così drastica nel nostro schema di volo. Dica, secondo ingegnere M’Botu.

— E se decelerassimo, potrebbe servire a qualcosa? Per essere sicuri potremmo tenere in funzione l’uno o l’altro modulo tutto il tempo, per avere una spinta in avanti o all’indietro. Ma il ritengo che la decelerazione a questo punto attutirebbe la collisione.

— Il computer non ha posto alcun veto a questo riguardo. Probabilmente le informazioni sono insufficienti. Nel migliore dei casi, la differenza di velocità sarebbe percentualmente insignificante. Temo… penso che non abbiamo altra scelta che non sia… ah…

— Piombarci dentro — disse Reymont in inglese. Telander gli lanciò un’occhiata indispettita, ma a quanto sembrava Reymont non ci fece caso.

Mentre la discussione andava avanti, i suoi occhi lampeggiavano dall’uno all’altro dei passeggeri che intervenivano, e le pieghe che gli segnavano il volto tra bocca e narici diventavano sempre più marcate. Quando alla fine Telander esclamò: — La riunione è finita — il poliziotto non tornò accanto a Chi-Yuen. Si aprì la strada quasi brutalmente tra la folla smarrita e prese il capitano per la manica.

— Penso che dovremmo scambiare due parole in privato, signore — esclamò. Nel suo accento era tornata a farsi sentire quella rudezza che aveva cominciato a perdere.

Telander rispose freddamente: — Non mi sembra più il momento di impedire a qualcuno di venire a conoscenza dei fatti, commissario.

— Oh, lo consideri un atto di cortesia, che noi ci si metta al lavoro per conto nostro invece di infastidire gli altri — replicò Reymont con impazienza.

Telander sospirò. — Venga allora con me sul ponte. Sono troppo occupato per avere colloqui privati.

Due o tre dei presenti sembravano pensarla diversamente, ma Reymont li fece allontanare con un’occhiata e una specie di ringhio. Telander non poté fare a meno di sorridere mentre usciva dalla porta. — Lei ha i suoi vantaggi — ammise.

— Uno che serva da scure per sfrondare i dibattiti parlamentari? — disse Reymont. — Temo che ci sarà più bisogno di me per altre cose.

— Probabilmente su Beta Tre. Uno specialista in salvataggi e controllo di disastri sarà bene accetto quando vi arriveremo.

— È lei quello che nasconde i fatti, capitano. Lei è sconvolto da ciò che ci sta per accadere. Sospetto che le nostre probabilità di cavarcela non siano proprio quelle che lei ha finito di prospettarci. È vero?

Telander si guardò attorno e non rispose finché non furono soli nella rampa delle scale. Allora abbassò la voce: — Io semplicemente non so che cosa ci aspetti. Né lo sa Fedoroff. Nessuna astronave Bussard è stata sottoposta a prove di resistenza in condizioni simili a quelle che stanno per verificarsi. È ovvio! O riusciremo a passare avendo riportato soltanto danni ragionevoli o moriremo. In questo secondo caso, non credo che ad ucciderci saranno le radiazioni. Se una parte del materiale penetra attraverso gli schermi e ci colpisce, ci spazzerà via di colpo, una morte rapida e pulita. Non vedo la ragione di rendere peggiori le ore che restano alla nostra gente, insistendo su questa possibilità.

Reymont aggrottò la fronte. — Lei ha trascurato una terza ipotesi. Potremmo sopravvivere, ma in brutte condizioni.

— Come diavolo potrebbe accadere?

— È difficile a dirsi. Forse potremmo ricevere una tale sberla da uccidere parte del personale a bordo. Personale di importanza vitale, che non ci potremmo permettere di perdere… non che cinquanta persone siano un grosso numero. — Reymont rimase in silenzio per un attimo, a rimuginare. I loro passi risuonavano sordamente tra il borbottio dei motori. — In complesso hanno reagito tutti bene — disse alla fine il poliziotto. — Sono stati scelti per il loro coraggio e la loro freddezza, oltre che per la salute e l’intelligenza. Solo in alcuni casi la scelta può non essere stata del tutto felice. Supponiamo di trovarci, come dire?, mutilati. Che cosa accadrebbe dopo? Per quanto tempo il morale resterebbe alto o non si verificherebbero casi di pazzia? Voglio essere pronto a mantenere la disciplina.