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Markham si rivolse a Marion-A. «La gente parla tutta così?» chiese. «O si tratta di un caso speciale?»

«La signorina Vandellay usa l’idioma corrente» ri­spose Marion-A con un’ombra di sorriso. «Ha un ger­go un po’ concentrato, forse.»

«Al diavolo. Dovrò andarci, immagino.»

«Sì, signore. Cosa volete che faccia mentre siete assente?»

Markham ci pensò per un momento. «Provati i ve­stiti nuovi» rispose secco.

6

Shawna Vandellay aprì la porta proprio mentre lui arrivava, e impetuosamente lo trascinò all’interno. Gli mise in mano un calice, e senza perdere tempo lo pre­sentò a un tipo alto e abbronzato che aveva l’aspetto e l’atteggiamento di un atleta.

«Questo arnese è Paul Malloris. La mia prima fis­sazione. Quando non ha niente di meglio da fare, com­pone versi bellissimi» Shawna rise. «Ma di solito il caro bestione ha cose migliori da fare. Non vedo pro­prio perché le relazioni amorose non dovrebbero du­rare per anni, in fondo. Ma già, tu sarai d’accordo... perché anche tu sei passionalmente un primitivo, vero, caro Sopravvissuto?»

«Per combinazione ero libero quando Shawna de­cise di farsi un amico» spiegò Paul Malloris. «Abbia­mo fatto coppia fissa. Assolutamente ridicolo, se vo­gliamo, però divertente. Avrei scommesso che non sa­rebbe durato più di un mese, invece dura già da tre... Ed eccoci qua, lei è la mia bella.»

«E lui il mio bestione» aggiunse, orgogliosa, Shaw­na. «Un bestione simpaticissimo, tanto tanto irsuto... psicosomaticamente parlando.»

«Capisco» disse Markham senza averci capito nien­te. «Più conosco questo mondo, più mi rendo conto di quanto devo ancora imparare.» Prese un lungo sorso dal bicchiere che gli avevano dato. Dal sapore, la bibita sembrava solo un cocktail un po’ forte, ma sco­prì presto, non era altrettanto innocuo.

«Dolce Sopravvissuto» disse Shawna «sei assolu­tamente una scoperta. Se non fosse per questo indivi­duo qui, mi metterei fissa con te, quasi quasi... Ti man­ca proprio molto la tua donna? Corpo di un androi­de... ma si capisce che ti manca! L’hai detto anche al­la TV. Povero, povero Sopravvissuto. Scommetto che hai bisogno di molto amore, è così?»

«Basta con questa storia del Sopravvissuto» pro­testò Markham, farfugliando, poi terminò la bibita. «Mi fate sentire una specie di patriarca... Mi chiamo John, e chi non ha bisogno di molto amore? Mio Dio, sono sbronzo!» Sentì che la stanza cominciava a gi­rare, e tentò di raggiungere la sedia più vicina. Non ci riuscì.

Cadde mettendosi a quattro zampe e si mise a pigo­lare. «Mettimi nel forno, sono un pollo congelato» disse con grande convinzione. «C’è nessuno che vuole un uovo congelato? L’uovo dell’amore, amici? È vo­stro. L’uovo della speranza? Eccolo, è qui. L’uovo del­la verità? È più di un uovo, è un pulcino, maledizio­ne, sono io.»

Paul e Shawna lo osservavano sorridendo. Lui cer­cò di metterli a fuoco e scoprì che si erano moltipli­cati.

«Brutte bestie!» ruggì. «Bestiacce maledette! Tor­nate nella vostra fiaba e lasciatemi in pace... Tiratemi su, sono scomodo! Cosa avete messo nella bibita, acci­denti a voi? Andate via! Io muoio di dolore... L’uovo del dolore, cari signori, va mangiato sodo, con molto sale e un po’ di amnesia...»

Scoppiò a ridere. Cadde bocconi, ridendo più forte.

Paul Malloris lo sollevò senza sforzo e lo sdraiò sul divano. Markham chiuse gli occhi e cominciò a respi­rare profondamente.

Paul guardò Shawna. «Per un attimo, ho temuto che la dose fosse eccessiva» disse. «Ma è soltanto lo choc. Una normale reazione di A.S... Povero diavolo, ha bisogno di molti riguardi. Una mossa falsa e per­derebbe la ragione. È difficile immaginare che specie di trauma abbia sofferto.» Improvvisamente sorrise. «Quasi come per noi rinascere in un mondo senza androidi.»

Shawna sospirò. «Che meraviglia... Paul, è passato immediatamente attraverso il simbolo dell’uovo. Cre­di che abbia qualche significato?»

«Non si può dire... Dovremo correlare le sue rea­zioni durante i prossimi giorni. Dobbiamo lasciargli tempo di farsi un giudizio sul mondo in cui si è risve­gliato. Quando avrà raggiunto un verdetto, ce ne ac­corgeremo.»

Shawna era rattristata. «Mi sento un verme. Avrem­mo dovuto lasciargli un po’ di tempo, prima di lavora­re su di lui.»

Paul prese una bottiglietta e una siringa da un cas­settone. «Lo so. Neanch’io lo faccio volentieri. Ma se non lo mettiamo alla prova al più presto possibile, loro ci precederanno. Anche lo Psicoprop non ci met­terà molto ad accorgersi che ha il potenziale simboli­co. È un normale uomo del ventesimo secolo, proprio l’archetipo di cui abbiamo bisogno. E per grazia di Dio, non abbiamo nemmeno bisogno di dargli la cac­cia. È venuto lui da noi!»

Lei io osservò riempire la siringa e iniettare il con­tenuto nel braccio di Markham.

«Sei sicuro che l’Oblivina farà effetto?»

«Se dovesse fallire, sarà l’Analisi per tutti e due, cara.» Le rivolse un sorriso rassicurante. «Stai tran­quilla, Shawna. Un c.c.dovrebbe darci un minimo di venti minuti di amnesia locale retroattiva. Non ricor­derà niente.» L’ipodermica venne sfilata e rinchiusa nel cassetto. Dopo circa un minuto Markham aprì gli occhi, batté le palpebre e si tirò su.

«Siete svenuto» disse Paul. «Ipertensione. Sono gli effetti postumi dell’A.S.»

«Che stupido» si scusò Markham. «Ma ora sto be­ne... Per essere sincero, credevo che fosse effetto della bibita.»

«Anche» disse Shawna, serissima.

Markham tentò di rimettersi in piedi. «No» disse Paul. «Distendetevi e state calmo. Devo dirvi qual­cosa.»

Markham lo guardò perplesso. «Parlate in modo diverso. Più normale... secondo me, per lo meno» disse.

«Ecco» disse Paul, «non c’è bisogno di recitare la commedia, ora... almeno per un po’.»

«Quale commedia?»

«C’è il segno di una puntura sul vostro braccio si­nistro. Vi ho fatto una iniezione di un alcaloide che si chiama Oblivina. Tra venti minuti circa avrete un altro svenimento, e quando vi riavrete, non ricorde­rete una sola parola di questa conversazione.»

Markham lo guardò fisso per alcuni secondi. «Obbligatissimo» disse in tono cupo. «Forse mi abituerò al nuovo codice dell’ospitalità, ma per il momento lo trovo un po’ seccante. Se non vi dispiace, me ne vado di qui sull’istante.»

«Restate dove siete e ascoltatemi» disse Paul Malloris. «Se uso questi trucchi lo faccio solo perché è necessario. Perciò non tentate di ribellarvi. Siete ap­pena uscito dal Risanatorio e io sono in condizioni decisamente migliori. Voglio solo che ascoltiate quel­lo che devo dirvi.»

«Ascolto. Dite addirittura che sono tutto orecchi.»

Shawna gli rivolse uno sguardo supplichevole. «Non vogliamo farvi del male, John. Paul vuole soltanto...»

«Lascia che gli parli io, Shawna.» Paul Malloris prese una sedia e si sedette di fronte a Markham. «Non avete ancora avuto il tempo di orientarvi in que­sto mondo d’oggi. Ma sapete già che, in confronto ai vostri tempi, viviamo in piena Utopia, con gli androi­di che fanno tutto il lavoro e noi che ci godiamo tut­to lo svago.»

Markham annuì. «Così pare.»

«Alcuni di noi» continuò Paul «sono ancora pro­pensi a valutare di più la libertà di pensiero che il piacere. Non siamo soddisfatti di lasciare tutto in ma­no agli androidi. Vorremmo a nostra volta avere qual­che responsabilità.»

«Un’ambizione lodevole» disse Markham con sar­casmo. «Perché non cercate di fare qualcosa, allora?»

«Stiamo facendola... ma dobbiamo essere pruden­ti. In seguito, scoprirete quanto sia facile essere clas­sificati neuroidi. Ogni comportamento che possa sem­brare insofferente della presente stasi sociale è defini­to neurotico. Come primo risultato, uno dei vostri co­siddetti amici osserva che non sembrate felice. Ben presto la voce arriva a un agente dello Psicoprop. Al­lora vi vedrete sottoporre a un test psichiatrico. Que­sto non significa niente. Ha importanza, invece, se lo Psicoprop ritiene che la vostra condotta si allontani in qualche modo significativo dal comportamento nor­male. In caso affermativo, venite proposto per l’A.S. oppure l’Analisi, a seconda di quanto vi giudicano pe­ricoloso... Un altro termine per indicare l’Analisi è Di­sintegrazione. Disintegrano la vostra personalità e la ricompongono secondo linee più ortodosse.»