«Grazie d’aver stabilito i contatti, Paul» gli disse Markham. «Nessuna notizia di Shawna?»
«Nessuna che io abbia voglia di sapere» rispose Paul con voce incolore. «Benvenuto nella Legione dei Disperati, John. Mi piace sperare che il tuo arrivo sia di buon augurio.»
Il professor Hyggens sorrise. «Paul dovrebbe essere il nostro stratega. Ma finora nessuno può dire quanto valga.» Poi presentò in fretta Markham agli altri tre individui che, come Crispin, Towne e Paul Malloris, rivestivano cariche irregolari e scombinate nell’armata stracciona dei Fuggiaschi.
«E infine» disse Hyggens «ci sono io. Ti sorprenderà, John, sentire che io sono Generalissimo dei Disadattati. Non me ne intendo di rivoluzioni, di combattimenti e di organizzazione; perciò sono stato eletto, si capisce... Per la verità, nessuno di noi ne sa molto e, prima che tu venissi in scena, non aveva nessuna importanza che i Fuggiaschi fossero guidati da un filosofo un po’ svampito. Tra parentesi, sei sicuro che non ti piaccia questo mondo meraviglioso? Sei sicuro di non poterti adattare a essere un obbediente cittadino della nostra gloriosa Repubblica?»
Markham prese la tazza fumante che gli veniva offerta e si sedette nel circolo di uomini. «Il professor Hyggens» disse «mi chiese un giorno una definizione della vita. Pensai che la risposta fosse facile, ma quando tentai di dargliela, il professore mi fece osservare che gli androidi non erano in contrasto con la mia definizione. Pensai che fosse un po’ matto, in fondo, finché non riuscii a conoscere meglio gli androidi... Se questi siano realmente vivi, nel vero senso della parola, è un problema che i filosofi» e indirizzò un sorriso ironico al professore «discuteranno senza dubbio per lungo tempo. Ma è evidente che essi si comportano proprio come se lo fossero. Sono decisi a dominare completamente l’ambiente che li circonda. Di questo ambiente facciamo parte noi esseri umani. Questa è una delle tante ragioni per cui mi trovo qui. Sono convinto che l’umanità debba lottare per sopravvivere. Sono convinto che, quanto più aspetteremo, tanto più dura sarà la lotta.»
Dal gruppo si levò un mormorio di assenso. Il professor Hyggens soffiò una grossa nuvola di fumo verso la lanterna schermata, poi si tolse a malincuore la pipa dalle labbra.
«Dopo i Nove Giorni» disse, «la civilizzazione non fu più in grado di sostenere il suo vecchio schema basato sui cosiddetti paesi altamente industrializzati. L’unica soluzione parve quella di decentralizzare, creando piccole comunità che si basavano sull’impiego dei robot e sull’automazione. Fu lo stesso dappertutto: in Europa, in America, in Russia... Dalle ceneri dei Nove Giorni rinacque il sistema feudale, dove ciascun feudo rappresentava più o meno un’unità economicamente indipendente. I problemi che si presentano a noi nella Repubblica di Londra sono gli stessi che il mondo deve affrontare dovunque. Noi potremmo rappresentare un caso-cavia: si vedrà quello che capiterà a noi se inizieremo una rivoluzione, e forse il mondo prenderà esempio. Per quanto ci risulta finora, non ci sono stati altri tentativi di lotta contro gli androidi... Nei tempi antichi, si diceva che l’Inghilterra portasse la fiaccola. Ho un desiderio infantile di sentir dire la medesima cosa della Repubblica di Londra... Ora, che diavolo volevo concludere prima di mettermi a chiacchierare? Ah, sì, rassegno le dimissioni. Ora abbiamo bisogno di un capo, qualcuno che parli di meno e che faccia di più. Penso che ci occorra un tipo primitivo, signori: uno che, per virtù dell’era in cui è nato, abbia più possibilità di essere intelligentemente spericolato di quanto lo siamo tutti noialtri messi insieme. In breve, credo molto nei simboli, ragione per cui propongo di creare nuovo direttore delle operazioni il Sopravvissuto, nella sublime speranza che la sopravvivenza sia contagiosa. Quelli che sono d’accordo alzino la mano.»
Le mani si levarono con prontezza unanime.
Markham li fissò incredulo per un attimo, poi disse: «È ridicolo!»
«Certo che lo è» rispose il professore. «Personalmente, adoro il melodramma.»
All’improvviso, Markham si sentì irritato. «Ascoltatemi! Vengo tra voi per la prima volta. Sapete pochissimo sul mio conto. Non siete nemmeno sicuri che non sia una spia. Eppure pensate immediatamente di affidarmi la vostra vita. Non siate infantili!»
Scrosciarono risate d’approvazione. Quando si calmarono, parlò tranquillamente Helm Crispin. «Sì, John, per te siamo come bambini. Ecco perché devi essere il nostro capo. Fisicamente, sei uno dei più giovani tra i presenti. Ma spiritualmente sei il più vecchio, forse anche il più maturo di noi tutti. Appartieni a un’epoca nella quale gli uomini accettavano le responsabilità come un retaggio. Noi apparteniamo a un’epoca in cui le responsabilità ci vengono negate. Ragione per cui, sotto alcuni aspetti, molti potranno essere anche più saggi di te, ma non più maturi. Ti chiediamo di assumerti la maggiore responsabilità, e speriamo in te perché tu possa cambiare il nostro atteggiamento difensivo in spirito di aggressività.»
Seguì un silenzio. Tutte le facce si rivolgevano speranzose verso Markham. Tutti gli occhi lo osservavano intenti. E all’improvviso lui capì che per quanto ridicola fosse la situazione, non poteva deludere quegli uomini. Era consapevole della propria inadeguatezza, ma la cosa non pareva avere importanza; era certo che cento uomini fiduciosi valgono di più di mille incerti. Evidentemente lui poteva generare la fiducia necessaria, e forse, alla resa dei conti, questa fiducia avrebbe bilanciato tutti gli errori che lui temeva di commettere.
Guardò le facce ansiose dei compagni, e sentì che avrebbe recitato in quella tragicommedia fino in fondo.
Alla fine parlò:
«Mi avete sopravvalutato. State facendo una scelta pericolosa.»
«È pericolosa anche per te» disse il professore imperturbabile.
«Se accetto» continuò Markham «alcune cose andranno concordate dall’inizio. Non me ne intendo molto di guerra, ma conosco l’importanza della disciplina. Se diverrò il vostro condottiero, pretenderò che le mie decisioni siano accettate. Se delegate a me le vostre responsabilità, dovete delegarmi anche i pieni poteri.»
«È anche il nostro punto di vista» disse Helm Crispin. «Ti consiglieremo se e quando sarà necessario, ma le decisioni le prenderai tu.»
«Allora» disse Markham, «avete acquistato un generale dilettante. E il mio primo ordine è che non dobbiate più considerarvi Fuggiaschi, signori. Siete l’Esercito di Liberazione Londinese, temporaneamente camuffato da bande di Fuggiaschi.»
«Generale» disse il professor Hyggens con ostentato rispetto, «ora sai perché ci sembri l’unico adatto a guidarci.»
Markham sorrise. «L’altro mio decreto è quello di abolire tutte le formalità, professore. E di conseguenza vi nomino vicecomandante.»
In quel momento Markham si accorse che qualcuno stava correndo fra gli alberi. Poco dopo un ragazzo di circa vent’anni apparve nel cerchio di luce respirando affannosamente.
«Dieci eliauto, professore!» ansimò. «Deve trattarsi di un centinaio di androidi. Si stanno disponendo in ordine sparso per rastrellare la zona.»
«Qualcuno avrà commesso una imprudenza» disse in tono di rimprovero Hyggens.
«A che distanza sono?» chiese Markham.
«Circa due chilometri.»
Markham guardò i compagni che scattavano in piedi con aria preoccupata. «Abbiamo armi?» Malediceva la propria avventatezza per aver lasciato a casa la pistola.
Corneel Towne andò verso un albero e tornò con una cassetta che sembrava alquanto pesante. «Ho due pistole mitragliatrici antiquate e circa cinquecento cartucce. Funzionano bene. Le ho provate ieri. C’è anche qualche granata. Sono la mia specialità.»
«Altre armi?» chiese Markham.
«Io ho una pistola» disse Paul.