— Ho semplicemente esposto senza mezzi termini ciò che tutti sanno bene fin dall’inizio — replicò il grasso astronomo. — Non hanno mai avuto il coraggio di discuterne in dettaglio. Io invece sì.
— Non hanno avuto la cattiveria di parlarne. Lei invece sì.
— Nessun commento malevolo, per favore — lo interruppe Lindgren. — Nilsson, mi esponga quanto è accaduto. — Negli ultimi tempi consumava i pasti in cabina da sola, adducendo la scusa d’essere troppo impegnata, e quando era fuori servizio si faceva vedere poco in giro.
— Come lei saprà — cominciò Nilsson, — quando se n’è presentata l’occasione abbiamo affrontato l’argomento.
— Quale argomento? — chiese Lindgren. — Abbiamo discusso di molte cose.
— Discusso, sì, come persone ragionevoli — scattò Reymont. — Non arringato una tavolata di compagni di viaggio, il cui morale era già abbastanza basso.
— Per favore, commissario. Professor Nilsson, continui.
L’astronomo assunse un’aria superba. — Una cosa elementare. Non riesco a capire perché tutti voialtri siate stati tanto idioti da non prenderla in seria considerazione. Voi date tranquillamente per scontato che noi riusciremo a fermarci nella galassia della Vergine e a trovarvi un pianeta abitabile. Ma ditemi come. Pensate alle nostre esigenze. Massa, temperatura, radiazioni, atmosfera, idrosfera, biosfera… una stima ottimale è che l’un per cento delle stelle possa avere pianeti che si avvicinano approssimativamente alla Terra.
— Quanto a questo — disse Lindgren, — be’ certamente…
Nilsson non voleva essere privato del suo podio. Forse non si preoccupò di ascoltarla. Enumerò i vari punti del discorso sulle dita. — Se solo l’un per cento delle stelle offre qualcosa di conveniente, vi rendete conto di quante ne dovremmo esaminare per poter avere una probabilità pari di trovare ciò che stiamo cercando? Cinquanta! Pensavo che chiunque a bordo fosse capace di fare un calcolo così semplice. Certo, è immaginabile che la fortuna ci assista e che noi si piombi proprio sulla nostra Nuova Terra alla prima stella che troviamo. Ma le probabilità contrarie sono novantanove a uno. Senza dubbio dovremo fare numerosi tentativi. Ora, l’esame di ogni stella presuppone almeno un anno di decelerazione. Ripartirne, per andare a cercare altrove, richiede un altro anno di accelerazione. Anni misurati secondo il tempo dell’astronave, ricordate, perché quasi l’intero periodo viene trascorso a velocità che sono ben piccole se paragonate a quella della luce e ciò presuppone un fattore tau il cui valore si avvicinerebbe a uno: il che, tra l’altro, impedisce che noi superiamo la gravità uno.
«Perciò dobbiamo preventivare un minimo di due anni per ogni stella. La probabilità di cui ho parlato — e, badate bene, è soltanto pari: il pronostico dice che abbiamo le stesse probabilità di trovare o non trovare la Nuova Terra nelle prime cinquanta stelle — richiede cento anni di ricerche. In realtà ne richiede di più, perché dovremo fermarci di tanto in tanto per rifornire faticosamente la massa di reazione per la propulsione a ioni. Antisenescenza o meno, non vivremo tanto a lungo.
«Perciò tutto il nostro sforzo, i rischi che corriamo in questo fantastico tuffo verso lo spazio intergalattico, sono soltanto futili esercitazioni. Quod erat demonstrandum.
— Tra le sue molte caratteristiche nauseanti e disgustose, Nilsson — esclamò Reymont, — c’è la sua abitudine di biascicare le cose ovvie attraverso il naso.
— Signora! — urlò l’astronomo. — Protesto! Presenterò querela per abuso personale!
— Ritirate le accuse — ordinò Lindgren, — tutti e due. Devo ammettere che il suo atteggiamento, professor Nilsson, sfiora la provocazione. D’altra parte, commissario, le ricordo che nella sua professione il professor Nilsson è uno degli uomini più insigni che ha la Terra… che aveva la Terra. Merita rispetto.
— Non per il modo in cui si comporta — replicò Reymont. — O per come puzza.
— Cerchi di mantenersi nei limiti della cortesia, commissario, o l’incriminerò io stessa. — Lindgren respirò profondamente. — Lei non sembra tenere nel giusto conto la natura umana. Ci troviamo alla deriva nello spazio e nel tempo; il mondo che conoscevamo è da centinaia di migliaia di anni nella sua tomba; stiamo piombando quasi alla cieca nella zona più affollata della galassia; ogni minuto, possiamo urtare contro qualcosa che potrebbe distruggerci; nella migliore delle ipotesi, possiamo aspettarci anni e anni da trascorrere in un ambiente ristretto e sterile. Non crede che le persone possano reagire a tutto questo?
— Sì, signora, lo credo — disse Reymont, — ma non credo che debbano comportarsi in modo da rendere questa situazione ancora peggiore.
— C’è del vero in quanto dice — ammise Lindgren.
Nilsson si dimenò e assunse un’aria scontrosa. — Stavo soltanto cercando di risparmiare loro una delusione alla fine di questo viaggio — borbottò.
— Lei è assolutamente certo di non aver lasciato via libera al suo Io? — Lindgren sospirò. — Non importa. Il suo punto di vista è giustificato.
— No, non lo è — la contraddisse Reymont. — Egli ha dedotto il suo un per cento contando ogni stella. Ma ovviamente noi non prenderemo neanche in considerazione le stelle nane rosse — le stragrande maggioranza — o le giganti azzurre o altre al di fuori di quelle comprese in un campo spettrale abbastanza ristretto. Il che riduce di molto il campo di ricerca.
— Consideriamo il coefficiente dieci — disse Nilsson. — Io realmente non ci credo, ma postuliamo di avere un dieci per cento di probabilità di trovare la Nuova Terra per ognuna delle stelle tipo Sole che esamineremo. Ciò comunque richiederebbe sempre che se ne studino almeno cinque per avere una probabilità pari. Dieci anni? Più di venti, considerato tutto. Il più giovane di noi avrà superato di parecchio la sua giovinezza. La perdita di tante possibilità riproduttive significa una corrispondente perdita di eredità; e il nostro pool genetico è già minimo all’inizio. Se aspettiamo numerose decadi prima di procreare figli, non potremo procreare a sufficienza. Pochi saranno cresciuti al punto di essere autosufficienti allorché i loro genitori cominceranno a diventare indifesi per l’età avanzata. E, in ogni caso, la razza umana finirebbe per estinguersi in tre o quattro generazioni. So qualcosa di genetica, come potete capire.
Assunse un’aria tronfia. — Non volevo urtare i sentimenti altrui — disse. — Il mio desiderio era di aiutare, dimostrando che il vostro concetto di una coraggiosa comunità pionieristica, che avrebbe diffuso da capo il genere umano in una nuova galassia… non è altro che una fantasia infantile.
— Lei può proporre qualcosa di alternativo? — chiese Lindgren.
Il volto di Nilsson fu scosso da un tic. — Nulla se non il realismo — disse. — Accettazione del fatto che non lasceremo mai più quest’astronave. Adattare il nostro comportamento a questo fatto.
— Per questa ragione ha marcato visita sul lavoro? — chiese Reymont.
— Il termine che lei ha usato non mi piace, signore, ma è vero che non c’è ragione di costruire apparecchi che servono a una navigazione a lungo raggio. La nostra destinazione, quale che sia, ha un’importanza insignificante. Non riesco neppure a entusiasmarmi per le proposte di Fedoroff e Pereira a proposito dei sistemi di supporto vitale.
— Lei capirà, penso — disse Reymont — che per almeno la metà della gente che si trova a bordo la cosa più logica da fare, una volta che si saranno lasciati convincere della giustezza delle sue asserzioni, sarà suicidarsi.
— È possibile. — Nilsson si strinse nelle spalle.
— Dunque lei stesso odia tanto la vita? — chiese Lindgren.