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— E io dico di aspettare un altro mese. Non farà nessuna differenza. L’operazione è sempre quella. Ma forse tra un mese avrete trovato il modo di accendere il fuoco, di far bollire dell’acqua, di sterilizzare gli strumenti che io riuscirò a costruire. Non vi pare una proposta sensata? Se gli strumenti non sono sterilizzati, i rischi aumentano enormemente.

— Io voglio solo liberarmi di quella cosa — disse Cirocco.

— Capitano, calmati. Rifletti. Se vi prendete un’infezione, io non posso farci niente. A est c’è un’altra terra. Forse riuscirete ad accendere un fuoco. Mi darò da fare anch’io. Ero già arrivato a Mnemosine, quando ho ricevuto il vostro messaggio. Può darsi che là viva una razza capace di fornirci strumenti decenti.

— Allora riparti? — gli chiese Cirocco.

— Temo di sì. Prima farò un controllo medico a tutti.

— Ti chiedo di nuovo di restare con noi.

— Mi spiace. Non posso.

Nulla di quello che Cirocco poteva dire gli avrebbe fatto cambiare idea, e così lei si gingillò un poco con l’idea di trattenerlo con la forza ma capì subito che era un’idea sbagliata. E poi, c’era un’altra cosa di cui tener conto: non avrebbe mai potuto far male a uno con un amico così grande come Finefischio.

Calvin disse che tutti e quattro godevano di perfetta salute, a parte il problema delle donne, e si fermò con loro qualche ora. Raccontò quello che aveva visto nei suoi viaggi.

Oceano era un posto terribile, proibitivo, tutto di ghiaccio. Lo avevano sorvolato il più in fretta possibile. Era abitato da una razza umanoide, ma Finefischio non aveva voluto fermarsi. Gli aborigeni avevano lanciato pietre con una catapulta primitiva anche quando Finefischio era mille metri sopra di loro. Calvin disse che avevano aspetto umano ed erano ricoperti da una lunga peluria bianca. Prima colpivano e poi facevano domande. Li chiamò Yeti.

— Mnemosine è un deserto — disse. — Ha un aspetto strano, perché le dune sono molto più alte che sulla Terra. Credo sia colpa della bassa gravità. C’è vita vegetale. Quando ci siamo abbassati ho visto piccoli animali, e le rovine di una grande città e di altre città di dimensioni più modeste. Ci sono posti che migliaia di anni fa potevano essere castelli, in cima a spirali di roccia, e che ora stanno andando in rovina. Per costruirli devono avere impiegato centinaia di anni di lavoro, oppure elicotteri eccezionali.

"Credo che su Gea sia successo qualcosa di terribile. Sta crollando tutto. Un tempo Mnemosine doveva essere simile a Iperione, fin nei minimi particolari. Poi il clima è cambiato, oppure i costruttori di Gea sono stati spodestati.

"Probabilmente è colpa dell’enorme verme che abbiamo visto. Finefischio dice che ne esiste uno solo. Mnemosine non potrebbe contenerne un altro. Se ne esistevano due, si sono dati battaglia molto tempo fa, e adesso ne sopravvive uno soltanto. È grande abbastanza da ingoiare Finefischio come se fosse un’oliva."

Cirocco e Bill alzarono gli occhi su Calvin.

— Non l’ho mai visto per intero ma non mi sorprenderei se fosse lungo venti chilometri. È un tubo lungo, grosso, che ha alle due estremità un buco dello stesso diametro del verme. È segmentato, e il corpo sembra duro come la corazza di un armadillo. La bocca è piena di denti come una sega elettrica, sia all’esterno che all’interno. In genere vive sotto la sabbia, ma in certi punti la sabbia non è abbastanza profonda e allora deve emergere in superficie. È per questo che l’abbiamo visto.

— Si parlava di un verme simile in un libro — disse Bill.

— Anche in un film — aggiunse Cirocco. — Dune.

Calvin parve irritato da quelle interruzioni. — A ogni modo — riprese — mi sono chiesto se è stato un verme a distruggere Mnemosine. Capite cosa potrebbe fare alle radici degli alberi? Gli basterebbero un paio d’anni per divorarle tutte. Gli alberi muoiono, il terreno si deteriora, non regge più i corsi d’acqua, e i fiumi diventano sotterranei. Ofione, ad esempio, passa sotto Mnemosine. Il suo corso non viene interrotto, ma non feconda più la terra.

"Per cui ho pensato che se qualcuno ha progettato questo pianeta non può averci messo apposta un verme come quello. Probabilmente non gli piace il buio, se no si sarebbe esteso anche sotto Oceano e avrebbe buttato tutto per aria. Credo che sia successo solo per caso, e se Gea si affida solo al caso per sopravvivere non può durare molto. Quei verme dev’essere una mutazione recessiva, il che significa che non c’è più nessuno in grado di ucciderlo e di rimettere le cose a posto. Temo che i costruttori di questo mondo siano morti, oppure regrediti a livelli primitivi come succedeva in quelle storie che ci leggevi, Bill."

— È una possibilità — annuì lui.

Cirocco tossicchiò. — Sì, è possibile. Ma forse tu vedi troppe cose in quel verme. Forse quelli che hanno costruito questo mondo adorano i vermi, se li sono portati dietro, e per mettere a suo agio il verme di cui parlavi gii hanno regalato Mnemosine. A ogni modo, noi vogliamo arrivare al mozzo.

— Certo — convenne Calvin. — Intanto io me ne vado in giro, a vedere se c’è ancora qualche sopravvissuto. Se i discendenti dei costruttori fossero in grado di fornirci una radio, ve lo faccio sapere subito e potreste tornare a casa.

— Non interessa anche a te? — gli chiese Cirocco. — Non vuoi andartene? Su, Calvin. Ci hai abbandonati, ma questo non significa che ti pianteremo qui.

Calvin fece una smorfia, e si rifiutò di proseguire la conversazione.

Prima che Finefischio ripartisse, Calvin fece lanciare col paracadute qualche sorrisone, per rifornirli di quel tessuto così prezioso. Gaby raccolse il paracadute e promise di vestire Cirocco come una regina. Cirocco accettò: bastava così poco per rendere felice Gaby.

E il Titanic riprese il suo viaggio, che ora aveva un senso d’urgenza. Dovevano trovare una razza abbastanza progredita da saper sterilizzare gli strumenti chirurgici, o comunque riuscire ad accendere il fuoco. Le cose che crescevano nei loro ventri non avrebbero aspettato.

Cirocco, nei giorni seguenti, continuò a chiedersi "cosa" si stesse formando dentro di lei. La sua ripulsa era simile a un pugno piantato nel suo stomaco. Molto del suo atteggiamento discendeva dall’ignota natura della bestia che aveva piantato in lei il suo seme.

In ogni caso, l’aborto sarebbe stato indispensabile. Già da tempo aveva deciso di avere figli solo dopo essere andata in pensione, a quaranta o quarantacinque anni. A O’Neil Uno aveva depositato una decina di cellule in sospensione criogenica. Quando si fosse sentita pronta, sarebbero state fecondate e trapiantate nel suo corpo. Era una precauzione ormai comune fra gli astronauti e i coloni lunari, per evitare che i tessuti riproduttivi venissero danneggiati dalle radiazioni.

La sua idea era di avere un figlio e una figlia più in là con gli anni.

Voleva essere lei a scegliere il momento. Che il padre fosse un umano che lei amava o una mostruosità senza forma degli oscuri meandri di Gea, era lei che voleva avere il controllo dei suoi organi riproduttivi. E ora, e per diversi anni, lei non era pronta. Senza aggiungere che Gea non era il posto per avere un figlio: aveva troppe cose da fare e un bambino sarebbe stato un problema gravoso. E lei, prima, voleva fare tutte quelle cose che s’era ripromessa di fare.

11

I cavi di supporto si presentavano a gruppi di quindici, uniti in file di cinque, o di tre.

Ogni zona notturna possedeva quindici cavi. C’era una fila di cinque cavi verticali che salivano fino all’imboccatura svasata di uno dei raggi di Gea. Due di questi cavi raggiungevano il suolo nella zona montuosa e praticamente facevano parte delle pareti del mondo artificiale, uno a nord e l’altro a sud. Un terzo spuntava a metà strada fra questi due, e gli ultimi due occupavano le zone di spazio intermedie.