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In archelingua, o inglese standard, poteva essere reso così:

La riproduzione dell’Ordine del giorno del Grande Fratello nel «Times» del 3 dicembre 1983 è estremamente insoddisfacente e fa riferimento a persone inesistenti. Riscrivere da cima a fondo e prima di archiviare sottoporre la bozza all’autorità superiore.

Winston lesse attentamente l’articolo incriminato. A quanto pare, l’Ordine del giorno del Grande Fratello conteneva soprattutto un elogio della SFV, un’organizzazione che riforniva di sigarette e altri beni di conforto i marinai delle Fortezze Galleggianti. Un certo compagno Withers, membro di spicco del Partito Interno, aveva ricevuto una menzione speciale e una decorazione, l’Ordine del Gran Merito, Seconda Classe.

Tre mesi dopo la SFV era stata sciolta, senza apparente motivo. Si poteva dedurne che Withers e sodali fossero caduti in disgrazia, ma di tutto ciò non vi era stato resoconto alcuno, né sulla stampa né in televisione. Non c’era nulla di strano, perché non accadeva quasi mai che chi si macchiava di crimini politici venisse processato o denunciato alla pubblica opinione. Le grandi purghe che coinvolgevano migliaia di persone, i processi pubblici di traditori e psicocriminali che prima di essere giustiziati rendevano le più abiette confessioni, erano eventi spettacolari, che avevano luogo al massimo una volta ogni due anni. In genere succedeva che chi incorreva nella disapprovazione del Partito spariva e basta, e non se ne sentiva parlare più. Non si aveva la più pallida idea di quale fosse il suo destino. In qualche caso, forse, non era nemmeno morto. Lasciando da parte i suoi genitori, almeno una trentina di persone che lui conosceva personalmente erano scomparse, chi prima chi dopo.

Winston si grattò il naso con una graffetta. Nel cubicolo di fronte al suo, il compagno Tillotson era ancora acquattato con aria furtiva sul suo parlascrivi. Alzò un istante la testa. Di nuovo quel riflesso ostile sui suoi occhiali. Winston si chiese se Tillotson non stesse lavorando allo stesso caso. Era possibilissimo. Un compito così infido non sarebbe mai stato affidato a una sola persona. D’altra parte, se lo si fosse affidato a una commissione, sarebbe stato come ammettere apertamente che un processo di falsificazione era in atto. Con ogni probabilità, in quel momento almeno una dozzina di persone stavano lavorando a versioni rivali di quello che il Grande Fratello aveva veramente detto. Dopodiché qualche testa pensante del Partito Interno avrebbe scelto questa o quella versione e l’avrebbe fatta ristampare, mettendo in moto i complessi processi di verifiche incrociate imposti dalla circostanza. A quel punto la menzogna prescelta sarebbe passata nell’archivio permanente e sarebbe diventata verità.

Winston non sapeva per quale motivo Withers fosse caduto in disgrazia. Forse per corruzione, o incompetenza, o forse perché il Grande Fratello si stava semplicemente liberando di un subordinato divenuto troppo popolare. Poteva anche darsi che Withers o qualcuno vicino a lui fosse divenuto sospetto di tendenze eterodosse. Ancora più probabilmente, tutto ciò era dovuto al fatto che purghe e vaporizzazioni costituivano fenomeni indispensabili alla dinamica del Partito. L’unico indizio concreto era offerto dalle parole “rifer nonpersone”, da cui si evinceva che Withers era già morto, una conclusione alla quale non si poteva giungere automaticamente quando le persone venivano arrestate. A volte, infatti, venivano rilasciate, consentendo loro uno o due anni di libertà prima di giustiziarle. In casi più rari qualcuno che si reputava morto da tempo riappariva, come un fantasma, in qualche pubblico processo in cui coinvolgeva centinaia di altre persone prima di sparire nuovamente, questa volta per sempre. Withers, comunque, era già una nonpersona: non esisteva, non era mai esistito. Winston decise che non sarebbe stato sufficiente capovolgere le direttrici del discorso del Grande Fratello. Era meglio dargli dei contenuti totalmente nuovi, che non avessero nulla a che fare col soggetto originario.

Poteva far coincidere il discorso con la solita denuncia dei traditori e degli psicocriminali, ma era troppo ovvio. D’altra parte, l’invenzione di una vittoria militare o di risultati eccedenti qualsiasi ottimistica previsione nel Nono Piano Triennale avrebbe comportato troppe revisioni nei dati già archiviati. Ci voleva un pezzo di pura fantasia. All’improvviso gli venne alla mente, per così dire bell’e fatta, l’immagine di un certo Compagno Ogilvy, da poco morto eroicamente in battaglia. Di tanto in tanto il Grande Fratello dedicava il suo Ordine del giorno alla commemorazione di qualche oscuro e devoto membro del Partito la cui vita e la cui morte egli proponeva come esempio da seguire. Ebbene, oggi avrebbe commemorato il Compagno Ogilvy. Era vero che un personaggio come il Compagno Ogilvy non esisteva, ma fra poco qualche rigo di stampa e un paio di fotografie false gli avrebbero dato vita.

Winston stette a pensare per un po’, dopodiché tirò il parlascrivi verso di sé e cominciò a dettare nello stile tipico del Grande Fratello, uno stile al contempo militaresco e pedante e, in conseguenza del vezzo di formulare simultaneamente domande e risposte (“Quale lezione apprendiamo da questo fatto, compagni? La lezione, che costituisce anche uno dei principi basilari del Socing, che…”), facile da imitare.

All’età di tre anni il Compagno Ogilvy aveva rifiutato ogni giocattolo, eccezion fatta per un tamburo, una pistola automatica e un modellino di elicottero. A sei anni (vale a dire con l’anticipo di un anno, in virtù di una speciale deroga alla norma) era entrato nelle Spie, a nove comandava un plotone. A undici anni, captata una conversazione che gli era parsa caratterizzata da orientamenti criminali, aveva denunciato lo zio alla Psicopolizia. A sedici era stato l’organizzatore della Lega Giovanile Antisesso di quartiere. A diciannove aveva progettato una bomba a mano che era stata adottata dal Ministero della Pace e che, al primo cimento, aveva ucciso trentuno prigionieri eurasiatici in un colpo solo. A ventitré anni era morto in guerra. Inseguito da caccia nemici mentre volava sull’Oceano Indiano trasportando importanti dispacci, si era zavorrato il corpo stringendo al petto la mitragliatrice e, balzato fuori dell’elicottero, si era lanciato in mare, dispacci e tutto: una fine, osservava il Grande Fratello, che era impossibile contemplare senza provare sentimenti d’invidia. Il Grande Fratello aggiungeva poi qualche considerazione sull’irreprensibilità e coerenza della vita del Compagno Ogilvy. Astemio, non fumatore, il suo unico divertimento consisteva in un’ora di palestra al giorno. Aveva fatto voto di celibato, ritenendo il matrimonio e la cura di una famiglia incompatibili con un attaccamento diuturno al dovere. Non aveva argomenti di conversazione al di fuori dei principi del Socing, né altri scopi nella vita che non fossero la sconfitta dell’Eurasia e la caccia serrata a spie, sabotatori, psicocriminali e traditori in genere.

Winston fu a lungo in dubbio se concedere o meno al Compagno Ogilvy l’Ordine del Gran Merito, optando infine per il no, perché in tal caso si sarebbero dovute apportare tutta una serie di modifiche ai documenti ufficiali.

Rivolse di nuovo lo sguardo al rivale della cabina di fronte. Qualcosa gli diceva che Tillotson era impegnato nel medesimo compito. Non c’era modo di sapere quale versione sarebbe stata adottata alla fine, ma nel suo intimo aveva la convinzione che si sarebbe trattato della sua. Il Compagno Ogilvy, neanche immaginato fino a un’ora prima, era adesso realtà. Gli parve una cosa curiosa che si potessero creare i morti e non i vivi: il Compagno Ogilvy, che nel presente non era mai esistito, esisteva ora nel passato e, una volta che fosse caduto nell’oblio l’atto di falsificazione che lo riguardava, avrebbe posseduto la stessa concretezza, autentica e documentata, di Carlo Magno o Giulio Cesare.