Выбрать главу

Ed eccola lì, l’avventura. Stava solcando un fiume su un gigantesco guscio di noce, all’interno della struttura più titanica che l’occhio umano avesse mai visto; e un uomo che l’amava stava morendo.

La regione orientale di Iperione era una terra di colline dai profili dolci e di grandi pianure, cosparse di alberi piegati dal vento come in una savana africana.

Il fiume diventò più stretto e più veloce, e misteriosamente più freddo.

Furono trascinati dalla corrente per cinque o sei chilometri, videro scogliere che terminavano bruscamente sulla riva. Quando andava troppo forte, il Titanic diventava ingovernabile. Cirocco cercò a lungo un punto per attraccare.

Lo trovò, e per due ore dovettero lottare contro la corrente con remi e timone. Sia lei sia Gaby erano allo stremo delle forze. Per di più le scorte di cibo erano finite, e lì la terra non sembrava fertile.

Trassero l’imbarcazione a riva e la portarono verso l’interno per metterla al sicuro. Bill non si accorse di niente. Non parlava più da molto tempo. Cirocco restò a vegliarlo; Gaby cadde in un sonno profondo come la morte.

Cirocco si sforzò di rimanere sveglia esplorando la zona lì attorno nel raggio di un centinaio di metri.

Poco lontano dalla riva c’era una collina bassa. Salì in cima.

Iperione est sembrava la terra ideale per un contadino. Ampie zone di terreno sembravano campi coltivati a grano. L’illusione era spezzata da altre aree color rosso, e da altre ancora di un blu pallido misto all’arancione. Il vento muoveva tutto, come se si trattasse di un unico tappeto d’erba. Le ombre scure prodotte dalle nubi si muovevano sul terreno. Alcune formazioni nuvolose erano estremamente basse.

A est, le colline si protendevano verso la zona di confine tra giorno e notte di Rea ovest. Diventavano sempre più verdi, probabilmente per la presenza di foreste; poi si perdevano nel buio, diventando montagne scure e aride.

A ovest, la terra si appiattiva, costellata di laghi e zone paludose. Più oltre c’erano il verde fitto della foresta tropicale; e più oltre ancora, le pianure che sembravano curve svanivano nel tramonto di Oceano col suo mare ghiacciato.

Scrutando le colline lontane, vide un gruppo di animali, puntini neri sullo sfondo giallo. Due o tre sembravano più grandi degli altri.

Stava per tornare all’accampamento quando sentì la musica. Era così debole e lontana che la stava ascoltando già da un po’ senza rendersi conto che si trattava di musica. Un rapido addensarsi di toni diversi, poi una nota forte, dolce e chiara. Parlava di luoghi tranquilli, di una pace che non credeva di poter provare mai più; ed era familiare come una ninnananna dell’infanzia.

Si scoprì a piangere, tranquilla, immobile. Poi la musica svanì.

Il titanide li trovò mentre stavano togliendo le tende, prima di spostare Bill. Apparve in cima alia collina che Cirocco aveva scalato il giorno precedente. Lei aspettò che fosse la creatura a fare la prima mossa, ma evidentemente avevano avuto la stessa idea.

Sembrava la copia esatta di un centauro. La parte inferiore del corpo era equina, la metà superiore così umana da risultare spaventosa. Cirocco non era certa di credere ai propri occhi.

Non assomigliava ai centauri immaginati da Disney, e nemmeno tanto al classico modello greco. Possedeva una peluria abbondante, ma la maggior parte del corpo era costituita di pelle nuda e pallida. C’erano grandi cascate multicolori di pelo sulla testa e sulla coda, sulla parte inferiore di tutte e quattro le zampe, e sugli avambracci. Cosa ancora più bizzarra, c’erano peli tra le due zampe anteriori, dove ogni cavallo che si rispetti non aveva nulla, ma era perfettamente liscio. Il titanide aveva un bastone da pastore e non indossava vestiti, a parte qualche ornamento.

Cirocco era sicura che si trattasse di uno dei titanidi di cui le aveva parlato Calvin, la razza di sole femmine; ma Calvin aveva commesso un errore: non avevano sei gambe, ma sei arti.

Cirocco fece un passo in avanti. Il titanide si portò una mano alla bocca, poi fece un gesto velocissimo.

— Attenta! — disse. — Sii cauta, per favore.

Per un attimo lei si chiese di cosa stesse parlando il titanide, poi fu travolta dalla sorpresa. La creatura non aveva parlato né in inglese, né in russo, né in francese; e sino ad allora, quelle erano le uniche lingue che Cirocco conoscesse.

— Cosa… — S’interruppe, schiarendosi la gola. Alcune delle parole erano su un tono troppo alto. — Cosa c’è? Siamo in pericolo? — Porre domande era difficile, richiedeva toni complessi.

— Così ho percepito — cantò il titanide. — Pensavo che tu stessi per cadere. Ma certo saprai cosa è meglio per la tua specie.

Gaby guardava Cirocco con aria strana.

— Che diavolo succede? — le chiese.

— La capisco — rispose Cirocco, senza addentrarsi nella questione. — Mi ha detto di stare attenta.

— Attenta a… cosa?!

— Come fa Calvin a capire gli aerostati? Qualcuno si è divertito coi nostri cervelli, cara. Adesso la cosa ci torna utile, per cui zitta. — Corse avanti prima che Gaby facesse altre domande, perché non conosceva nemmeno una risposta.

— Siete le genti dell’acquitrino? — chiese il titanide. — Oppure Venite dal mare ghiacciato?

— No — gorgheggiò Cirocco. — Abbiamo attraversato l’acquitrino nel nostro viaggio verso… il mare maligno, ma uno di noi è ferito. Non intendiamo farvi del male.

— Ben poco male potrete farmi se andrete al mare maligno, perché morirete. Siete troppo grandi per essere angeli che hanno perso le ali, e troppo graziosi per creature del mare. Confesso di non aver mai incontrato gente simile a voi.

— Non… non potresti scendere qui sulla spiaggia? Il mio canto è debole, il vento non lo porta lontano.

— Sarò lì in due scrollate di coda.

— Rocky! — sibilò Gaby. — Attenta, scende! — Estrasse il pugnale, mettendosi di fronte a Cirocco.

— Lo so — disse Cirocco facendole abbassare il braccio armato. — Gliel’ho chiesto io. Rimetti via quel pugnale prima che cambi idea. Se c’è pericolo, urlo.

Il titanide scese a braccia tese per mantenere l’equilibrio. Danzò leggero sulla collina, poi corse verso di loro cavalcando la piccola valanga che aveva provocato. Il rumore degli zoccoli sulla roccia aveva un suono familiare.

Era più alto di Cirocco di trenta centimetri, il che le fece fare un passo indietro quando le fu vicino, per poterlo vedere meglio. Per lei era una sensazione davvero insolita: quella creatura avrebbe superato in altezza anche un giocatore di pallacanestro. Vista da vicino, era ancora più aliena proprio perché in parte così umana.

Una serie di strisce rosse, arancione e blu, sulla faccia e sul petto, che Cirocco pensava fossero naturali, erano invece dipinte. Quattro strisce a zigzag erano disegnate sul ventre, appena sopra il punto in cui avrebbe dovuto trovarsi l’ombelico, che però non esisteva.

La faccia era abbastanza grande da non far sembrare stonati il naso ampio e la bocca larga. Gli occhi erano enormi, molto spaziati. Le iridi erano di un giallo brillante. Una serie di linee verdi a raggiera circondava le grandi pupille.

Gli occhi erano talmente sorprendenti da far quasi dimenticare i tratti non umani della faccia. Cirocco aveva pensato che dietro ogni orecchio fosse infilato un fiore strano, e invece quelle erano proprio le orecchie. Le estremità a punta sporgevano al di sopra della testa.