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Perciò fu con piacere e con orgoglio che Hank bevve l’acqua del primo secchio attinto da quel pozzo. Ah, era buona davvero, fresca e chiara, e Hank apprezzò sino in fondo i sinceri ringraziamenti di Gertie e Makepeace. Fu solo quando si accinse a rimontare in sella alla sua Picklewing che si rese conto di non aver ancora visto il pozzo. Certamente non poteva andarsene prima di aver dato un’occhiata…

A cavallo fece il giro della fucina avvicinandosi al punto in cui gli sembrava di aver trovato l’acqua, ma il terreno aveva l’aria di non essere stato smosso da qualche secolo. Non c’era traccia nemmeno del fosso che l’apprendista aveva scavato in sua presenza. Per trovare il pozzo gli ci volle qualche istante; era più o meno a metà strada tra la casa e la fucina, ben rifinito con pietre accuratamente squadrate e un bel tettuccio a protezione della carrucola. Ma sicuramente Hank non si era trovato così vicino alla casa quando la bacchetta gli si era piegata fra le mani…

«Ehi, Hank!» gridò Makepeace Smith. «Sono contento che non te ne sia ancora andato!»

Ma dov’era? Ah, lassù, nel prato sopra la fucina, vicino al punto in cui Hank era partito per cercare l’acqua. E ora stava agitando una bacchetta… una bacchetta biforcuta…

«La bacchetta, quella che hai usato per il pozzo… Ti serve ancora?»

«No, grazie, Makepeace. Non uso mai due volte la stessa bacchetta. Se non è appena tagliata non serve a molto.»

Makepeace Smith gettò la bacchetta alle proprie spalle, scese a lunghi passi il pendio e si fermò esattamente nel punto in cui Hank pensava di aver trovato l’acqua. «Che te ne pare del casotto che abbiamo costruito?»

Hank si gettò un’occhiata alle spalle. «Bel lavoro. Il giorno che tu decidessi di lasciare la fucina, potresti guadagnarti da vivere come scalpellino.»

«Grazie per il complimento, Hank! Ma devo dirti che ha fatto tutto il mio apprendista.»

«Davvero in gamba, quel ragazzo» commentò Hank. Pronunciare quelle parole gli lasciò tuttavia l’amaro in bocca. Quella conversazione lo metteva a disagio. Makepeace Smith gli nascondeva qualcosa, e Hank non riusciva a capire esattamente di che si trattasse. Ma la cosa non aveva molta importanza. Era ora di mettersi in cammino. «Addio, Makepeace!» lo salutò Hank, spingendo il suo ronzino verso la strada. «Tornerò per i ferri che mi hai promesso!»

Makepeace rise agitando la mano. «Non vedo l’ora di rivedere la tua brutta faccia!»

Al che, Hank spronò la vecchia Picklewing e partì di gran carriera verso la strada che conduceva al ponte coperto sul fiume. Quel ponte era una delle attrattive della strada che da Hatrack si dirigeva verso ovest. Di lì al Wobbish quella strada era una vera delizia, con ponti coperti su ogni fiume, ogni torrente, ogni ruscello. E ciascuno di quei ponti era così solido e asciutto che qualche viaggiatore ogni tanto vi trascorreva la notte.

Nelle grondaie del ponte sull’Hatrack dovevano esserci una trentina di nidi di pettirosso. Quando Hank vi passò, gli uccelli fecero un baccano da risvegliare i morti. Peccato che i pettirossi fossero praticamente solo penne e ossa. Se fosse valsa la pena di acchiapparli, su quel ponte ci sarebbe stato da fare un banchetto.

«Ferma, Picklewing, ragazza mia» disse. Immobile sulla sella a metà del ponte, Hank restò in ascolto del canto dei pettirossi. E in quel momento ricordò con estrema chiarezza il momento in cui la bacchetta gli era sfuggita di mano andando a conficcarsi in mezzo all’erba del prato, a nordest del punto in cui Hank aveva sentito l’acqua. Esattamente là dove Makepeace Smith l’aveva raccolta prima di salutarlo.

Il nuovo pozzo non si trovava affatto nel punto indicato da Hank. Per tutto il tempo in cui lui era stato lì, Makepeace e sua moglie non avevano fatto altro che mentirgli, fingendo che egli avesse trovato l’acqua per loro, mentre l’acqua che bevevano veniva da tutt’altro posto.

Ebbene sì, Hank sapeva bene chi aveva scelto il punto per scavare il nuovo pozzo. Non gliel’aveva forse detto anche la bacchetta, schizzandogli di mano in quel modo? La bacchetta gli era scappata proprio quando il ragazzo aveva voluto dire la sua, quel saccente di un apprendista. E adesso se la ridevano alle sue spalle, senza dirgli nulla a viso aperto, si capisce. Adesso però il rabdomante capiva quanto doveva essersi divertito Makepeace, convinto che lui fosse così stupido da non accorgersi del cambiamento.

E invece me ne sono accorto, caro mio. Mi avete preso in giro, Makepeace Smith, tu e quel tuo apprendista. Io me ne sono accorto. Un uomo può perdonare sette volte, o anche sette volte sette. Ma un bel giorno arriva la cinquantesima volta, e allora anche un bravo cristiano non riesce più a dimenticare.

«Andiamo!» esclamò rabbiosamente. Le orecchie di Picklewing si drizzarono, e la cavalla si avviò a passo regolare. Il clop clop dei ferri nuovi sulle tavole del ponte riecheggiava dalle pareti e dal tetto. «Alvin» mormorò Hank Dowser. «Alvin l’Apprendista. Per lui esiste solo il suo dono. Gli altri non contano.»

XII

IL COMITATO SCOLASTICO

Quando la carrozzella si fermò di fronte alla locanda, la vecchia Peg Guester era a una finestra del piano di sopra a dare aria ai materassi, e di conseguenza godeva di un’ottima visuale. Era il nuovo mezzo di Whitley Physicker, un veicolo modernissimo con una cabina chiusa che teneva fuori l’acqua e la maggior parte della polvere. Ora Physicker poteva permettersi di pagare un uomo che stesse a cassetta al posto suo. Era per questo genere di cose che la maggior parte della gente adesso lo chiamava «dottor Physicker», e non più semplicemente «Whitley».

Il cocchiere era Po Doggly, che una volta aveva una fattoria, ma, da quando era morta sua moglie, aveva cominciato a bere. Era stato un bel gesto da parte di Whitley assumere Po, giacché gli altri non lo consideravano che un vecchio ubriacone. Cose del genere facevano sì che la maggioranza della gente avesse una buona opinione del dottor Physicker, sebbene egli sfoggiasse la sua recente ricchezza più di quanto convenisse a un buon cristiano.

Po saltò giù dalla cassetta e corse ad aprire la porta della carrozzella. Ma a scenderne per primo non fu Whitley Physicker, bensì Pauley Wiseman, lo sceriffo Se c’era un uomo al mondo che non meritava il nome di Wiseman, cioè «saggio», questi era proprio Pauley. Solo a guardarlo la vecchia Peg si sentiva accapponare la pelle. Suo marito Horace lo diceva sempre: chiunque desiderasse il posto di sceriffo era chiaramente inadatto a ricoprire quella carica. Pauley Wiseman aveva desiderato quel posto, l’aveva desiderato più di quanto la maggioranza delle persone desiderasse respirare. Lo si poteva capire dal modo in cui portava quella stupida stella d’argento bene in vista, sul petto della giacca, cosicché nessuno potesse dimenticare che stava parlando all’uomo che aveva le chiavi della prigione. Come se Hatrack avesse bisogno di una prigione!

Poi scese dalla carrozzella Whitley Physicker, e la vecchia Peg capì immediatamente che cosa fossero venuti a fare. Il comitato scolastico aveva preso la sua decisione, e quei due erano lì per assicurarsi che la vecchia Peg l’accettasse senza far baccano in pubblico. La donna sbatté sul davanzale il materasso che aveva fra le mani, lo sbatté con tanta forza che quasi le sfuggì di mano; allora lo afferrò per un angolo e lo tirò su in modo che prendesse aria come doveva. Poi scese le scale di corsa; non era ancora tanto vecchia da non poter fare di corsa una rampa di scale… in discesa, almeno.

Si guardò intorno in cerca di Arthur Stuart, ma naturalmente il bambino non si trovava in casa. Era abbastanza grande per sbrigare le faccende domestiche, e lo faceva senza discussioni, però, quando aveva finito, se ne andava a zonzo per conto suo, qualche volta in città, qualche volta da Alvin, il giovane apprendista del fabbro. «Perché vai sempre da lui, figliolo?» gli aveva chiesto una volta la vecchia Peg. «Perché devi sempre andare a dargli fastidio?» Per tutta risposta, Arthur aveva sorriso, poi aveva allargato le braccia proprio come un lottatore di strada pronto ad agguantare l’avversario e aveva detto: «Voglio imparare a mettere a terra un uomo grosso il doppio di me». La cosa buffa era che l’aveva detto esattamente con la voce di Alvin e nello stesso identico tono in cui Alvin l’avrebbe detto, cioè con una punta di riso nella voce, così che l’altro capisse che non doveva prenderlo proprio sul serio. Arthur aveva quel dono, sapeva imitare chiunque come se lo conoscesse sino in fondo all’anima. A volte la vecchia Peg si chiedeva se il bambino non avesse anche qualcosa della fiaccola, come la figlia che le era scappata, la piccola Peggy; ma no, non sembrava che Arthur capisse veramente quello che faceva. Era semplicemente un imitatore. Tuttavia era furbo come un diavolo, e per questo la vecchia Peg pensava che il bambino meritasse di andare a scuola, forse più di qualsiasi altro suo coetaneo di Hatrack.