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«Senza ingerenza visibile. Non è del tutto la stessa cosa.»

«E il Kurr?»

«È un continente immensamente ricco e ha avuto solo governanti molto in gamba. Tiranni, d’accordo, con i soliti vizi dei tiranni; ma hanno sempre saputo, al millimetro, fin dove potessero spingersi senza irritare i loro sudditi. Si direbbe che un istinto raffinato tenga a freno la loro avidità naturale, e possono procacciarsi tutte le ricchezze di cui a loro avviso hanno bisogno, senza ricorrere a tassazioni oppressive, data la ricchezza grandissima del loro regno. Hanno anche la furbizia di temperare i loro atti di crudeltà. Magari il re fa rapire senza tanti complimenti una ragazza di cui si è invaghito, ma non manca di compensarne il padre o il marito, e anche la ragazza, quando se n’è stancato. Un intollerabile atto d’arbitrio diventa così un onore molto proficuo. Il re, se un suddito lo offende, può fargli tagliare il braccio sinistro sino al gomito, cosa che l’attuale re, Rovva, fa spesso; ma la vittima riceve una pensione, e di solito si tratta di un personaggio di corte e al popolo non gliene importa un bel niente. C’è poi il fatto, naturalmente, che da generazioni il popolo è stato allevato nel rispetto del monarca.»

«E i rapporti fra il Kurr e il Larnor?»

«Dalla rivolta del Larnor in poi, non vi sono più stati rapporti ufficiali. I re del Kurr hanno avuto la furbizia di capire che le idee dei Larnoriani erano pericolose. Ufficiosamente i Larnoriani spedivano missionari per diffondere la loro religione e la loro democrazia; ma tutti scomparivano senza lasciare traccia. Probabilmente finivano nelle moncopoli del re, i villaggi d’esilio delle sue vittime mutilate. Entrambi i continenti sono, tecnicamente, a livello venti e i viaggi transoceanici si svolgono in condizioni primitive. Non è stato difficile per il Kurr interrompere materialmente ogni rapporto.»

«Hai detto che l’ERI lavora in un terribile intrigo di regolamenti. Quali sono?»

Wheeler indicò il manuale operativo ERI 1048-K. Forzon lo trasse a sé, fece scorrere le pagine. Sul frontespizio e in testa a ogni capitolo figurava in epigrafe la legge numero uno dell’Ente: La democrazia imposta dall’esterno è la più grave forma di tirannia. Delle capsule con ciò che evidentemente l’Ente giudicava la quintessenza della saggezza risaltavano in carattere tondo nero maiuscolo sulle pagine che Forzon percorreva. L’ente non crea la rivoluzione. Crea la necessità della rivoluzione. Stabilita questa necessità la popolazione indigena è perfettamente in grado di fare la propria rivoluzione.

La democrazia non è una forma di governo, è uno stato d’animo. Non si può porre arbitrariamente un popolo in un determinato stato d’animo.

La regola dell’uno è stata una concessione abile perché non concedeva niente. I contadini ignoranti si agitavano perché fosse sostituita la tecnologia all’intelligenza. È stata loro concessa la tecnologia in modo da lasciarli totalmente in balia dell’intelligenza.

L’urgenza della rivoluzione si misura col raffronto fra la libertà di cui gode un popolo e quella cui aspira.

Forzon chiuse il libro facendolo schioccare. «To’, prendi» disse, e lo gettò a Wheeler che lo afferrò goffamente, col viso contorto dallo sbigottimento. Era come un attore tragico che nell’espressione del pathos più profondo avesse inspiegabilmente suscitato una risata. «Che cosa… che cosa farai?»

«Quanto tempo occorre a uno dell’Ente per arrivare in fondo a questa alluvione di parole in corpo piccolo?»

«Tre anni.»

«Non credo proprio che i tuoi superiori abbiano l’intenzione di farmi dedicare tre anni ad assimilare il Manuale Operativo 1048-K.»

Si alzò avviandosi alla finestra. Ogni volta che rivedeva la zona desolata della base, si arrabbiava di più. Chissà se il personale ERI guardava mai oltre i condizionati confini del proprio edificio, se non notava mai la corruzione della grandiosità del cratere? Fosse stata una base della Sovrintendenza Culturale, sarebbe stata ora circondata da tutta la bellezza che delle mani devote e delle macchine docili non avrebbero mancato di ricavare dall’ambiente circostante.

Si voltò: «Quei dipinti nell’anticamera, provengono dal Kurr?»

Wheeler esitò. «Penso di sì, per la maggior parte. Non ho mai pensato a indagare.»

Forzon disse causticamente: «Se ne provengono alcuni, tutti ne provengono. Due continenti separati e distanti non possono produrre arti e tecniche identiche.»

Avrebbe potuto fare a meno di chiederlo. La ragazza col torru apparteneva alla Squadra B, cioè veniva dal Kurr, e il torru era una versione in miniatura del complesso strumento del dipinto. «E gli indigeni non sanno della vostra presenza qui» rifletté Forzon. «Non mi meraviglio che il Coordinatore abbia fatto un salto, quando gli ho chiesto di far venire dei musicisti e dei pittori! Ma come pretendete di guidare un popolo verso la democrazia, se non avete con esso alcun contatto?»

«Noi l’abbiamo!» protestò Wheeler con indignazione. «Ogni agente di squadra operativa ha una personalità indigena. Dovrai averne una anche tu, prima di poter assumere il tuo comando.»

«Capisco. In altre parole, una specie di travestimento.»

«Non è un travestimento, è un’identità.»

«Chiamala come vuoi. Comincio a intravedere un barlume di luce. L’Ente ha, nel Kurr, un problema di vecchia data. Il Kurr ovviamente possiede una cultura di livello eccezionale. In capo a quattrocento anni, qualcuno, all’Ente, lo ha notato, e si è chiesto se chissà mai non potesse essere utile un ufficiale della Sovrintendenza Culturale. E va bene. Sono stato messo al comando della Squadra B. Andrò dunque in Kurr e utilizzerò la Squadra B per mettere in piedi un rilievo culturale.»

«Un rilievo…» Wheeler fece un lungo respiro e finì in falsetto «…culturale?»

«È a questo che io sono addestrato. Sarebbe sciocco da parte mia cominciare dal Manuale Operativo dell’ERI. Tutt’al più potrei sperare, ciò facendo, di saperne fra tre anni quanto un cadetto di prima nomina… a patto di studiare con diligenza. In mancanza di ordini contrari, mi è logico presumere che l’ERI desidera colmare quelle sue lacune d’informazione che corrispondono al mio ramo di specializzazione, e che io sia stato preso in forza per assolvere questo compito. Hai una spiegazione migliore, per la mia nomina?»

Wheeler non rispose.

«Ho bisogno di un corso accelerato di lingua» disse Forzon.

«Certo, ti manderò tutto l’occorrente. E provvederò anche per la faccenda della tua identità.»

«Mi piacerebbe incontrare qualcuno della Squadra B» disse Forzon, che pensava alla ragazza dal torru.

Wheeler corrugò la fronte. «Va bene, però non è facile. Risiedono tutti in Kurr, in pianta stabile, e non sempre possono andarsene così su due piedi. Hanno una posizione da mantenere, altrimenti perdono il frutto di un lungo lavoro. Potremmo far venire una o due persone per volta. Ma ti occorrerà un’eternità se ne vuoi conoscere un certo numero. È molto meglio che tu li veda in Kurr.»

«Non c’è nessuno della Squadra B, qui alla base?»

«No» disse Wheeler tranquillamente. «Un tempo la Squadra B teneva un comando, qui; ma ora c’è solo l’archivio, di cui si occupa il personale della base. La Squadra B è tutta in Kurr. Potrai andarvi in aereo appena sarai pronto.»

Fece un cordiale cenno di saluto col capo e uscì. Il primo impulso di Forzon fu quello di andar subito negli alloggi delle donne; ma rifletté un attimo e vi rinunciò. Quando la ragazza gli aveva detto di non tornare nella sua stanza pensava forse alle convenienze.

Oppure aveva voluto dargli un avvertimento.

CAPITOLO III