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«Abbiamo avuto ben altro da fare che questo, durante tutta la notte» disse.

Kenniston apprese allora ciò che era accaduto a Middle­town, dopo che il sindaco aveva finito di palare. Morti per sincope, suicidi, tentativi di saccheggio nelle vie più periferi­che. Una dozzina di persone, in gran parte ubriachi, era mor­ta di congelamento.

«Ma le barriere ai limiti della città ci hanno dato il maggior filo da torcere» continuò Kimer, con voce stanca. «Dovete sapere che parecchie persone provenienti da fuo­ri sono state colte qui dall’accaduto. Queste, oltre ad alcuni cittadini di Middletown, hanno cercato di uscire a forza dalla città.»

Poi aggiunse, mentre ritornava verso la sua automobile:

«Mi hanno detto che questa notte più di duemila persone sono state battezzate.»

«Veniamo con voi al Municipio» gli disse Hubble. «Sì, vieni anche tu, Ken. Per questo piano di evacuazione conto sul tuo aiuto, oltre che sull’aiuto del sindaco. Devi soprattut­to aiutarmi a convincere il sindaco.»

Pareva impossibile che quel piccolo sindaco grassottello potesse diventare un problema. Era stato fino ad allora doci­le, pateticamente ansioso di accogliere suggerimenti e di ese­guire ordini, ma quando, in Municipio, Hubble lo mise di fronte alla necessità di un piano per evacuare la città, sul viso del sindaco Garris apparve una sorda e ostinata irritazione.

«Ma è una cosa da pazzi!» sbottò. «Volete prendere tutta una città di cinquantamila abitanti e portarla in un al­tro posto, un posto di cui non sappiamo nulla. È una cosa da pazzi.»

«Vi sono abbastanza autobus, automobili e autocarri per trasportare la popolazione e le provviste» lo rassicurò Hub­ble. «E vi è abbastanza benzina per trasportare tutto.»

Dapprima i membri del consiglio reagirono nello stesso modo del sindaco. Kenniston, in cuor suo, non li biasimava del tutto. Le difficoltà di spostare una popolazione di cin­quantamila abitanti e di trasportarla letteralmente, nel mi­nor tempo possibile, in un luogo che nessuno di loro aveva veduto né udito nominare fino a quel momento, erano tali da preoccupare chiunque. Ma gli argomenti di Hubble erano inattaccabili. Bisognava muoversi o morire, e tutti i presenti se ne resero perfettamente conto, cosicché, alla fine, la deci­sione venne approvata. Il sindaco Garris, povero ometto sfi­nito e atterrito, se ne andò per trasmettere il comunicato alla popolazione.

6

Carovana verso il domani

Kenniston non riuscì nemmeno più a tener dietro al corso delle sue stesse emozioni, nell’impeto degli avvenimenti che seguirono e dei compiti che dovette svolgere. Il Municipio di­venne il ganglio nervoso centrale dell’operazione di evacua­zione. La polizia e la Guardia Nazionale vi si erano già riunite, e altri uomini furono chiamati: i commercianti all’ingros­so, i magazzinieri, i capi delle agenzie di trasporti, quelli del­le linee turistiche e di trasporto merci e passeggeri. McLain, il grosso e ossuto direttore della più grande casa di trasporti della città, si rivelò una tempra eccezionale di organizzatore. Era stato ufficiale dei trasporti nell’ultima guerra mondiale e aveva un’ottima esperienza del trasferimento di uomini e di cose.

La radio, ora, emetteva continuamente comunicati, dan­do istruzioni, diramando raccomandazioni e suggerimenti. Gli agenti della polizia e della Guardia Nazionale furono in­viati in ogni sezione della città, con un uomo responsabile a capo di ciascuna squadra. Avevano ordine di esaminare le ca­se, strada per strada, per assicurare una completa evacuazio­ne e anche per accertare quante macchine private avrebbero potuto essere adibite al trasporto. Gli autobus della città po­tevano naturalmente evacuare soltanto una piccola parte della popolazione.

Fu McLain che pensò ai pazienti degli ospedali di Middletown, e inviò uomini a raccogliere ambulanze, generi di conforto e qualsiasi cosa potesse loro servire. I furgoni della polizia e alcuni grossi autocarri militari furono adibiti alla traduzione dei prigionieri dalle carceri, a eccezione di pochi che vennero rimessi in libertà. Ma tanto gli ammalati quanto i prigionieri vennero trasferiti per ultimi, allo scopo di assi­curare loro alloggi adatti nella nuova città.

Colonne di autocarri vennero inviate ai magazzini, con elenchi frettolosamente compilati di tutti i viveri e altri gene­ri di prima necessità che dovevano essere trasportati insieme alla popolazione.

«Possiamo organizzare più tardi una linea di autocarri per le provviste che occorreranno in seguito» disse McLain a Kenniston. «Ma occorre portare ora i viveri e le cose di cui la popolazione avrà bisogno subito.»

Carol e sua zia erano state comprese nel primo giorno di evacuazione. Kenniston accomodò le cose in modo da poter­le andare a visitare prima della partenza.

Si pentì tuttavia di averlo fatto. La signora Adams stava piangendo nel salotto, e Carol lottava da sola con coperte, materassi e valigie, con un’espressione chiusa e amara sul volto, che Kenniston non riusciva a comprendere.

Il mattino seguente, prima delle nove, Kenniston lasciò il Municipio con McLain, allo scopo di controllare personalmente i preparativi. Sotto l’occhio freddo e rossastro del sole, Middletown appariva tutta permeata da una eccitata attività.

Le automobili venivano caricate al massimo, persino sui tetti e sui parafanghi. Riuniti i bambini, e legati i cani, le fa­miglie si radunavano in tutta fretta. Il rombo dei motori riempiva l’aria invernale. I grandi autocarri da trasporto rug­givano nelle strade prospicienti i magazzini, mentre le mac­chine della polizia si aggiravano dovunque, accompagnate dall’urlo delle sirene.

La gente nelle strade, carica di fagotti, di bambini e di ca­ni, appariva più stupita che spaventata. Alcuni, persino, ride­vano, un riso un po’ forzato, provocato dall’eccitazione. Solo poche donne singhiozzavano.

McLain e Kenniston giunsero in jeep nel centro della città. Là faceva capo il primo scaglione di partenti.

«Il primo e secondo scaglione usciranno dalla città nel­l’ordine previsto» disse McLain a Kenniston. «Del primo scaglione vi incaricherete voi, in quanto dovete indicare la strada.»

Gli agenti della polizia e della Guardia Nazionale stavano già incolonnando le macchine sulla South Jefferson Street. Gli autobus della città e quelli delle scuole erano affollati da coloro che non avevano auto proprie, e vi ammucchiavano i loro bagagli. Agenti della polizia in motocicletta correvano veloci dovunque trasmettendo gli ordini.

«Agganciate dei sidecar a quelle motociclette» ordinò McLain. «Non ce la farete altrimenti sul terreno acciden­tato.»

«Scaglionate lungo la colonna gli autocarri-officina, co­sicché possano riparare le macchine che si arresteranno per guasti» ordinò ancora.

E a un ufficiale della Guardia Nazionale gridò, con voce perentoria: «No, no! A che diavolo potrebbero servire, le vo­stre armi? Lasciatele nell’armeria e prendete invece cappotti, coperte, tende da campo e cose del genere!»

Poi McLain saltò su un’auto e si allontanò, gridando anco­ra a Kenniston: «Fate mettere in marcia la colonna per mezzogiorno! Farò suonare la sirena del Tubificio come se­gnale di partenza!»

Poi si allontanò per raggiungere il punto di raccolta del se­condo scaglione. Kenniston si trovò attorniato da agenti del­la polizia e della Guardia Nazionale, da deputazioni, funzionari, e un sacco di altre persone che gridavano e chiedevano il suo parere.

«Che dovremo fare, con quelle macchine? Almeno la metà di esse sono così sovraccariche che non giungeranno mai in nessun posto!»

Kenniston s’accorse che l’osservazione era giusta. Le mac­chine che giungevano erano stipate non solo di cose essen­ziali, ma anche di radio, strumenti musicali, grandi ritratti di famiglia in cornice, e ogni sorta di oggetti.