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— La porta dev’essere spalancata.

Onde d’urto si ripercossero sulla sabbia. Il mare calmo cominciò a fremere, l’acqua si alzò sulla spiaggia come da un vaso in ebollizione.

— La porta è immensa — disse il Mago. La voce era soffocata. — Forse ogni seme della Terra ha la stessa intensa reazione esplosiva quando finalmente si divide in due, spinto verso la luce; ma sarebbe in grado di percepirne la sorgente? Il sole della visione è come quello che vedremmo noi, sul nostro orizzonte, anche se è gigantesco e offuscato… Sull’orizzonte sotto il sole morente la scogliera stessa è enorme. E anche l’essere sotto la sabbia, che si spinge verso il calore, disturba il mare…

— Fuoco e acqua.

— È un rischioso inizio di vita… un equilibrio di fuoco e di acqua, di calore e di gelo. La scogliera nera racchiude la forgia. Il crogiolo.

— Il bisogno — sussurrò Terra. — Il bisogno…

Il centro si spalancò: una grotta di denti colorati o una bocca piena di gioielli. Inghiottì i propri detriti; inghiottì l’ultimo frenetico impulso sotto la sabbia. I riflessi di fuoco dentro la grotta percossero come ali le pareti ingemmate.

— Fuoco…

Un milione di messaggi, tutti provocati dal fuoco interiore del pianeta. Giunture sigillate, superfici levigate, energia zigzagante lungo eleganti disegni di strutture. Una testa bianca esplose dalla scogliera in una pioggia di stelle. Poi l’onda di marea colpì.

— Acqua.

— La guarigione — disse Terra. La parola sgorgò come un lieve respiro.

Jase la guardò. Era seduta sul pavimento, tenendo una mano posata sul fucile al suo fianco, anche se pareva aver dimenticato l’arma, la lancia, ogni cosa o persona a bordo. I suoi occhi erano persi nel vuoto, inermi, risplendenti di visioni.

Jase tornò a girarsi verso lo schermo esterno, sentendosi stordito, spiazzato, con la testa piena della soggettiva e approssimata raffigurazione dei sogni. Le due voci si sostenevano e si sovrapponevano a vicenda. Il linguaggio non era mai del tutto preciso, danzava sempre sulla superficie della visione stessa, come luce su acqua, illuminava ma non determinava. Una trasformazione mediante fuoco e acqua… di che cosa?

— Cosa vediamo, mi chiedo — meditò il Mago. — O come? Tramite occhi alieni, la visione di una mente aliena? Oppure quest’essere osserva se stesso nel suo formarsi? Vediamo il suo stesso schema biologico, osserviamo il suo retaggio di messaggi genetici, la sua visione interiore di ordini ai quali bisogna rispondere? La scogliera, il sole, il mare, ricordi ereditari, un codice di trasformazione, per cui il sole che vediamo si trova nelle sue cellule, nel suo essere? Forse il vero sole è ancora cambiato da quando è stato ereditato il messaggio…

Un getto di vapore sgorgò dalla scogliera. Oscurò il mare, il sole, rimase sospeso come una densa nebbia tropicale sopra ogni cosa. Lunghe onde si arrotolarono come riccioli sulla sabbia, si srotolarono fino al limitare della grotta, si ritrassero lentamente, pesantemente, trascinando la sabbia con sé. Strato dopo strato di ametista, che colorava l’acqua di viola confuso…

— Un’onda — disse il Mago. — Un’altra onda… Un’altra…

Jase lanciò un’occhiata al cronometro, ma il tempo non gli si impresse in mente. Non aveva significato. “Ecco”, pensò. “Ecco la sensazione che provavo: il tempo è diverso. Tutte le mie abitudini riguardanti il tempo sono tenute in sospeso.” Si rese conto del silenzio di Aaron, accanto a sé. Concentrandosi, riuscì a sentirne il respiro, lento e quasi impercettibile, ritmato con il conteggio delle onde fatto dal Mago. Si chiese se doveva reagire, se doveva aprirsi a forza un varco nell’ipnosi generale. Poi pensò: “Al diavolo, ho chiesto io una spiegazione.”

Finalmente, dopo un numero imprecisato di onde, il Mago disse: — Ci sono dei contorni sotto la sabbia.

— Signore — si inserì la Ero.

— Qui Ero. La flotta ha raggiunto il Pianto volante e lo scorta. Richiesta di ordini.

— Limitatevi a scortarli — disse calmo Jase. — Mantenete il silenzio.

— Disegni sulla sabbia — disse Terra.

— Filigrana come ragnatela… Un merletto che ricopre la spiaggia… Qualunque cosa sia, è enorme.

Metamorfosi, pensò Jase, ricordando una delle inesplicabili allusioni di Terra. Solo che questa era una larva intelligente, e aveva un bozzolo di ametista, e si tuffava nel fuoco e nell’acqua mentre cambiava. Una larva consapevole della propria struttura, che aveva inviato uno schema della sua trasformazione attraverso chissà quanti anni luce.

— Signore. Ancora Ero - disse il comandante della flotta in tono irritato. — Stiamo intercettando conversazioni senza senso dal Pianto volante.

Jase sospirò silenziosamente. — Registratele sul giornale di bordo — suggerì. — Potrebbero essere una specie di codice. Continuate ad ascoltare.

— Signore — mormorò Aaron, destato dal suo stato di trance. — Che diavolo succede? Non riesco a smettere di vedere… di immaginare cose. Io che non ho mai avuto un briciolo d’immaginazione. Il Mago… mi fa vedere le cose che dice. E lei pure. Cosa… Come fanno?

— Non lo so. Aspettiamo.

— Ossa — mormorò Terra. — Ossa di cristallo.

Il fragile scheletro luccicante giacque immobile sulla sabbia, traendo di tanto in tanto barbagli di fuoco dal debole sole, quando la nebbia si attenuava. Il sole brillava come brace ardente fra il fumo rossastro. Un’altra onda scrosciò, si ritrasse. Un’altra.

— Il calore — disse il Mago — deve averne vetrificato la struttura. Era ancora tanto incandescente quando è strisciata fuori dalla fornace, che ha fuso la sabbia, i minerali, qualsiasi cosa ci fosse. Ha formato una membrana fra ogni… fra ogni osso. Non so di cosa sia fatta. Sembrano ali di cristallo piombato e vetro colorato. Ma non è possibile, se sono previste per volare.

— Buio — disse Terra, ma questa volta non c’era angoscia nella sua voce. — Il bisogno è vedere. Vedere il sole.

— La parte principale del corpo è ancora sepolta. Il cervello.

Jase si sorprese a cercare di immaginare un cervello alieno, poi rinunciò. Al suo fianco, Aaron si mosse leggermente, come turbato dall’identica immagine. Si girò brevemente per lanciare un’occhiata a Terra, e nei suoi occhi lo stupore lottava con l’ostilità.

— È reale?

— Dio, non lo so — disse Jase. — Aaron, cos’è più importante in questo momento? La legge? La pena? La nostra scorta di carburante? Non so cos’è reale. Ma so cos’ha attirato la mia attenzione.

— Il bisogno è vedere…

— Il sincronismo è sorprendente — disse il Mago. — I bisogni sono precisi, cruciali… un momento di fuoco, un momento di acqua, il sole… il pozzo di magma, il mare per raffreddare la creatura, l’azione delle onde sufficiente a disseppellirla, e il tutto alla luce del giorno, non di notte… Sette anni terrestri per preparare pochi istanti decisivi.

“Ma che cos’è?” pensò Jase affascinato. “Che cosa?”

— Cominciano ad apparire i contorni del corpo. Sembra… — Si interruppe con un mormorio di sorpresa. Tentò di parlare di nuovo, senza riuscirci. — Non riesco… — All’improvviso ansimava, a sprazzi. — Troppo… troppo rapido. Non posso… Non posso…

— Mago. — Terra alzò Ieggermente la voce. — Non è per te. La conoscenza. Non ascoltarla. Lascia perdere. La conoscenza non è per te. Solo la visione.

Ci fu un lungo silenzio; Jase fissò con aria assente la spia luminosa dell’intercom, come se potesse udire, sotto la statica e il debole brusio, la massa di dati che si precipitava nella mente del Mago.