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— Allora, cosa c’è?

Bill puntò l’indice verso la costa nord.

— Abbiamo visto del fumo da quella parte. Guarda dietro quel gruppo d’alberi, si vede ancora.

Cirocco si protese sul bordo del Titanic e lo vide: un’esile linea grigia che si stagliava contro lo sfondo nero, lontano, della parete nord di Gea.

— Andiamo a dare un’occhiata.

Bill fece strada tra il fango alto fino alle ginocchia e l’acqua stagnante. Cominciarono a sentirsi eccitati quando oltrepassarono il grande "albero stercorario" che prima bloccava loro la visuale. Cirocco sentì odore di fumo, corse avanti.

Cominciò a piovere proprio quando raggiunsero il fuoco. Non era una grande pioggia, ma nemmeno il fuoco era un granché: anzi, era alquanto striminzito. Sotto la pioggia il fumo cominciò a diventare bianco. Poi una lingua di fuoco si protese verso un cespuglio a pochi metri da loro.

— Trovate qualcosa di asciutto — ordinò Cirocco. — Va bene tutto. Un po’ d’erba e qualche rametto. Sbrigatevi, altrimenti si spegne. — Bill e Gaby partirono in direzioni opposte; Cirocco si inginocchiò davanti al cespuglio e si mise a soffiare sulle fiamme. Dopo un po’ le lacrimavano gli occhi, ma tenne duro.

Le portarono della legna ragionevolmente asciutta. Alla fine apparve chiaro che il fuoco non si sarebbe spento. Gaby urlò e lanciò un ramo per aria e rimasero tutti a guardarlo mentre disegnava un arco infuocato prima di toccare terra. Cirocco sorrise quando Bill le diede una pacca sulle spalle. Era una vittoria minima, ma poteva significare molto. Una sensazione deliziosa.

Quando smise di piovere, il fuoco era ancora acceso.

Il problema era non lasciarlo spegnere.

Discussero ore e ore, scartando le diverse ipotesi; e per mettere in azione il loro piano ci volle un giorno e mezzo. Modellarono due ciotole col fango, le fecero cuocere, poi fecero asciugare una grossa quantità di legna che bruciava più lentamente. Accesero un fuoco in ognuna delle due ciotole, per avere una scorta. Ovviamente doveva sempre esserci qualcuno a occuparsi del fuoco, ma non vedevano soluzioni migliori.

Quando ebbero finito era quasi ora di mettersi a dormire. Cirocco avrebbe voluto tentare di raggiungere una zona paludosa, ma Bill propose di uccidere un animale.

— Sono stufo marcio di quei meloni — disse. — L’ultimo che ho mangiato sembrava rancido.

— Sì, ma non ci sono sorrisoni. Non ne vedo da giorni.

— Vuol dire che cercheremo qualcos’altro. Abbiamo bisogno di carne.

In effetti, da un po’ di tempo non mangiavano bene. La giungla era scarsissima di frutti, al contrario della foresta. L’unico che avevano assaggiato sapeva di mango e aveva procurato a tutti la dissenteria. E su una barca, era comparabile a una sorta di girone infernale. Dopo di che, avevano continuato solo con le provviste.

Decisero che i pesci che vivevano nel fango erano la preda più ovvia. Come tutti gli altri animali già incontrati, parevano non accorgersi della loro presenza. Le altre bestie erano troppo piccole e veloci, oppure troppo grandi, come quelle anguilliformi.

I pesci se ne stavano col muso seppellito nel fango e si spostavano muovendo le pinne.

Ne circondarono uno. Era la prima volta che lo vedevano da vicino, ed era la cosa più orribile che si potesse immaginare. Era lungo tre metri, piatto verso la coda, rigonfio al centro del corpo, con una pinna orizzontale. Sul dorso aveva una lunga escrescenza grigia simile alla cresta di un gallo, però molliccia, che si gonfiava e sgonfiava ritmicamente.

— Sei sicuro di volerlo mangiare?

— Se se ne sta fermo, sì.

Cirocco si mise in posizione quattro metri davanti al muso, mentre Gaby e Bill si avvicinarono lateralmente. Tutti e tre avevano pugnali ricavati dagli "alberi di Natale".

Il pesce aveva un occhio solo, grande quanto una padella. L’occhio si gonfiò fino a fissare Bill, che si immobilizzò. Il pesce sbuffò.

— Bill, non mi piace.

— Non preoccuparti. Si sta solo inumidendo l’occhio. Non ha pupille. — Un flusso di liquido scendeva da un foro sopra l’occhio, producendo lo sbuffo che avevano sentito.

— Se lo dici tu. — Cirocco agitò le braccia, e il pesce si mise a fissare lei. Avanzò in punta di piedi. Il pesce, annoiato, distolse lo sguardo.

Bill prese la rincorsa e andò a infilare il pugnale nella pelle dietro l’occhio, trafiggendola profondamente. Il pesce sussultò quando Bill ritirò il pugnale.

Non successe nient’altro. L’occhio smise di muoversi. Il pesce si immobilizzò. Cirocco lasciò andare un sospiro, Bill rise.

— Troppo facile — disse. — Ma non ci capiterà mai niente di pericoloso? — Aveva la mano sporca di sangue. Il pesce si tese ad arco, in maniera che la coda arrivasse a toccare il muso; poi diede un gran colpo con la coda, verso Bill. La coda si infilò sotto il corpo di Bill e lo scaraventò in aria.

Cirocco non riuscì nemmeno a vedere dove fosse atterrato. Il pesce s’inarcò di nuovo, protendendo verso l’alto sia il muso sia la coda, bilanciandosi sul ventre. Per la prima volta, Cirocco vide la sua bocca: era rotonda come quella di una lampreda, con una doppia fila di denti digrignanti. La coda colpì il fango, e il pesce volò verso di lei.

Cirocco si buttò a terra provocando un’ondata di fango quando colpì il terreno col viso. Il pesce atterrò alle sue spalle, s’inarcò, scaraventò per aria cinquanta chili di fango con un guizzo folle della coda. La pinna affilata colpì il terreno proprio davanti alla faccia di Cirocco, poi si alzò per un altro colpo. Cirocco corse via carponi. Scivolava sul fango, non riusciva ad alzarsi.

— Rocky, salta!

Saltò. Per un pelo la coda del pesce non le tranciò di netto un braccio.

— Scappa, scappa! Ti corre dietro.

Gettando un’occhiata alle spalle, vide solo quei denti spaventosi che facevano un rumore orribile. Il pesce voleva mangiarla. E lei riusciva solo a sentire il rumore di quei denti.

Il fango le arrivava fino alle ginocchia, e stava correndo verso un punto in cui l’acqua era ancora più profonda. Non era una buona idea, ma ogni volta che tentava di girarsi, la coda colpiva il fango accanto a lei. Dopo un po’ non riuscì a vedere più niente, accecata dall’acqua sporca sollevata dal pesce. Scivolò, e prima che riuscisse a rialzarsi la coda la colpì su un lato della testa. Le sue orecchie si misero a ronzare. Cercò di afferrare il pugnale, ma era stato inghiottito dal fango. Il pesce era un metro dietro di lei, si preparava al balzo che l’avrebbe uccisa, quando Gaby si lanciò alla carica. I suoi piedi non toccavano quasi il terreno. Colpì Cirocco con un pugno terribile, il pesce saltò, e tutti e tre si immersero di qualche metro nel pantano.

Cirocco sentì qualcosa di umido e scivoloso sotto un piede. Sferrò un calcio. Il pesce scattò di nuovo in avanti, mentre Gaby spingeva via Cirocco a forza di braccia. Poi la lasciò andare, e Cirocco, boccheggiando, tirò fuori la testa dall’acqua.

Gaby fronteggiò il pesce. La coda scese velocissima verso il collo di Gaby, tagliente come una falce, ma lei scartò di lato, col pugnale in mano. Vibrò un colpo, scavando un taglio profondo nella coda. Il pesce non ne fu molto contento. Gaby si slanciò di nuovo in avanti e atterrò sul dorso della creatura. Infilò il pugnale nell’occhio, trasversalmente. Il pesce se la scrollò di dosso, ma adesso la coda non seguiva più una direzione precisa. Si abbatteva furiosamente sul terreno, mentre Gaby cercava un’altra occasione di colpire.

— Gaby — urlò Cirocco — lascia stare! Non farti uccidere!

Gaby diede un’occhiata alle spalle, poi corse da Cirocco.

— Andiamo. Riesci a camminare?

— Sì… — Le tremò la vista. Per reggersi, si aggrappò al braccio di Gaby.

— Forza. Si sta avvicinando.

Cirocco non riuscì a vedere cosa stesse succedendo, perché Gaby se la caricò in spalla come un sacco e corse via.