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«Meritarli: questo è il suo compito. Il mio consiste nel possedere le conoscenze che gli serviranno al momento in cui sarà pronto a imparare.»

Adesso Modesty piangeva a dirotto. Eppure sorrideva: perché aveva insegnato a se stessa che l’amore deve sempre sorridere, anche nella sofferenza. Tuttavia le lacrime continuavano a rigarle le guance. «Ah, Peggy, com’è possibile che tu abbia imparato tanto, eppure cada in un simile errore?»

Un errore? Possibile che Modesty non riponesse alcuna fiducia nella sua capacità di giudizio? «’La saggezza di una donna è il suo dono alle altre donne’» citò Peggy. «’La sua bellezza è il suo dono agli uomini. Il suo amore è il suo dono a Dio’.»

La signora Modesty scosse la testa, riascoltando le proprie massime dalle labbra di Peggy. «E allora perché vuoi infliggere la tua saggezza a quel povero disgraziato che dici d’amare?»

«Perché alcuni uomini sono abbastanza grandi da riuscire ad amare una donna tutta intera, e non solo una parte di lei.»

«E lui è un uomo del genere?»

Come rispondere? «Dovrà diventarlo» disse Peggy. «Oppure non mi avrà.»

Modesty tacque per un istante, quasi cercando un modo gradevole per enunciare una verità dolorosa. «Ti ho sempre insegnato che, se diventi completamente e perfettamente te stessa, gli uomini che valgono qualcosa verranno attirati da te e ti ameranno. Peggy, ammettiamo pure che quest’uomo abbia grandi necessità… Tuttavia se per soddisfarle sei costretta a diventare qualcosa di diverso da te stessa, allora non sarai perfettamente te stessa, e lui non ti amerà. Non è forse questo il motivo per cui te ne sei andata da Hatrack, perché lui ti amasse per te stessa, e non per ciò che avevi fatto per lui?»

«Padrona Modesty, io voglio che lui mi ami, è vero. Ma soprattutto amo l’Opera che egli deve compiere. Ciò che io sono oggi sarebbe sufficiente per l’uomo. Ciò che domani andrò a fare non sarà per l’uomo, bensì per la sua Opera.»

«Ma…» prese a dire Modesty.

Peggy inarcò un sopracciglio accennando un sorriso. Modesty annuì e non la interruppe.

«Se amo la sua Opera più di quanto io non ami l’uomo, allora per essere perfettamente me stessa devo fare ciò che la sua Opera mi chiede di fare. Non sarò dunque ancora più bella?»

«Ai miei occhi, forse» concesse Modesty. «Ben pochi uomini hanno una visione sufficientemente chiara da cogliere quella sottile bellezza.»

«Egli ama la sua Opera più della sua stessa vita. Non amerà dunque la donna che sia pronta a dividerla con lui più di quanto non possa amare una donna che sia semplicemente bella?»

«Può darsi che tu abbia ragione» ammise Modesty «benché, per quanto mi riguarda, io non abbia mai amato un’opera più della persona che dovesse compierla, e non abbia mai conosciuto un uomo che veramente amasse la propria opera più della propria vita. Tutto ciò che ti ho insegnato è vero nel mondo che conosco io. Se esci dal mio mondo per entrare in un altro, non sono più in grado d’insegnarti nulla.»

«Forse non mi è concesso essere una donna perfetta e al tempo stesso vivere la mia vita come deve essere vissuta.»

«O forse, padrona Margaret, anche il migliore dei mondi non è in grado di riconoscere una donna perfetta, e di conseguenza accetta me come un ragionevole surrogato, mentre tu passi inosservata.»

Era più di quanto Peggy potesse sopportare. Gettate le buone maniere alle ortiche, buttò le braccia al collo di Modesty, la baciò e pianse a calde lacrime, assicurandole che in lei non c’era niente di artificiale. Però, quando il momento delle lacrime finì, niente era cambiato. Peggy aveva concluso il proprio soggiorno a Dekane, e il mattino seguente il suo baule era pronto per la partenza.

Tutto ciò che possedeva al mondo le era stato donato da Modesty… Tutto, a eccezione della scatola che le era stata regalata dal nonno tanto tempo prima. Eppure ciò che quella scatola racchiudeva era un fardello assai più pesante del resto del suo bagaglio.

Peggy sedeva nel treno che la portava verso il Nord e, fuori del finestrino rivolto a est, guardava le montagne sfilarle accanto. Non era trascorso poi molto tempo dal giorno in cui Whitley Physicker l’aveva portata a Dekane sul suo calesse. All’inizio Dekane le era sembrata una metropoli: giungendo lì le era parso di scoprire il mondo. Adesso sapeva che il mondo era troppo grande perché una sola persona potesse vederlo tutto. Stava lasciando un piccolo posto per andare in un altro piccolo posto, e forse da questo in altri piccoli posti ancora. In ogni città ardevano fiamme vitali delle stesse dimensioni, non certo più luminose per il fatto di essere in così numerosa compagnia.

Ho lasciato Hatrack per non essere più tua prigioniera, Alvin l’Apprendista. Ma fuori ho trovato una rete molto più grande e più fitta. La tua Opera è più grande di te, più grande di me, e ora che lo so, sono costretta ad aiutarti. Se non lo facessi, perderei ogni stima per me stessa.

Perciò che tu finisca con l’amarmi oppure no, la cosa non ha poi grande importanza. Sì, certo, per me è importante, ma il mondo proseguirà ugualmente per la sua strada. La cosa importante è che entrambi uniamo i nostri sforzi per prepararti a quell’Opera. Se verrà anche l’amore, se potrai essere il mio Uomo e io la tua Donna, lo prenderemo come un dono insperato e ne godremo finché durerà.

XI

LA BACCHETTA

Perché Hank Dowser facesse ritorno a Hatrack doveva trascorrere una settimana. Una settimana frustrante e senza alcun profitto, giacché, nonostante tutti i suoi sforzi, non era riuscito a trovare un punto abbastanza asciutto in cui quella gente potesse scavarsi la cantina che tanto desiderava. «È tutto bagnato» aveva detto. «Se qui sotto c’è acqua da tutte le parti, io non posso farci nulla.»

Ma quelli se l’erano ugualmente presa con lui. La gente era fatta così: si comportava come se fosse il rabdomante a mettere l’acqua là dove si trovava, invece di limitarsi a constatarne la presenza. Anche alle fiaccole succedeva la stessa cosa. Tutti a dar loro la colpa di aver causato ciò che avevano visto, mentre in realtà non avevano fatto altro che vederlo. La maggior parte delle persone era incapace non solo di provar gratitudine, ma anche semplicemente di capire quel che gli succedeva.

Perciò era per lui un sollievo rivedere una persona tutto sommato a posto come Makepeace Smith. Anche se Hank non poteva approvare sino in fondo il modo in cui Makepeace trattava il suo apprendista. Ma con che diritto lo criticava? Lui stesso non si era comportato molto meglio… Sì, a ripensarci era profondamente imbarazzato dal modo in cui si era scagliato contro quel ragazzo tanto da indurre il suo padrone a picchiarlo, e tutto questo per una bazzecola, in fondo: solo perché si era sentito pungere nel vivo. Gesù si era lasciato frustare e incoronare di spine in silenzio, e io perdo la testa solo perché un ragazzino si lascia sfuggire qualche parola di troppo. Ah, pensieri come quelli mettevano Hank Dowser di malumore, e adesso non avrebbe chiesto di meglio che un’occasione per chieder scusa a quel ragazzo.

Il ragazzo però non era a casa, ed era un peccato, anche se Hank non ebbe tempo per crucciarsene. Gertie Smith lo condusse in casa e lo ingozzò a tal punto da fargli pensare che per mandar giù un altro boccone avrebbero dovuto cacciarglielo in gola a colpi di mazza. «Non riesco neanche a stare in piedi» borbottò Hank, ed era vero; ma era altrettanto vero che, come cuoca, Gertie Smith era all’altezza del marito come fabbro, dell’apprendista come maniscalco e di Hank come rabdomante, vale a dire che il suo era un vero dono. Ciascuno aveva il suo talento, ciascuno aveva ricevuto da Dio un’abilità particolare, e tutti erano tenuti a dividerne i benefici con gli altri… Ecco come avrebbero dovuto andare le cose a questo mondo.