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— Basta per stasera — decise Freiwald.

Si tolsero le maschere che proteggevano loro la faccia. Il sudore scintillava sul volto della donna e le incollava i capelli alla fronte; aveva il respiro pesante; ma gli occhi le brillavano. — Un po’ di allenamento! — Si lasciò cadere su una sedia e Freiwald la raggiunse. Era sera tardi, secondo il tempo dell’astronave, e in palestra c’erano soltanto loro due. Il locale sembrava così più grande e vuoto del solito, tanto da spingerli a sedersi uno accanto all’altra.

— Con le altre donne ti sembrerà uno sport più facile — le disse Freiwald. — Penso che sia meglio se cominci subito ad addestrarle.

— Io? Addestrare una squadra femminile di scherma, inesperta come sono?

— Io continuerò ad allenarti — replicò Freiwald. — Sarai sempre superiore alle tue allieve. Capisci, io devo occuparmi degli uomini. E se lo sport produrrà tanto interesse come spero, ci vorrà tempo per preparare l’equipaggiamento. Non soltanto ci servono altre maschere e altri fioretti, abbiamo anche bisogno di spade e sciabole. Non possiamo perdere tempo.

Il piacere di Sadler svanì. Ella rivolse al suo compagno un’occhiata indagatrice. — Non mi hai fatto questa proposta di tua iniziativa? Avevo pensato che, essendo tu la sola persona che sulla Terra avesse tirato di fioretto, volessi qualcuno con cui allenarti.

— È stata un’idea del commissario Reymont, quando per caso gli ho accennato il mio desiderio di praticare questo sport. Ha fatto in modo che mi fosse assegnato il materiale adatto a fabbricare l’attrezzatura. Vedi, dobbiamo mantenerci in buona forma fisica…

— E distrarre la nostra attenzione dai guai in cui siamo impegolati — tagliò corto la donna, con voce aspra.

— Il detto Mens sana in corpore sano è sempre valido. Se vai a letto stanca, non resti sveglia a rimuginare.

— Sì, lo so. Elof… — Sadler si interruppe.

— Il professor Nilsson è fin troppo impegnato nel suo lavoro — Freiwald si azzardò a dire. Distolse lo sguardo dalla donna e incurvò la lama del fioretto tra le mani.

— Tanto meglio così! Se non riuscirà a creare migliori strumenti astronomici, dovremo decidere una traiettoria extragalattica basandoci su nient’altro che semplici congetture.

— Vero, vero. Ma lasciami dire, Jane, che il tuo uomo potrebbe ricavare qualche beneficio, anche nella sua professione, se facesse un po’ d’esercizio fisico.

Con una certa riluttanza, la donna disse: — Vivere con lui diventa ogni giorno più difficile. — Poi passò all’offensiva: — Allora Reymont ti ha nominato allenatore.

— Ufficiosamente — rispose Freiwald. — Ma ha esortato a prendere l’iniziativa, a sviluppare nuovi sport interessanti… Be’, io sono uno dei suoi agenti non ufficiali.

— Uh-uhh. Egli stesso non potrebbe. Tutti capirebbero i suoi motivi, lo considererebbero una specie di istruttore militare e, sparito il divertimento, si asterrebbero quasi tutti dal partecipare. — Sadler sorrise. — D’accordo, Johann. Fa’ conto su di me nella vostra congiura.

Gli prese la mano, egli l’accettò. La stretta si prolungò.

— Togliamoci questa tuta fradicia di sudore e tuffiamoci nell’acqua della piscina — propose Jane.

Ma Freiwald replicò con una certa ruvidezza: — No, grazie. Non stanotte. Saremo soli noi due, e non posso mettere ulteriormente alla prova la mia resistenza, Jane.

La Leonora Christine incontrò un’altra regione di accresciuta densità della materia. Era più rarefatta della nebulosa che aveva causato tanti danni all’astronave, cosicché il veicolo spaziale vi poté passare attraverso senza difficoltà. Ma era profonda molti parsec. Il fattore della Leonora Christine aveva qualcosa di stupefacente. Quando finalmente riuscì a emergere, l’astronave aveva raggiunto una velocità così alta che la normale densità di un atomo per centimetro cubico valeva quasi quanto quella della nuvola. Non solo l’astronave mantenne la velocità che aveva raggiunto, mantenne anche l’accelerazione.

I passeggeri continuavano imperterriti a seguire il calendario terrestre, osservando anche le pratiche religiose per le piccole congregazioni dei diversi culti. Ogni sette giorni, di mattina, il capitano Telander diceva la messa per il suo gruppetto di protestanti.

Una certa domenica, aveva chiesto a Ingrid Lindgren di farsi trovare nella cabina di lui, dopo la cerimonia religiosa. La donna lo stava già aspettando quando egli entrò. La sua bellezza e il corto abito rosso che indossava la facevano risaltare vividamente contro lo sfondo di libri, carte, tavolo da lavoro. Sebbene il capitano avesse per sé una cabina doppia, l’austerità della stanza era rotta a malapena da alcuni ritratti di famiglia e da un modellino costruito a metà di un’astronave di linea.

— Buongiorno — le disse Telander con la sua abituale austerità. Appoggiò la Bibbia e si slacciò il colletto dell’uniforme. — Non vuoi sederti? — Poiché i letti non erano tirati giù, c’era spazio sufficiente per un paio di poltrone pieghevoli. — Chiederò che ci mandino un po’ di caffè.

— Come va? — domandò Lindgren, sedendosi davanti a lui e cercando nervosamente di trovare un argomento di conversazione. — Malcolm è venuto a messa?

— Oggi no. Sospetto che il nostro amico Foxe-Jameson non sia ancora sicuro se vuole rientrare nella fede dei suoi padri o rimanere un fedele agnostico. — Telander abbozzò un leggero sorriso. — Ma verrà, verrà. Ha semplicemente bisogno di mettersi in testa che è possibile essere contemporaneamente cristiani e astrofisici. E tu, Ingrid, quando ti lascerai convertire?

— Probabilmente mai. Se c’è una intelligenza attiva dietro la realtà — e non abbiamo alcuna prova scientifica a favore di questa tesi — perché dovrebbe preoccuparsi di un incidente chimico qual è l’uomo?

— Stai citando quasi alla lettera le parole di Charles Reymont, lo sai? — esclamò Telander. Aveva i lineamenti del volto tesi. Poi aggiunse frettolosamente: — Un essere che si interessa di tutto, dai quanta ai quasar, può dedicare a noi un po’ della sua attenzione. Prove razionali… Ma non voglio ripetere vecchi argomenti stantii. Abbiamo altro di cui discutere. — Si mise in comunicazione interfonica con la cambusa: — Una cuccuma di caffè, panna e zucchero, con due tazze, nella cabina del capitano, per favore.

— Panna! — mormorò Lindgren.

— Non credo che i nostri esperti culinari la imitino malamente — disse Telander. — Comunque, Carducci segue alla lettera i suggerimenti di Reymont.

— Di cosa si tratta?

— Collaborare con l’équipe addetta alla produzione del cibo per inventare nuovi piatti. Non una bistecca fatta di alghe e colture istologiche, ma roba mai sperimentata prima. Sono contento che abbia trovato qualcosa che l’appassiona.

— Sì, come cuoco cominciava a peggiorare. — La maschera d’indifferenza che Lindgren si era imposta fino a quel momento svanì. La donna colpì il bracciolo della sedia. — Perché? — si lasciò sfuggire dalle labbra. — Che cosa non va? Siamo in marcia su questa nuova rotta da appena metà del tempo che avevamo previsto. Non avremmo dovuto lasciarci demoralizzare così in fretta.

— Abbiamo perso qualsiasi fiducia…

— Lo so, lo so. Ma gli esseri umani non dovrebbero essere stimolati dal pericolo? Quanto alla possibilità che questo nostro viaggio non finisca mai più, be’, in un primo momento anch’io l’ho presa male. Ma penso di aver reagito positivamente.

— Tu e io abbiamo uno scopo ben preciso — disse Telander. — Noi, che facciamo parte dell’equipaggio regolare, siamo responsabili della vita degli altri. Ciò ci aiuta. E anche per noi… — Fece una pausa. — Proprio di questo volevo parlare con te, Ingrid. Siamo a un punto critico. Abbiamo compiuto il centesimo anno da quando siamo partiti dalla Terra.