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«È quello che intendo fare. Abbiamo già considerato la Prima Domanda. Era: da che distanza sono venuto nel futuro… il mio futuro?» Alzò la mano, prontamente. «Non rispondere. A parte ciò che hai detto, e che non è molto, anche se pare che Seace sia in grado di rispondere, non voglio sapere altro.»

«Questo…»

«Taci un momento, e ti dirò il perché. In primo luogo potrebbe farmi intuire quando è venuta la fine, e sinceramente questo non lo voglio saperlo. In secondo luogo, adesso che ci penso, non credo che il saperlo cambierebbe le cose. Se torno indietro… ehi, sei proprio sicuro che ritornerei nello stesso luogo e nello stesso tempo da cui sono partito?»

«Almeno molto vicino.»

«Benissimo. In questo caso, non mi interessa se è un anno o diecimila. E intanto non dovrò pensare ai miei amici diventati vecchi o ai miei amici morti, né a niente di simile; quando tornerò indietro li troverò ancora.»

«Ritroverai i tuoi amici.»

«Benissimo, per quanto riguarda la Prima Domanda. Anche la Terza Domanda ha avuto una risposta. Era: Che mi succederà, qui?»

«Sono contento che abbia già avuto una risposta.»

«Benissimo; resta solo la domanda di mezzo, Philos; Perché proprio io

«Ti prego di…»

«Perché proprio io? Perché non avete prelevato qualcun altro? O, se dovevo essere proprio io, perché vi siete presi questo disturbo? Stavate provando il vostro macchinario e avete preso quello che vi capitava? Oppure io ho qualche qualità speciale, qualche capacità di cui avete bisogno? Oppure… maledizione, oppure l'avete fatto per impedirmi di fare qualcosa nel mio tempo?»

Philos arretrò davanti alla sua veemenza… non tanto per paura, quanto per la sorpresa e il disgusto, come si può arretrare davanti a una fognatura esplosa.

«Cercherò di rispondere a tutte queste domande» disse freddamente, dopo aver concesso a Charlie trenta secondi di silenzio per udire l'eco spiacevole della sua stessa voce, per essere certo che avesse finito. «In primo luogo, abbiamo preso te e te soltanto, e non potremmo aver preso altri. In secondo luogo: sì, cercavamo proprio te, perché possiedi una qualità speciale. L'ultima parte è ridicola, illogica e neppure degna della tua collera, e credo che sarai d'accordo con me. Perché guarda: (quel “guarda” significava: “attendi, ragiona, osserva, rifletti”) dato che hai ogni probabilità di venir riportato quasi esattamente nel punto da cui sei partito, in che modo il tuo comportamento potrebbe influire sui tuoi atti successivi? Sarà passato pochissimo tempo.»

Charlie rifletté, corrucciato. «Bene» disse alla fine, «forse hai ragione. Ma io sarò diverso, non ti pare?»

«Perché ci hai conosciuti?» Philos rise, gentilmente. «E credi davvero che l'averci conosciuti possa veramente renderti diverso da quello che eri?»

Nonostante i suoi desideri, un lieve sogghigno comparve all'angolo della bocca di Charlie. Philos aveva una risata simpatica. «Credo che non sarà possibile. D'accordo.» Poi chiese più garbatamente: «Allora ti dispiacerebbe dirmi che ho di tanto speciale per voi?».

«Non mi dispiace affatto» (fu una delle volte in cui l'idioma di Charlie trasparì bizzarramente: Philos lo stavo imitando, ma con simpatia). «È l'obiettività.»

«Sono irritato, sbalordito e sperduto. Che diavolo di obiettività può mai essere questa?»

Philos sorrise. «Oh, non ti preoccupare, sei all'altezza delle nostre necessità. Ascolta: hai mai avuto l'esperienza di sentire un estraneo, non necessariamente uno specialista, che abbia detto qualcosa sul tuo conto, qualcosa che ti ha insegnato qualcosa di te stesso… qualcosa che non avresti mai potuto sapere, senza quell'osservazione?»

«Credo che sia capitato a tutti.» Ricordò quella volta che aveva sentito la voce d'una delle sue amiche giungere, inconfondibilmente, attraverso il sottile divisorio di uno stabilimento balneare a South Beach… e stava parlando di lui! Diceva: «…e la prima cosa che ti dice è che non ha mai frequentato l'università, e che si è abituato da tanto tempo a fare concorrenza ai laureati che non gliene importa più nulla». Non era una cosa di gran conto e neppure dolorosamente imbarazzante, ma non parlò mai più a nessuno della faccenda dell'università; perché non aveva mai supposto di dirlo sempre, e non aveva saputo quanto era sciocco dirlo.

«Bene, allora» disse Philos. «Come ti ho spiegato, noi siamo una razza nuova e consideriamo nostro dovere sapere tutto ciò che possiamo sul conto di noi stessi. A questo scopo noi abbiamo strumenti che non saprei neppure descriverti. Ma l'unica cosa, come specie, che non possiamo avere, è l'obiettività.»

«Può essere verissimo, ma io non sono molto abile ad osservare le razze o le specie o le civiltà o cose del genere.»

«E invece lo sei. Perché sei diverso. Basta questo per fare di te un esperto.»

«E se quello che osserverò non mi piacerà?»

«Non capisci» disse premuroso Philos «che non ha importanza? Che noi ti andiamo a genio o no, sarà soltanto un fatto fra tanti altri. Noi vogliamo sapere cosa accade di ciò che vedi, quando è stato filtrato attraverso il tuo pensiero.»

«E quando lo saprete…»

«Conosceremo meglio noi stessi.»

Ironicamente, Charlie disse: «Tutto quello che saprete sarà ciò che penso io».

Altrettanto ironicamente, Philos disse: «Possiamo sempre non essere d'accordo…».

Risero insieme, finalmente. Poi: «Va bene» disse Charlie Johns. «L'hai spuntata.» Sbadigliò poderosamente e si scusò. «Quando cominciamo? Qual è la prima cosa in programma per domattina?»

«Pensavo che…»

«Senti» supplicò Charlie «è stata una giornata pesante, e io sono sfinito.»

«Sei stanco? Oh, bene, non mi dispiace aspettare mentre tu riposi ancora un po'.» Philos si sistemò più comodamente sul sedile.

Dopo un istante di silenzio perplesso, Charlie disse: «Voglio dire, debbo dormire un po'».

Philos scattò in piedi. «Dormire!» Si portò la mano alla fronte, la colpì. «Oh, ti chiedo scusa; me ne ero dimenticato. Naturalmente! E come fai?»

«Eh?»

«Noi non dormiamo.»

«Non dormite?»

«Tu come fai a dormire? Gli uccelli mettono la testa sotto l'ala.»

«Io mi sdraio, chiudo gli occhi. Poi… resto lì disteso, ecco tutto.»

«Oh, sta bene. Aspetterò. Quanto tempo?»

Charlie lo guardò di sbieco; forse scherzava.

«Di solito otto ore.»

«Otto ore!» E immediatamente, cerimoniosamente, come se si vergognasse di aver dimostrato ignoranza e curiosità, Philos si avviò verso la porta. «Farò meglio a lasciarti solo, allora. Ti va bene?»

«Benissimo.»

«Se vuoi qualcosa da mangiare…»

«Grazie, me l'hanno spiegato quando mi hanno detto come far funzionare le luci, ricordi?»

«Benissimo. Troverai i vestiti nell'armadio, qui.» Toccò o sfiorò un ghirigoro nella parete di fronte. Una porta si dilatò e si richiuse di scatto. Charlie intravide tessuti clamorosamente vivaci. «Scegli quelli che preferisci. Ah…» esitò. «Ti accorgerai che tutti… nascondono, ma noi abbiamo cercato di farli comodi, nonostante tutto. Ma vedi… nessuno dei nostri aveva mai visto un maschio, prima d'ora.»

«Voi siete femmine!»

«Oh, no!» disse Philos, fece un cenno di saluto e se ne andò.

Smith va matto per il Vecchio Bucaniere, osserva Herb Railes, in piedi nel bagno degli Smith, a piano terreno, mentre guarda nell'armadietto dei medicinali. L'armadietto dei medicinali è sulla parete sopra la toeletta, e c'è un altro armadietto sopra lo scaffale dei cosmetici, vicino al lavabo. Queste case hanno tutte due armadietti. Nel prospetto vengono definiti Per lui e Per lei. Jeannette li ha chiamati Per lui e Per Noi, e a quanto pare Tillie Smith si sta veramente associando, come ha detto poco prima Herb, perché dei quattro ripiani, uno e mezzo è pieno di ninnoli e aggeggi femminili.