Выбрать главу

«Questo è vero sia per gli uomini sia per il monolito.»

«Noi tre dobbiamo diventare gli amministratori dell’imprevisto e i guardiani di questo mondo. Tu hai già conosciuto gli Anfibi; ancora devi incontrare le Corazze di Silicio che si scaldano ai fiumi di lava e i Fluttuanti che raccolgono le messi nel mare. Il nostro compito è di aiutarli a sviluppare il massimo delle loro potenzialità… forse qui, forse altrove.»

«E gli uomini?»

«Vi sono stati momenti in cui ho avuto la tentazione di intervenire nelle cose degli uomini… ma l’avvertimento che è stato dato all’umanità vale anche per me.»

«Noi non l’abbiamo rispettato molto.»

«Molto no, ma abbastanza. Nel frattempo c’è parecchio da fare prima che la breve estate di Europa finisca e ritorni il lungo inverno.»

«Quanto tempo abbiamo?»

«Poco; meno di mille anni. E non dobbiamo mai dimenticare gli abitanti di Giove.»

EPILOGO

3001

60. MEZZANOTTE NELLA PIAZZA

L’edificio famoso che torreggiava in solitario splendore sopra i boschi di Manhattan non era cambiato molto in mille anni. Era parte della storia, ed era stato conservato con riverenza. Come tutti i monumenti storici, da lungo tempo era stato rivestito di una pellicola micrometrica di diamante, e da allora resisteva immune al trascorrere del tempo.

Chi fosse stato presente alla prima Assemblea Generale non avrebbe mai immaginato che erano trascorsi nove secoli. Tuttavia una cosa lo avrebbe lasciato perplesso, e cioè il lastrone nero eretto in mezzo alla piazza che ripeteva quasi la forma del Palazzo delle Nazioni Unite. Se lo avesse toccato, avrebbe notato con sorpresa che le dita scivolavano stranamente sulla sua superficie nera come l’ebano.

Ma più stupito sarebbe stato — anzi, sopraffatto dallo stupore — vedendo la trasformazione subita dal cielo…

Gli ultimi turisti se n’erano andati già da un’ora, e la piazza era deserta. Il cielo era sereno, e s’incominciava a scorgere qualcuno tra le stelle più luminose; le più deboli erano state cancellate dal minuscolo sole che poteva splendere anche a mezzanotte.

La luce di Lucifero si rifletteva non solo sul vetro nero dell’antico edificio ma anche sul sottile arcobaleno argenteo che attraversava il cielo a sud. Altre luci si spostavano lentamente lungo di esso: erano i traffici commerciali del sistema solare che collegavano tutti i mondi dei due soli.

E se si fosse guardato molto attentamente si sarebbe potuta scorgere la Torre di Panama: uno dei sei cordoni ombelicali di diamante che collegavano la Terra ai suoi figli dispersi nel cielo e che s’innalzavano per ventiseimila chilometri sopra l’equatore fino a raggiungere l’Anello che Cingeva il Mondo.

A un tratto, improvvisamente com’era nata, la luce di Lucifero prese a sbiadire. La notte che l’uomo non conosceva più da trenta generazioni tornò a occupare il cielo. Le stelle cancellate ritornarono.

E per la seconda volta in quattro milioni di anni il monolito si risvegliò.

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio Larry Sessions e Gerry Snyder, che mi hanno fornito la traiettoria che percorrerà la Cometa di Halley quando farà la sua ricomparsa. Essi non hanno responsabilità alcuna delle notevoli perturbazioni orbitali che io ho introdotto.

Sono riconoscente a Melvin Ross, del Lawrence Livermore National Laboratory, non solo per l’idea eccezionale dei pianeti con il nucleo di diamante, ma anche per avermi fatto avere copia del suo storico scritto (o così spero) sull’argomento.

Confido che al mio vecchio amico dottor Luis Alvarez non dispiaceranno le forsennate estrapolazioni che mi sono permesso sulle sue ricerche, e lo ringrazio per l’aiuto e le idee che mi da da trentacinque anni a questa parte. Ringrazio anche Gentry Lee, della NASA, con cui ho scritto a quattro mani Culla, per aver trasportato personalmente da Los Angeles a Colombo il Kaypro 2000 portatile che mi ha permesso di scrivere questo libro in vari luoghi — tutti esotici e isolati.

I capitoli 5, 58 e 59 si basano in parte su materiale tratto da 2010: Odissea due. (Se un autore non può plagiare se stesso, chi potrà plagiare?) Infine, confido che il cosmonauta Alexei Leonov mi abbia perdonato di avere unito il suo nome a quello di Andrei Sakharov (che era ancora in esilio a Gorki quando dedicai 2010 a entrambi). E mi scuso con il mio editore moscovita, Vassili Zharchenko, per avergli fatto passare dei guai facendomi dire il nome di vari dissidenti — la maggior parte dei quali, sono lieto di poterlo dire, non più in carcere. Un giorno, spero, gli abbonati di Tekhnika Molodezhy potranno leggere le puntate di 2010 così misteriosamente scomparse…

ARTHUR C. CLARKE

Colombo, Sri Lanka

25 aprile 1987

ADDENDUM

Da quando ho terminato il manoscritto, sono successe alcune cose strane. Credevo di aver scritto un romanzo di fantascienza: può darsi che mi sia sbagliato. Si considerino i seguenti avvenimenti:

1. In 2010: Odissea due l’astronave Leonov era mossa dal «motore Sakharov».

2. Mezzo secolo dopo, in 2061: Odissea tre, capitolo 8, le astronavi si spostano in virtù della reazione a catalizzazione muonica, la «fusione fredda» scoperta da Luis Alvarez et al. negli anni Cinquanta (se ne veda l’autobiografia: Alvarez, Basic Books, New York, 1987).

3. Secondo il numero di Scientific American del luglio 1987, il dottor Sakharov sta ora lavorando alla produzione di energia nucleare fondata sulla «… fusione a catalizzazione muonica, o «fusione fredda» che sfrutta le proprietà di una strana particella elementare dalla vita brevissima collegata all’elettrone… I sostenitori della «fusione fredda» fanno rilevare che tutte le reazioni fondamentali avvengono a soli 900 gradi centigradi…» (dal Times di Londra del 17 agosto 1987).

Resto ora in attesa, con grande interesse, dei commenti dell’accademico Sakharov e del dottor Alvarez…

ARTHUR C. CLARKE

10 settembre 1987