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«Nel frattempo siete Sovrintendente alla Coordinazione, e ciò significa che siete il mio superiore e che la Squadra B è a vostra disposizione. Spero possiate ideare quel modo completamente diverso di considerare il problema, di cui abbiamo tanto bisogno. Qualsiasi iniziativa vi venga in mente sotto il riflesso culturale, la Squadra B sarà lieta di tentarla.»

Si fermò per riempirsi il boccale. «Gli SC hanno più intraprendenza di quanto non immaginassi» aggiunse, meditabondo. «Sia detto senza offesa. Il fatto di districarsi in un mondo sconosciuto non è gioco da bambini, anche con un adeguato addestramento. Nel caso particolare, non vi avrei dato più di dieci minuti prima di farvi prendere, e invece siete apparso la notte dopo, salvando due miei agenti, e in modo impeccabile, per di più! Come avete fatto, in realtà?»

«Non lo sa nemmeno lui» disse Ann, asciutta.

Forzon non l’aveva udita entrare. Resistette al desiderio di fulminarla con lo sguardo. «L’ho potuto fare perché ho incontrato una donna che amava, come me, le cose belle. Non capivo la sua lingua, ma la bellezza ha un proprio linguaggio. Lo comprendevamo entrambi. La gente di quella regione è molto povera?»

«È la zona più povera di Kurr» disse Leblanc. «Credo che, alcuni secoli fa, vivesse del contrabbando; ma, dopo la rivoluzione di Larnor, i re di Kurr si sono dati molto daffare per interrompere ogni contatto con l’altro continente. La gente ha dovuto ripiegare sulla vita agricola, e lì il suolo è povero.»

«Il fatto del contrabbando spiegherebbe l’esistenza del mio nascondiglio. Comunque, quella donna era affamata di bellezza, come si può essere affamati di cibo. Credo mi abbia nascosto perché consegnandomi ai soldati, avrebbe dovuto rinunciare alla veste che le avevo dato. Qualsiasi pericolo vi fosse, la bellezza era una tale rarità nella sua vita che accettava il rischio. Quella donna conosce una lingua che voi non capite.»

Leblanc disse con cordialità: «Vivo in Kurr da trent’anni, signor Sovrintendente. Ho studiato il Kurr e la sua gente con lo stesso fervore con cui voi avete studiato, diciamo, la bellezza. Mi stupirei molto, se vi fosse un linguaggio che la gente di Kurr conosce e io no.»

Forzon staccò dal muro una delle torce e attraversò la lunga stanza fino all’estremità opposta, seguito da Ann e Leblanc. I dipinti si animarono quando la luce li colpì. Erano file e file di quadri, appesi a una parete che ricoprivano da cima a fondo. «Siete un intenditore di pittura?» chiese Forzon.

«Né più né meno di qualsiasi capo famiglia indigeno» disse Leblanc. «Queste cose non sono pittura. Sono soltanto l’album degli onorevoli antenati e delle scenette familiari. Ogni casa ne ha uno.

«Nessuno di questi personaggi è veramente un mio antenato, benché questa penisola sia stata coltivata prima di me da un altro agente della Squadra B e da un altro ancora prima di quello. Ma se il proprietario di una grossa fattoria, come la mia, non possedesse un vasto album di famiglia da sfoggiare, la cosa parrebbe strana. Gli agenti della Squadra B sopravvivono appunto perché non fanno mai nulla di strano.»

«Suppongo che i paesaggi siano delle vedute della vostra fattoria?»

«Naturalmente. Che ne farebbe, un Kurriano, delle vedute di fattorie altrui? Vi sono dei pittori itineranti, che si fermano qui ogni due o tre giorni, in cerca di ordinazioni. Io faccio dipingere ogni anno un paesaggio diverso, e se trovo nel loro campionario un ritratto che somigli un po’ a uno dei miei pseudo antenati, lo compero e lo appendo come se si trattasse di un altro parente.»

«È pericoloso.»

«Non credo. Qualsiasi Kurriano lo farebbe se riconoscesse il volto di un suo parente nel campionario di un pittore.»

«È pericoloso per voi. Avete già fatto eseguire il vostro ritratto? Ah, sì, lo vedo. L’artista ha saputo cogliere il vostro carattere. Ingegnoso e dominatore. Perché avete scelto proprio quel pittore?»

«Mi piacevano i suoi lavori.»

«Avete molti visitatori indigeni?»

«No. Ogni anno do una festa. È ormai una tradizione. A parte ciò, non ho visitatori. Nel villaggio mi comporto come un buontempone che offre volentieri da bere e da mangiare e nessuno ritiene anormale che uno scapolo non riceva in casa sua. È una fortuna, perché sarebbe molto pericoloso avere dei vicini che mi piombino in casa inaspettati mentre qui gli agenti della Squadra B vanno e vengono in continuazione. Comunque il contadino kurriano non è particolarmente socievole, eccetto all’epoca delle feste del raccolto.»

«La vostra festa si svolge all’aperto?»

«Sì.»

«Siete più fortunato di quanto non immagini. Basterebbe una sola occhiata a codesto vostro album di famiglia per far spuntare, nella testa di qualsiasi Kurriano provvisto di un po’ d’acume il sospetto che forse ci sia qualcosa di strano in voi.»

Leblanc prese la torcia e indietreggiò, osservando perplesso i ritratti. Ann continuava a tenere gli occhi fissi su Forzon.

«Che cosa c’è che non va nel mio album di famiglia?» chiese Leblanc.

«Sono convinto che gli abitanti del Kurr espongano i quadri soprattutto perché amano la pittura e provano piacere nel guardarli. Ora, nessun amatore d’arte porrebbe la sua diletta collezione in questo angolo. La luce è pessima. Non ci sono nemmeno i bracci a muro per le torce, e di giorno l’unica luce decente è all’estremità opposta della stanza. Tanto varrebbe appenderli in un armadio.»

«In origine erano all’estremità opposta della stanza; ma, qualche anno fa, mi sono stancato di vederli lì. Credete davvero che…»

«Sì» disse Forzon deciso. «E vi è dell’altro. Una collezione privata generalmente riflette le preferenze artistiche del suo proprietario. La vostra collezione denuncia una tale varietà di gusti, da far pensare che non abbiate gusto, il che, naturalmente, non è vero. Se a voi piace davvero la pittura tradizionale, come quella del vostro ritratto, dovrebbero esservi insopportabili delle cose fantasiose come il ritratto appeso accanto a esso o quei paesaggi sull’estrema destra. Io scorgo, qui, almeno cinque stili diversi, e ho l’impressione che un indigeno che ammiri uno di questi stili dovrebbe odiare almeno un paio degli altri.» Si voltò verso Ann: «Ditemi, avete mai visto più di tre stili in una stessa collezione?»

«Non ho mai fatto caso agli stili» confessò la ragazza. «I villaggi da cui vengono tutti i pittori del Kurr sono cinque, perciò c’è effettivamente da credere che esistano cinque stili; ma non avevo mai pensato al fatto che ci sia chi ne ama uno e non l’altro. Per me, sono semplicemente… quadri.»

«Avete fatto analizzare chimicamente questi colori?» chiese Forzon a Leblanc.

Questi rispose come scusandosi: «No…»

«Avete fatto registrare della musica di torril, a scopo di studio?»

«Non l’ho mai creduto necessario. Se qualcuno volesse studiarla, ne può ascoltare fin che vuole.»

«C’è un repertorio classico di canti?»

«Gli indigeni cantano, sì, ma…»

«Ma voi non ci avete mai fatto caso» disse Forzon rassegnato. «È raro incontrare un popolo tutto intero che possiede una passione innata per la bellezza; ma i Kurriani sembrano averla. Suppongo che queste panche siano arredi comuni di ogni casa; ma sono bellissime. Guardate con quale cura il lavoro è stato eseguito per sfruttare meglio la vena del legno. Sono tutte sullo stesso modello, ma ognuna è una creazione in sé. La persona che ha fatto queste panche era un artista quanto quella che ha dipinto il vostro ritratto. Dite che la Squadra B è vissuta in mezzo a un’arte e a un artigianato di questa classe, per quattrocento anni, senza accorgersene?»