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«Bene... Immagino che gli androidi appartengano alle squadre psichiatriche. Di che armamenti dispon­gono?»

«Gas» rispose Helm Crispin, «e paralizzatori.»

«Portata effettiva?»

«Circa cinquanta metri.»

«Non c’è male. Spegnete la lanterna.»

«Forse dovremmo sparpagliarci» disse con ramma­rico il professore. «Sono in troppi per tenere loro testa.»

«No» disse Markham. «Attaccheremo noi. Tow­ne, prendi tu un mitragliatore e dai l’altro a qualcuno che sappia usarlo. Chi è in grado di lanciare lontano?»

«Io» disse Paul.

«Prendi le granate» ordinò Markham. «Io terrò la pistola... Helm, voglio due bei fuochi qui, presto. Poi ci ritireremo a cento metri, ventre a terra. Trenta metri di intervallo tra un uomo e l’altro. Appena com­parirà un androide nella luce dei fuochi, usare il mi­tragliatore. E voglio due volontari che mettano fuori uso i loro eliauto.»

Appena venne spenta la lanterna, l’oscurità di no­vembre li avvolse come un sudario. In lontananza, si accesero i fari di perlustrazione.

«Non badate a loro, per ora» disse cupo Markham. «Presto, Paul, noi due dobbiamo metterli fuori uso... Sai cosa si fa? Allora sbrigati.»

Con Paul Malloris al fianco, uscì cauto dal folto degli alberi e, aggirata la zona illuminata dai riflettori, si spinse avanti con l’intenzione di spegnerli. Lui e Paul avevano percorso circa quattrocento metri quan­do due vigorose colonne di fuoco si levarono in mez­zo agli alberi dietro le loro spalle. Voltandosi, scorse­ro due figure momentaneamente illuminate che stava­no per scomparire nel buio. Poi, davanti a loro, sentirono dei rumori.

«A terra» bisbigliò Markham.

Giacquero immobili nell’erica umida, mentre la pri­ma squadra di androidi passava loro accanto. Uno qua­si posò il piede sulla mano stesa di Markham, ma non si accorse di niente perché aveva l’attenzione concen­trata sui fuochi.

«E adesso andiamo a spegnere quei maledetti fari» bisbigliò Markham.

La battaglia fu breve e non molto spettacolare, ma per l’Esercito di Liberazione fu incalcolabile.

Gli androidi non si erano aspettati che i fuorilegge, uomini soliti a fuggire, attaccassero. Del resto non se l’aspettavano neanche i Fuggiaschi. Gli androidi, inol­tre, avevano pensato solo in termini di inseguimento. Non era venuto loro nemmeno il sospetto che potesse esserci bisogno di una difesa sistematica, finché parec­chie cose insolite non cominciarono a verificarsi. Ma ormai, era troppo tardi.

Il primo episodio degno di nota fu una sventaglia­ta abile partita dalla mitraglia di Towne. Venne col­pita la pila d’energia di un androide che avanzava: l’androide esplose mandando uno spettacolare baglio­re.

Ci fu un parlottare sommesso. Poi, mentre gli altri androidi avanzavano in gruppo verso i fuochi, le raf­fiche delle due mitraglie li attaccarono da due lati. Nel frattempo Markham e Paul Malloris erano filtra­ti attraverso la seconda linea degli androidi ed erano arrivati a tiro di granata dai fari.

La prima granata di Paul mancò il bersaglio e de­molì due eliauto posti nelle vicinanze. La seconda frantumò un faro prima che gli androidi sorpresissimi potessero raccapezzarsi, e la terza frantumò contempo­raneamente i due fari che restavano. Ma poi gli an­droidi si riebbero e le torce a mano fecero piovere i loro sottili raggi di luce nell’aria immediatamente circostante. Un raggio illuminò Paul, e immediata­mente si udirono due tonfi sordi.

Paul cadde al suolo pesantemente. «Dardo paralizzatore» balbettò. «Braccio sinistro... Lasciami. Atten­to ai gas.»

Freddamente e sistematicamente, Markham comin­ciò a sparare contro gli androidi muniti di torcia. Ma oramai era stato individuato, e i paralizzatori sibila­vano attraverso il buio e crepitavano tra l’erba dove lui si teneva sdraiato vicino a Paul ormai privo di co­noscenza.

La sua unica speranza, si disse, era fingere di essere stato colpito. Smise di sparare, e pregò di non essere la vittima di un dardo fortunato. Ma i tre androidi re­stanti cominciarono ad avanzare: convergevano, e que­sto fu il loro errore. Appena furono sufficientemente vicini, Markham inviò loro la granata che gli rimane­va ancora. Ci fu una triplice esplosione accecante, men­tre la granata faceva saltare due delle capsule di ener­gia degli androidi. Poi tornò l’oscurità, e un breve si­lenzio. Un momento dopo, al di là degli alberi, altre granate cominciarono ad esplodere. Le mitragliatrici non tacevano un istante. Sforzando la vista, Markham credette di vedere altri androidi che si profilavano contro il rosso dei fuochi nel tentativo di sfuggire al­l’imboscata.

Dal modo come si mettevano le cose, era chiaro che tra poco gli androidi rimasti, ammesso che ce ne fos­sero, sarebbero tornati ai loro eliauto. Meglio rimuo­vere dall’area Paul, sempre senza conoscenza. Con uno sforzo, Markham si issò l’amico sulle spalle e si rimise penosamente in piedi.

Dieci minuti dopo la battaglia era finita. Pochi an­droidi se l’erano cavata, i loro mezzi di trasporto era­no stati tutti messi fuori uso. Ci sarebbe voluto parec­chio tempo prima che gli androidi potessero ricevere rinforzi.

Quando Markham arrivò faticosamente, con Paul in spalla, dove c’erano gli altri, il massacro degli an­droidi era stato portato a termine.

C’era soltanto un altro infortunato, Corneel Towne, colpito anche lui da un dardo paralizzatore.

«Resteranno svenuti per un paio d’ore» disse il professor Hyggens «e poi si sveglieranno con un mal di testa mai provato. Allora, John, cosa ne pensi del­la tua Armata di Liberazione?»

«Abbiamo usato troppe munizioni» disse Mar­kham, sorridendo.

«C’è un bel numero di androidi massacrati là fuo­ri» disse Helm Crispin.

«Comunque abbiamo usato troppe munizioni. Ora ho bisogno di sapere alcune cose. Su quanti uomini della Repubblica possiamo contare nel caso in cui de­cidessimo una sollevazione, quante armi sono dispo­nibili, in quanto tempo possono essere distribuite, quanto sono efficienti le nostre linee di comunicazione.»

«Si può contare su settecento uomini» rispose Hyg­gens. «Ma quando si spargerà la voce di questa scara­muccia, il numero raddoppierà. La gente non ha biso­gno d’altro che di fiducia e di un capo. Ora ha l’uno e l’altro.»

«Bene. Professore, voi li organizzerete in gruppi di cento, ciascun gruppo con un capitano che dia affida­mento. E Corneel Towne sarà responsabile del loro armamento. Solo granate e armi leggere. Poi ci occor­rono cinquanta uomini addestrati all’uso degli esplo­sivi.»

«Quanto tempo abbiamo davanti a noi?» chiese Helm Crispin.

«Non ne abbiamo» rispose Markham. «Solomon capirà che ormai facciamo sul serio. E a sua volta or­ganizzerà un esercito, si capisce. Solo che la prossima volta non verranno coi paralizzatori e con i gas. Avran­no armi mortali. A proposito, professore, ho un mes­saggio per voi del Presidente Bertrand. Dice che non potete sperare che i miracoli si ripetano all’infinito. Faccio mie queste parole. D’ora in poi, considerate ogni errore come potenzialmente fatale.»

«E io ho un messaggio per il Presidente Bertrand» disse calmissimo il professore. Sorrise. «Forse la fi­glia glielo porterà da parte tua. Secondo le mie infor­mazioni, Solomon sta riprogrammando tremila androi­di per omicidio. Non credo che Clement lo sappia. Non glielo permetterebbe, se lo sapesse.»

Markham rimase un momento silenzioso. «Speravo che avremmo avuto un intervallo di almeno tre mesi per la preparazione» disse. «Ma ora dovremo lavora­re sui minuti. In quanto a organizzarsi, Solomon può batterci per rapidità e qualità, anche se avessimo a di­sposizione anni.» Un pensiero parve colpirlo. «Il Na­tale è ancora di moda? Lo si celebra ancora?»

Helm Crispin scosse la testa. «Il Natale è sparito da tanto tempo, insieme con la Cristianità. Ora la gran­de festa è il Capodanno, la vigilia e il primo dell’an­no sono riuniti in un’unica grande festa.»