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«Perché tre giorni?»

«Per prudenza. Avremo così il tempo di preparare la vostra venuta.»

«La Squadra B è già informata della mia venuta. Sarò sbarcato in un luogo remoto dove non esistono santuari e quindi non sarò costretto a officiare funzioni religiose, né dovrò benedire gli indigeni, anche se mi sentissi benevolmente portato a farlo, il che non credo. Non posso cominciare a lavorare se non sono pronti i miei moduli. Ma sono certo che laggiù sarò in grado di raccogliere dei dati di prima mano più presto di quanto lo potrei fare qui alla base.»

«Quali moduli?» disse lei.

«I moduli per il rilievo culturale.»

Vi fu un altro silenzio rotto solamente dal soffice fruscio della gonna. Poi lei si decise a parlare. «Aspettate ancora tre giorni e non dite a nessuno che avete parlato con me. Vi vedrò in Kurr.»

Se ne andò e non si udì neppure il rumore dell’uscio che si chiudeva.

“È stato un saggio colui che ha scritto che se si tien dietro a un enigma abbastanza a lungo, si giunge inevitabilmente alla sua fine o al suo principio. Non ha detto, però, se si tratta della fine dell’enigma o di quella dell’inseguitore. Non mi piace. È già antipatico avere l’impressione di essere manovrati dagli altri. £ addirittura insopportabile non sapere da chi, e a quale scopo.”

Rimase nella sua stanza tutto il giorno successivo, concentrandosi nello studio della lingua. Ogni tanto una ragazza in uniforme gli passava un vassoio colmo di roba da mangiare e scappava con una fretta sgarbata che solo il timore di essere divorata in luogo della colazione poteva giustificare.

Il mattino dopo, si recò alla sezione amministrativa. L’impiegata dell’ingresso lo guardò con aria diffidente. Forzon la ignorò. Cominciava ad abituarsi alle occhiate sospettose. Andò direttamente nell’ufficio del coordinatore dove la segretaria lo informò freddamente che il coordinatore era indisposto.

«E il vice-coordinatore Wheeler?» suggerì Forzon.

«È in missione, oggi.»

«Squadra A o Squadra B?»

La ragazza alzò le spalle. Forzon non continuò il discorso. In fondo se ne infischiava. Raggiunse invece la stanza segnata Comando Squadra B, aprì la porta, guardò dentro. Le tristi rilegature degli atti ufficiali si allineavano sugli scaffali e, fila su fila, coprivano le pareti sino al soffitto. Gli stipetti circolari per gli schedari gremivano il pavimento, e su di essi si ammucchiavano delle scatole. Era il degno sepolcro dei resti disseccati di quattro secoli di insuccesso costante.

Forzon non esitò. Fece un passo indietro e chiuse la porta. Se non intendeva assolutamente trascorrere anni nello studio del manuale operativo ERI, non voleva neanche sprecare il tempo a riesumare il futile passato della Squadra B.

Nell’atrio contemplò pensoso i quadri. Anch’essi erano vecchi, e se non fosse stata l’aria filtrata e l’umidità controllata dell’ambiente, gli sarebbe forse toccato cominciare la sua opera sul pianeta Gurnil con un noioso lavoro di restauro della collezione di pittura dell’ERI.

«Da quanto tempo sono qui questi dipinti?» chiese alla segretaria.

Lo guardò con espressione vacua. «Non lo so, assolutamente.»

«Che scopo c’è a mantenere questa base se il personale sa così poco di Gurnil e gliene importa ancor meno?» Forzon chiese.

«La base serve di deposito per le provviste e per l’archivio» rispose compunta l’impiegata.

«Interessante» notò Forzon che continuava a guardare i quadri. «Allora vi sarà ben poco da fare, specialmente qui, al ricevimento. Gli agenti operativi verranno di rado. Gli indigeni forse non sanno che questa base esiste e presumo non vengano a trovarvi. Gli approvvigionamenti giungono con un lungo preavviso, e così pure le visite degli alti funzionari. Non riesco a capire perché questa sede abbia bisogno di un’impiegata all’ingresso.» Si voltò e le sorrise nel modo più gentile. «Per caso voi non sarete mica stata assegnata qui solo per tenermi d’occhio?»

La reazione della ragazza fu a dir poco antipatica. Forzon le disse, di sopra la spalla: «Vogliate avvisarmi, quando il coordinatore sarà in grado di ricevermi.» E tornò nel suo alloggio.

Rastadt lo fece chiamare un po’ più tardi, lo salutò aggrottando la fronte e dopo mezzo secondo di riflessione scattò in piedi e gli fece un saluto militare.

«Mi hanno detto che volevate vedermi.»

«Potete farmi portare in Kurr dopodomani?» chiese Forzon.

«In Kurr? E perché?»

«Per prendere il comando della Squadra B. Non voglio perdere più tempo dello stretto necessario qui alla base.»

«Potete comandare la Squadra B da qui» disse Rastadt. «Non c’è bisogno che andiate in Kurr. Nessun bisogno. E potrebbe anche essere pericoloso.»

«Strano che la pensiate così» notò Forzon. «Appena tre giorni fa, mi avete fatto provare la parte di un sacerdote kurriano.

«Era solo una dimostrazione. Non vi abbandonerò a voi stesso su Kurr, finché non sarete addestrato in tutte quelle cose che un prete kurriano deve sapere. Alla prima occasione faremo rientrare un agente della Squadra B con una esperienza concreta nell’impersonare questa parte. Finché egli non mi assicura che siete preparato, comanderete da qui la Squadra B.»

«Non si tratta di abbandonarmi. Io sarò vulnerabile soltanto fra il punto di sbarco e il comando campale della Squadra B, e comunque sarà notte. Wheeler mi ha detto che il costume era solamente una misura di prudenza.»

«Non è una misura sufficiente. Le squadre operative dell’ERI debbono la loro riuscita al fatto di prevedere tutto e non lasciare nulla al caso. Io non vi posso permettere di correre rischi del genere.»

Forzon disse freddamente: «Credo, coordinatore, che su questo punto debba decidere io.»

«Niente affatto. Anche se voi mi superate di quattro gradi gerarchici il coordinatore di un pianeta è sempre responsabile della sicurezza di tutto il personale ERI, a qualsiasi grado o classe esso appartenga.»

«È tornato Wheeler?»

«Credo di sì. Perché?»

«Fatelo venire qui.»

Rastadt lanciò un ordine nell’intercom e dopo un attimo comparve Wheeler. Fece un cenno cordiale a Forzon e chiese:

«Che cosa c’è?»

Rastadt lo fulminò con lo sguardo. «Non sapete ancora come ci si presenta a un intendente di settore?»

Wheeler arrossì, borbottò delle scuse e salutò militarmente. Forzon si sentì così imbarazzato che non tentò neppure di intervenire.

«Non mi meraviglio che questo pianeta sia tutto un pasticcio» brontolò Rastadt. «Non c’è uno che faccia le cose come devono essere fatte.»

Forzon si rivolse a Wheeler. «Mi hai detto o no che potevo recarmi in Kurr appena fossi pronto?»

«Io… Sì.»

«Sono pronto.»

Il coordinatore si chinò in avanti. «Vice-Coordinatore Wheeler, vi spiace citarmi l’articolo del regolamento in virtù del quale vi siete arrogato la mia autorità?»

«Ma ve lo avevo chiesto, signore, e mi avevate detto…»

«Vi ho detto che l’intendente poteva recarsi in Kurr appena fosse pronto. Non ho detto che potesse andarvi appena credesse di essere pronto. Un nuovo arrivato proveniente da un altro organismo governativo, qualunque sia il suo grado gerarchico, non ha competenza per prendere tali decisioni. La gente dell’ERI è ritenuta idonea a svolgere missioni operative solo dopo uno scrupoloso addestramento e indottrinamento. E se non l’avete ancora capito, vuol dire che il pianeta Gurnil ha urgente bisogno di un nuovo vice-coordinatore. Che avete in mente? Di fare andare a monte tutto il pianeta?»

Wheeler, col viso ora pallido e imperlato di sudore, aprì la bocca e la richiuse senza fiatare. Fra un attimo si sarebbe messo a strisciare davanti a Rastadt, e un pagliaccio strisciante era uno spettacolo al quale Forzon non si sentiva di assistere. Disse: «Coordinatore, credo sia giunto il momento di chiedere al Comando Supremo di chiarire la questione del comando su questo pianeta. Lo chiedete voi o lo faccio io?»