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Ad aspettarli c’erano guardie, dottori, personale dell’obitorio. Jase uscì con movimenti rigidi, senza un’occhiata al corpo che giaceva sul pavimento della cabina. Il dottor Fiori lo prese per un braccio.

— Cos’è successo? Le avete sparato? — Arrossì, vedendo l’espressione di Jase. — Scusate. Avrei dovuto dire: siete stato costretto a spararle?

— Non ero armato — rispose Jase con tono glaciale. — E nemmeno il signor Fisher. È morta, tutto qui.

— Di cosa?

— Siete voi il dottore. — Mosse un passo verso la scaletta, poi si fermò. — Datele un’occhiata. Quando avrete terminato, venite nel mio ufficio. Aaron…

— Vorrei parlarvi — disse Aaron.

— Non ora. Andate a parlare a Michelle.

Aaron non si mosse, pallido in viso. Deglutì. — Non so se…

— Avete passato sette anni a cercarla! Se non altro potrete spiegarle cos’è successo a sua sorella.

Aaron lo fissò, e finalmente sulle guance gli tornò un po’ di colore. Rimase senza parole per qualche istante. Jase attese. — Ditemelo voi — disse infine Aaron con rabbia. — Cos’è successo?

Jase rimase in silenzio, raccogliendo la sfida inespressa. “Cinquantasei anni”, pensò stancamente. “Per nove anni direttore di Averno. Una carriera oscura ma rispettabile, secondo le regole, senza ambiguità. Ed ecco cosa mi tocca adesso.”

— Andate — disse piano, senza possibilità di discussione. Aaron ubbidì.

Jase riuscì finalmente a raggiungere il suo ufficio. Nils gli diede una birra gelata. Jase ne bevve tre quarti prima di parlare. Si appoggiò allo schienale della poltrona ad aria inclinato al massimo e sospirò.

— Viaggio piacevole? — chiese Nils cordialmente.

Jase fissò il tappeto. — È azzurro.

— Il magazzino era a corto di grigio. Allora, com’è morta Terra Viridian?

— Ha smesso di respirare. — Rimase qualche attimo in silenzio, grattando via l’etichetta della bottiglia di birra. Nils si sedette sul bordo della scrivania.

— Tutto qui? Musicisti in visita favoriscono evasione di detenuta, direttore cattura detenuta e malfattori senza sparare un colpo, detenuta muore, tutti gli altri vanno in galera. Fine?

Jase si strofinò gli occhi. — Sembra facile, no?

— Tutto chiaro. — Si interruppe, guardando Jase. — Quindi, dov’è il problema?

Jase lasciò ricadere la mano. Sulla soglia c’era il dottor Fiori. — Direttore Klyos?

— Avanti. — Si raddrizzò.

— Direttore Klyos, mi dispiace d’avervi assalito con una domanda così poco felice, ma volevo solo…

— Non pensateci più. Dottor Fiori, vorrei esaminare i nastri della Macchina dei Sogni riguardanti la visione di Terra.

Il dottore emise un suono soffocato e amaro. — Li ha distrutti.

— Chi? Terra?

— Sparando per aprirsi la strada. Non c’è più niente di recuperabile, nei nastri o nel computer.

Jase brontolò qualcosa.

— Prego?

— Ho detto che quadra.

Il dottor Fiori si avvicinò di un passo, guardandolo attentamente. — Perché? Ha fatto… Ha detto qualcosa, o ha fatto qualcosa mentre era con voi, che ritenete significativo? Importante?

— In un certo senso. — Si appoggiò di nuovo allo schienale, con aria stanca. — Penso che… sia rinsavita, proprio prima di morire. È arrivata alla fine della visione, ed è tornata… normale. — Rivolgendosi a Nils, che sembrava vagamente a disagio per quel discorso nebuloso, aggiunse: — È tutto registrato sui nastri della lancia.

— Cos’ha fatto? — mormorò il dottor Fiori.

— Ha dato il fucile al signor Fisher e gli ha chiesto di perdonarla. Gli aveva ucciso la moglie nel Settore Deserto, sette anni fa. È stata l’ultima cosa che ha detto. Ha semplicemente smesso di vivere.

Nils emise un fischio. — Abbiamo fatto venire Fisher quassù per fargli passare un’esperienza del genere?

— Nils, sono cose che è meglio dimenticare.

— Ma perché? — chiese il dottor Fiori. — Perché l’ha fatto? Ha ammesso il suo crimine, ha accettato la colpa, la responsabilità del dolore di un’altra persona… la donna che ho esaminato qui non ne sarebbe mai stata capace. Perché è cambiata? Direttore Klyos, cos’è accaduto nello spazio? Qualcosa dev’essere successo.

Jase lo guardò. — Secondo voi cosa può averla spinta a comportarsi così?

— Si è resa conto che sua sorella Michelle era in pericolo a causa dell’evasione, ha capito la propria colpa, ha accettato la responsabilità delle proprie azioni. Ha smesso di fuggire, si è girata ad affrontare quello che aveva fatto e… non so… avrà deciso che non voleva vivere con la sua colpa.

Jase brontolò: — Sembra plausibile.

— È questo che è successo?

— Più o meno. — Nils gli lanciò un’occhiata penetrante, poi si alzò e si accostò alla propria scrivania, volgendo le spalle a Jase. Il dottor Fiori fissò Jase, mordicchiandosi il labbro inferiore, perplesso.

— È arrivata alla fine della visione — ripeté. — Avete detto così, direttore Klyos. Avete usato il suo linguaggio.

— Già — disse Jase, sorpreso.

— Cos’è successo?

— Dottor Fiori, quando lo scoprirò ve lo farò sapere. Ve lo prometto. Ora, se volete scusarmi, dovrei prendere alcune decisioni.

Il dottor Fiori si girò per uscire. Si fermò alla porta. — Direttore Klyos, se era tutto… se era tutto così semplice… allora quale demone si è impadronito del musicista?

— Ottima domanda — disse Jase, e non rispose. Quando il dottor Fiori fu uscito, si rivolse alla schiena di Nils. — Sidney Halleck è ancora in viaggio?

— No. Quando avete detto che il Mago tornava indietro, ho rimandato la spaziomobile sulla Terra. Non mi è sembrato necessario far venire qui anche lui. — Si girò finalmente a guardare Jase, e chiese incuriosito: — Cos’è successo a Terra? Cos’è successo a voi?

Il Mago, sotto buona scorta, era occupato a registrare per Scalo Uno tre brani di Bach sulla tastiera del Pianto volante, quando Aaron salì a bordo. Alcune guardie sostavano all’esterno del portello aperto; seguirono con lo sguardo Aaron che percorreva la rampa, ma non lo fermarono. Altre due guardie, armate di fucile, si trovavano all’interno.

— Lo sorveglio io — disse Aaron. Le guardie si scambiarono un’occhiata. Lui aggiunse: — L’ho riportato indietro, no? Tutto intero, in modo che possiate far uscire ancora le spaziomobili. Datemi dieci minuti.

— Cinque minuti, signor Fisher — disse infine uno dei due. — Ma prima lasciategli terminare il nastro.

Aaron si appoggiò alla paratìa, perché non se la sentiva di sedersi. Chiuse gli occhi; per un momento riordinò passato e futuro. Era di nuovo allo scalo del Settore Costadoro; il Mago, con la schiena rivolta alla luce del mattino, suonava musica; per un istante ci fu ancora un futuro. Aprì gli occhi, udendo l’intercom gracchiare.

— Dovremmo esserci. Restate lì finché non ne siamo sicuri. Lo facciamo girare di nuovo.

Il Mago restò immobile, in ascolto. Il nastro di Scalo Uno ripeté le parole d’ordine, identiche fino all’ultima nota.

— Perfetto — disse.

— Grazie, signor Restak. Ci auguriamo che gradirete la lunga permanenza che vi aspetta in questo luogo pieno di aria riciclata, luce artificiale e alloggiamenti grandi come bare. Dite addio alla tastiera.