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«Il coordinatore mi ha preso per il cretino che sono» rifletté tristemente.

Il cigolio si udiva più forte. Forzon fece il giro delle finestre provviste di scuri, ma non riuscì a localizzarne la fonte. Salì al piano di sopra e vide un gruppo di soldati che, dal villaggio, veniva su per la collina, scortando un carro trainato da quella stessa specie di animale che il contadino possedeva. Lo scricchiolio sonoro proveniva dagli assi di legno delle ruote del carro.

Il gruppo giunse più vicino, e Forzon vide che sul carro c’erano due passeggeri: un uomo, disteso supino e immobile sul fondo; e una donna grassa, dal viso arrossato, che sedeva impettita sulla panca anteriore del carro. Entrambi indossavano il costume dei contadini, e nessuno dei due pareva degno d’interesse; ma Forzon li osservò attentamente, pensando che dei contadini ai quali si concedeva una scorta militare non dovevano essere contadini comuni.

Non lo erano, infatti. Egli non aveva mai visto l’uomo; ma, quando la donna fu abbastanza vicina per vederne il profilo, notò il nasino all’insù e la curva delicata delle guance, che nessun travestimento poteva nascondere all’occhio di un uomo esperto nella valutazione estetica delle linee e delle forme.

Era Ann Cory, Gurnil B-627, e il sussulto di Forzon nel riconoscerla mandò a posto, di colpo, alcune tessere del complesso rompicapo nel quale egli era coinvolto. Era evidente che due membri della squadra B avevano tentato di venirgli incontro ed erano rimasti vittime dello stesso tradimento che per un pelo non aveva intrappolato Forzon. Ann aveva mani e piedi legati. Anche il suo compagno era legato.

Passando di feritoia in feritoia, Forzon seguì con lo guardo il carro, finché non scomparve nella lontana foresta. Quando svanì, la situazione non gli pareva più chiara di quanto non lo fosse al mattino, ma almeno sapeva ciò che doveva fare.

Frugò un po’ dappertutto nelle stanze a pianterreno finché non trovò ciò che cercava: un coltello. Ovviamente molte altre cose gli sarebbero tornate utili, ma non riusciva a pensare ad altro che ad Ann, mani e piedi legati. Il coltello a falcetta sembrava rudimentale; ma era un inganno, perché aveva l’orlo irregolare talmente affilato da fare uscire del sangue, quando Forzon lo provò sul pollice. Si accorse con disappunto che non aveva tasche ed avviluppò il coltello nella sua mantella.

Fece una smorfia d’addio alla bambina, augurandosi sinceramente che la breve visita fatta ai suoi genitori non l’avrebbe resa orfana, lanciò un ultimo sguardo ai dipinti e fuggì dalla casa.

Intuiva che ogni sconosciuto che viaggiasse su quella strada, in quel giorno, sarebbe apparso sospetto; altrimenti, perché due esperti agenti della Squadra B sarebbero stati catturati? Ma non osò attendere la notte. La strada poco segnata aveva forse delle svolte improvvise, che gli potevano sfuggire, e delle biforcazioni che gli avrebbero imposto una scelta disperata, e con la posta in gioco, che era la salvezza di Ann Cory e del suo compagno, il meno che potesse fare era di non perdere di vista il carro e mandare al diavolo l’eventualità di un pericolo.

Si mise a correre.

Arrivato nella foresta si fermò per riprendere fiato e per ascoltare. Lo scricchiolio non si udiva più e la foresta pareva oppressivamente immobile e minacciosa. Non vi era la minima brezza. Le larghe foglie ovali degli alberi, che la notte prima si facevano udire chiaramente, pendevano ora immobili nel silenzio.

Alzando lo sguardo per osservarle Forzon fece una scoperta. Il tronco di tutti gli alberi cresceva dritto sino a una certa altezza, press’a poco tre metri, poi tutti gli alberi s’incurvavano nella stessa, identica maniera. Aveva scoperto nello stesso momento la linea che aveva ispirato i muri sporgenti dell’architettura kurriana e la tecnica che aveva permesso di realizzarli. Non ricordava un miglior esempio d’influenza diretta di un materiale edile su uno stile architettonico. In effetti…

Il carro. O egli aveva impiegato più tempo di quanto avesse previsto, o il carro si era fermato. Abbandonò la strada ed entrò nella fitta boscaglia.

Era difficile andare avanti e dovette procedere con tortuosa cautela per non interrompere con un fruscio di rami l’immobile silenzio. Camminò a lungo, era in un bagno di sudore. Scartava i rami davanti a sé, fermandosi di frequente per udire il rumore del carro. Alla fine, convinto che il suo procedere difficile non gli avrebbe permesso di raggiungerlo, stava per lanciarsi sulla strada quando udì un grido in lontananza. Fece qualche passo e si trovò sull’orlo della foresta. Si lasciò cadere a terra e scartando i cespugli guardò davanti a sé.

Sul pendio sottostante era piantato un accampamento militare. Dai vari carri erano stati slegati gli animali da tiro che ora pascolavano placidamente all’ombra. Vi era un fuoco acceso per cucinare e si vedevano mucchi di paglia sparsi, che dovevano essere dei giacigli. Egli contò sette soldati in piedi intorno al fuoco, che aspettavano il loro turno vicino al pentolone del rancio.

Non si vedeva alcun segno di Ann Cory e del suo compagno.

Sembrava che il campo fosse stato piantato da parecchi giorni. Arrivando con l’aereo egli non aveva notato alcuna luce, ma i soldati abituati alle notti gelide e comodamente avvolti nella paglia non avevano bisogno di tenere accesi i fuochi. A malincuore dovette ammettere che l’agguato era forse stato involontario, una strana coincidenza li aveva portati a imbattersi in una pattuglia di soldati.

Ma allora, dov’era il coordinatore?

«Era truccato esattamente come me» borbottò Forzon. «Naso, veste lunga… lingua? Forse nel Kurr si parla più di una lingua e il suo popolo ha vari tipi di naso, e noi non siamo scesi nel punto giusto. Ma non è il momento di risolvere indovinelli. Dov’è Ann? Non l’hanno riportata indietro per la stessa strada, altrimenti li avrei uditi. Se si fossero diretti verso le colline sarebbero ancora in vista. Molto probabilmente quel gruppo che aspetta il rancio è la sua scorta, e un’altra le ha dato il cambio, proseguendo col carro verso nord, sulla strada costiera. In questo caso sarà bene mi diriga a nord, e alla svelta!»

Non poteva superare l’accampamento dal lato di terra che a prezzo di un ampio giro pericoloso, e che costituiva una gran perdita di tempo. Si avviò quindi verso il mare, ridiscese la scogliera che aveva salito con Rastadt e corse lungo la stretta spiaggia fino a lasciarsi molto indietro l’accampamento.

L’altezza della scogliera era cresciuta. Egli continuò ad avanzare, cercando un punto dove potesse ricominciare a salire. Era quasi sera quando finalmente poté raggiungere la cima e riprese la strada. Questa nasceva da un fitto bosco e correva lungo una stretta sporgenza rocciosa, incolta, nel punto dove le colline si avvicinavano al mare. Da lì vedeva un lungo tratto di costa sino al punto in cui la scogliera si abbassava gradatamente e la strada faceva una svolta per poi dirigersi verso una bella campagna coltivata. Il carro non si vedeva.

Forzon si disse con ottimismo che il passo lento dello sgraziato animale da tiro non poteva averlo portato oltre l’orizzonte. Fece dietro-front, rientrò nella foresta che già si oscurava, e si addentrò nella boscaglia per aspettare.

Presto udì il carro con il suo cigolio acuto, che cresceva a mano a mano che si avvicinava, sino a diventare un rumore lacerante che rompeva i timpani. Attraverso un’apertura nel denso fogliame ebbe una breve visione del muso bavoso della bestia, e vide le mantelline svolazzanti di tre soldati in marcia.

Solo tre. Sul momento Forzon si sentì rincuorato. Ma quando il corteo uscì dall’oscurità della foresta e venne all’aperto nella luce crepuscolare, guardò un’altra volta il carro e contò sette soldati. Ann sedeva ancora, eretta, sul davanti del carro. Il suo compagno, sempreché si trovasse ancora con lei, era nascosto dalle sponde del carro.

Forzon si sedette sul limite del bosco e seguì il carro con gli occhi finché non scomparve nell’oscurità che calava rapidamente. Poi cominciò a seguirlo.