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Lentamente, però, la sua vitalità tornò normale, e già il quinto giorno Markham ardeva dall’impazienza. Voleva uscire ed esplorare il mondo del ventiduesimo secolo.

Proprio il quinto giorno Marion-A lo accompagnò a visitare l’impianto di sospensione. Nel frattempo, durante parecchi esami chimici, Markham aveva fatto la conoscenza di due medici androidi, che sembravano leggermente diversi da tutti gli altri androidi che aveva conosciuti, compresa Marion-A. Venne a sapere che era­no due psichiatri, e dedusse che la loro conversazione con lui, che regolarmente batteva su un tasto molto personale, faceva parte della loro programmazione professionale.

Inoltre, la sera del quinto giorno, ebbe il suo pri­mo incontro col mondo esterno. In realtà fu un in­contro particolare, l’intervista di un giornalista della televisione tridimensionale, ma servì ugualmente a for­nirgli qualche ragguaglio sul mondo al quale doveva assuefarsi.

L’intervista ebbe luogo nel suo appartamento, po­co dopo la cena.

L’androide era alto e con lineamenti particolarmen­te mobili. Quando sorrideva, il sorriso sembrava au­tentico. Possedeva inoltre tutta una gamma di espressioni molto convincenti, senza dubbio studiate a bene­ficio dei telespettatori.

La tri-dicamera era un piccolo barattolo a forma d’uovo, con un sistema di minuscole lenti sulla parte più larga. Era collocata su un treppiede di fronte al divano sul quale sedeva Markham. Per quanto Mar­kham poté giudicare, il fuoco e la direzione erano re­golati a distanza dall’intervistatore che portava legato al polso un apparecchio più o meno simile a un oro­logio.

Marion-A si teneva fuori della portata della teleca­mera tri-di, ma Markham si rese conto di lanciarle frequenti occhiate, per sentirsi più tranquillo. Duran­te quei giorni aveva finito per fare conto su lei. Anzi, dipendeva da lei più di quanto avrebbe desiderato.

L’intervistatore fece un segnale a Markham, toccò il suo apparecchio di controllo, poi si mise di fronte alla telecamera.

«Cari telespettatori, buonasera. Come al solito, Pa­rata di Personalità vi presenta il personaggio più in­teressante della settimana. Questa sera abbiamo con noi il signor John Markham, che è stato per puro caso preservato in animazione sospesa per centoquarantasei anni. Sembra impossibile, eppure è successo. Amici, abbiamo con noi la storia vivente. Eccovi la situazione drammatica di un uomo del ventesimo secolo, il quale si trova proiettato di centocinquant’anni circa nel fu­turo. Ricordate, cari amici, che per lui noi siamo so­gni del futuro; per noi, lui è un fantasma del passato. E quali sono le impressioni del nostro ospite? Ora glie­le domanderemo.»

La telecamera oscillò leggermente verso Markham, il quale si sentì la fronte madida di sudore. Questa,pensava irritato, è proprio la conclusione adatta per una convalescenza.

«E adesso, signor Markham» continuò l’androide, «diteci: qual è la cosa che più vi manca, del tempo andato?»

«Mia moglie e i miei bambini» fu la risposta im­mediata.

L’intervistatore rise. «Un sentimento naturalissimo! Nel ventesimo secolo, eravate ancora condizionati a una primitiva vita di famiglia, vero?»

Markham non poté nascondere la propria sorpresa.

«A dire la verità, non la consideravamo esattamente primitiva. Tuttavia sono disposto a credere che al gior­no d’oggi possa essere considerata antiquata. Immagi­no che oggi i bambini si preparino in bottiglie.»

«È inesatto signore. Ma l’umanità non è più sotto­posta alle relazioni poco salutari che esistevano tra ge­nitori e figli. Essa ha raggiunto una libertà psicosoma­tica nella ricerca dell’arte creativa. Tra parentesi, qua­le era la vostra forma d’arte preferita?»

«Non avevo molto tempo da dedicare all’arte» ri­spose secco Markham. «Ero troppo occupato a guada­gnarmi da vivere.»

L’androide fissò la telecamera inarcando la fronte.

«Cari telespettatori» disse «non crediate che il So­pravvissuto voglia sbalordirci. Per quanto possa sem­brarci disgustoso, gli uomini sprecavano effettivamente la maggior parte del loro tempo a lavorare.»

«Un ingente numero di noi» disse Markham «era talmente depravato da trovarci gusto. Sono nel vero se ne deduco che il lavoro è diventato leggermente immorale, da allora?»

«L’umanità ne è stata liberata» disse l’intervista­tore in tono solenne. «Il lavoro riguarda oggi i robot e gli androidi, e l’umanità è libera di godersi la pienez­za della vita... il che ci conduce a un’altra domanda, caro signore. È vero che, dopo il matrimonio dei vostri tempi, un uomo viveva solo con sua moglie e viceversa?»

La telecamera si spostò verso Markham, che in quel momento aveva un’espressione leggermente meravigliata. «Lo consideravamo un modo di vita ideale» ri­spose, in tono prudente.

«Ma esistevano eccezioni?»

«Sì.»

«Voi eravate una di queste?»

«No.»

L’androide si rivolse alla telecamera con un sorriso divertito.

«Cari amici» disse con sussiego «lo credereste? Il nostro Sopravvissuto è un vero barbaro sessuale.»

Markham s’infuriò immediatamente. «Sì, adopero anche la clava... C’è altro che vi interessi sapere?»

«Naturalmente» disse, calmo, l’androide. «Cosa vi proponete di fare, ora che siete in grado di lasciare il Risanatorio?»

«Vorrei scoprire un po’ in che genere di mondo mi sono svegliato, ma immagino che prima di tutto dovrò trovare il modo per guadagnarmi da vivere.»

«No, signor Markham. Il vostro nome sarà iscritto nell’Elenco Maschile, e vi verrà passata la pensione base della Repubblica, cioè cinquemila sterline l’an­no, che non vi saranno ridotte, a meno che non ren­diate madre inavvertitamente più di una donna entro un periodo di cinque anni.»

«Buon Dio!» La sorpresa cedette immediatamente il posto a un vero attacco di nervi. «Cosa succedereb­be se ne rendessi madri una mezza dozzina?»

La telecamera inquadrò l’androide. La faccia dell’in­tervistatore era molto seria. «Tale condotta» dichia­rò l’androide «è considerata psicopatica. Il trattamen­to usuale consiste in un prolungamento dell’animazio­ne sospesa. La creazione di una nuova vita, signor Markham, non va intrapresa alla leggera. Ai vostri giorni, senza dubbio, la cosa aveva scarse conseguen­ze. Forse questa è una delle ragioni per le quali la vo­stra civiltà venne distrutta dall’Epopea dei Nove Gior­ni.»

«Credo di avere moltissimo da imparare sul venti­duesimo secolo» disse Markham, guardingo.

«Sì, senz’altro!» Il cipiglio dell’intervistatore cedet­te il posto a un sorriso geniale. «E adesso, poiché ci resta appena un minuto, forse vorrete concludere que­sta interessante conversazione rivolgendo alcune paro­le a tutti i nostri cari telespettatori.»

Sebbene la telecamera non si fosse spostata, Markham ebbe la sensazione che si stesse rimettendo a fuoco per un primo piano. Gettò una rapida occhia­ta a Marion-A, poi guardò direttamente la telecamera e si schiarì la voce.

«Per me» disse esitante «il ventesimo secolo è rea­le come se fosse cosa di pochi giorni fa. Dovete ricor­dare che appartengo a un’epoca in cui la popolazione di quest’isola si contava a milioni, e non a migliaia... un’epoca in cui gli uomini lavoravano, e il desiderio di avere figli non era considerato psicopatico. Tenendo presente tutto questo, comprenderete quanto mi sia difficile orientarmi in un mondo nuovo dove, a quan­to pare, molti degli antichi principii non sono più accettati. Ma farò del mio meglio per adattarmi al ven­tiduesimo secolo, e se mi renderò colpevole per qual­che mancanza sociale, forse vorrete compatirmi... Gra­zie a tutti e buonasera...»