— Cosa è successo…?
— Non so. So solo che mi hanno detto di stare giù. Dammi una mano a sistemare Bill.
Bill era sveglio, e non sembrava ferito. Alzò gli occhi al cielo.
— Gesù Cristo! — urlò, così forte da farsi sentire sopra le urla dei titanidi. — Li stanno massacrando!
Cirocco guardò in su. Una delle creature alate aveva reciso i fili di tessuto organico che reggevano il paracadute di un titanide. Il paracadute si afflosciò e il titanide piombò giù a una velocità impressionante scomparendo dietro una collina a ovest.
— E quelli sarebbero gli angeli? — sussurrò Bill.
Erano gli angeli della morte, per i titanidi. Dotati di corporatura umana, con ali piumate lunghe sette metri da un’estremità all’altra, gli angeli trasformarono quei cieli tranquilli in un atroce campo di battaglia. Ben presto tutti i paracadute dei titanidi scomparvero.
La battaglia prosegui dietro la collina, fuori dalla loro visuale. I titanidi lanciavano urla agghiaccianti che somigliavano ad artigli che raspassero una lavagna. Si udiva anche un gemito continuo, probabilmente emesso dagli angeli.
— Attenta! — esclamò Gaby. Cirocco si voltò di colpo.
Un angelo si avvicinava, silenzioso, da est. Si abbassò fin quasi a livello del suolo, ingrandendo a una velocità impossibile. Cirocco vide la spada nella sua mano sinistra, la faccia umana contorta dal desiderio di sangue, le lacrime che gli uscivano dagli angoli degli occhi, i muscoli del suo braccio che si tendevano mentre la spada calava…
Passò sopra il carro, riprese quota. Le punte delle ali sfiorarono il suolo, sollevando mulinelli di polvere.
— Mi ha mancata — disse Gaby.
— Siediti — ribatté Cirocco. — Se resti in piedi sei un ottimo bersaglio. E poi non ti ha mancata. Ha cambiato idea all’ultimo momento. Ha frenato il colpo della spada, l’ho visto benissimo.
— E perché mai l’avrebbe fatto? — Gaby s’accucciò accanto a Cirocco e pattugliò l’orizzonte con lo sguardo.
— Non so. Probabilmente perché non hai quattro gambe. Ma il prossimo potrebbe avere meno scrupoli.
Un altro angelo si avvicinò da una direzione diversa. Forava l’aria a gambe unite, le braccia appoggiate sui fianchi, con una specie di coda che spuntava dietro i piedi. A guardarlo, era magnifico quanto a grazia ed economia di movimenti. Cirocco non aveva mai visto nulla che gli si potesse comparare.
Un altro ancora arrivò volando rasente al terreno; poi, all’ultimo momento, inarcò il corpo e riprese quota. Svanì oltre la cima della collina.
— Sono molto in gamba — sussurrò Gaby.
— Non vorrei sperimentare quanto lo sono in un combattimento con loro — assentì Cirocco. — Sono sicura che mi farebbero a fette.
Un vento gelido soffiò da est, sollevando polvere.
Poi i titanidi spuntarono da dietro la collina, lanciati al galoppo, inseguiti da uno stormo di angeli. Cirocco riconobbe Ninnananna, Clarinetto e Foxtrot. Clarinetto aveva la zampa anteriore sinistra sporca di sangue. I titanidi impugnavano spade di bronzo e lance di legno con la punta di ottone.
Non urlavano più le loro canzoni di battaglia, ma i loro occhi erano sempre esaltati. Il fiato usciva a grandi nubi dalle loro narici, e quello con la pelle nuda luccicava di sudore. Corsero avanti, poi si voltarono per affrontare gli angeli.
— Vogliono ripararsi dietro il carro! — urlò Gaby. — Ci troveremo nel mezzo della battaglia. Salta giù, presto!
— E Bill? — urlò in risposta Cirocco.
Gaby la guardò un attimo, fece per dire qualcosa, ma riuscì solo a mormorare qualcosa d’inintelligibile. Poi afferrò la spada di Cirocco, saltò a terra, si preparò ad affrontare gli angeli. Una volta di più, tutto quello che poté vedere Cirocco fu la schiena di lei, ritta fra il suo amore e il pericolo imminente.
Ma gli angeli la ignorarono. Si dispersero sui lati del carro e attaccarono i titanidi che si erano appostati lì.
Il rumore era incredibilmente forte: il cozzo delle armi, il gemito degli angeli, le urla dei titanidi, tutto si mescolava in una cacofonia gigantesca.
Una forma mostruosa spuntò dalla nube di polvere, un incubo di ombre nere e marrone con le ali che si agitavano follemente come ombre sorte a nuova vita. Volava senza il minimo senso della direzione.
Era come cieco, agitava la spada e la lancia senza scopo come se, in tutta quella confusione, l’angelo cercasse una direzione giusta per colpire. Il suo corpo era grande come quello di un bambino di dieci anni. Un rivolo di sangue scuro gli usciva da una ferita sul fianco.
Arrivò sopra di loro e scagliò una lancia. La punta d’ottone trapassò la manica del vestito di Gaby e andò a piantarsi sul fondo del carro, vibrando come la corda di un arco. Poi l’angelo scomparve, il collo trafitto da un’asta di legno. Precipitò, e Cirocco non riuscì più a vederlo.
La battaglia terminò all’improvviso com’era iniziata. Il gemito assunse un tono diverso, gli angeli ripresero quota, volarono via verso est, diventando forme indistinte.
A fianco del carro, tre titanidi stavano calpestando il corpo dell’angelo caduto, che ormai era solo un ammasso di sangue. Cirocco distolse lo sguardo, nauseata dall’espressione d’odio che leggeva sulla faccia dei titanidi.
— Perché se ne saranno andati? — chiese Gaby. — Ancora un paio di minuti e avrebbero sterminato tutti.
— Sapranno qualcosa che noi ignoriamo — rispose Cirocco.
Bill stava guardando verso ovest.
— Sta arrivando qualcuno — disse.
Cirocco vide due figure familiari. Erano Cornamusa e Banjo che sopraggiungevano al galoppo.
Gaby rise, amaramente. — Tienti forte. Uno di quei ragazzi, per stare a quello che ha detto Rocky, ha solo tre anni…
— E guardate là — disse ancora Bill, puntando l’indice a est.
Sulla cima della collina era spuntato un battaglione di cavalleria dei titanidi.
16
Erano trascorsi sei giorni dall’attacco degli angeli, e sessantuno da quando si erano risvegliati su Gea.
Cirocco era sdraiata su un tavolo basso coi piedi bloccati da legacci. Calvin era lì da qualche parte, ma lei rifiutava di guardare dove fosse. Ninnananna, la guaritrice dalla bianca criniera, guardava e cantava mentre l’operazione progrediva.
Il suo era un canto lenitivo, ma nulla riusciva a calmarla del tutto.
— La cervice è dilatata — disse Calvin.
— Non so proprio cosa voglia dire.
— Scusami. — Si sdraiò un attimo e Cirocco ne vide gli occhi spuntare poco sopra la maschera chirurgica. Sudava copiosamente. Ninnananna gli asciugò la fronte, e uno sguardo di Calvin mostrò la sua gratitudine. — Puoi spostare più vicino la lampada?
Gaby sistemò meglio la luce tremolante. L’enorme ombra delle sue gambe venne proiettata sulle pareti. Cirocco sentiva il metallico tintinnio degli strumenti quando venivano tolti dalla vaschetta sterilizzata, poi il raschiatoio che strusciava sullo speculum.
Calvin avrebbe voluto strumenti d’acciaio, ma i titanidi non erano in grado di costruirne. Lui e Ninnananna avevano lavorato con i migliori artigiani perché questi gli costruissero quanto voleva in ottone.
— Mi fa male — mugolò Cirocco.
— Le fai male — ripeté Gaby, come se Calvin non riuscisse più a capire l’inglese.
— Gaby, stattene buona o mi dovrò trovare qualcun altro per reggere la lampada. — Cirocco non aveva mai sentito Calvin parlare in tono così aspro. Lui fece una pausa, si deterse il sudore con la manica.
Il dolore non era molto intenso ma persistente e difficile da placare. Lei poteva sentire e avvertire il raschio e strinse i denti fino a farli stridere.
— L’ho preso — disse Calvin a voce bassa.