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Giunse alla porta d’ingresso un istante prima che i nuovi arrivati cominciassero a bussare. La vecchia Peg Guester, ansimando un poco per la fretta con cui aveva sceso le scale, non aprì, anche se scorgeva le ombre degli uomini attraverso le tendine di pizzo che coprivano i riquadri vetrati della porta. I due sembravano dondolarsi sui piedi, come se fossero nervosi… e ne avevano ben donde. Facciamoli penare ancora un po’, si disse la vecchia Peg.

Era proprio tipico di gente come quella del comitato scolastico affidare un incarico del genere a Whitley Physicker. Vedere la sua ombra alla porta di casa bastava a mandar fuori dai gangheri la vecchia Peg Guester. Non era forse stato lui quello che s’era portato via la piccola Peggy sei anni prima, e poi non aveva voluto dirle dov’era andata? A Dekane, si era limitato a dirle, da gente che Peggy sembrava conoscere. E poi Horace, il marito di Peg, che leggeva e rileggeva quel biglietto dicendo: «Se una fiaccola non sa provvedere al proprio futuro, certamente nessuno di noi può fare di meglio». Già, se non fosse stato per il bisogno che Arthur Stuart aveva di lei, la vecchia Peg si sarebbe alzata e se ne sarebbe andata. Proprio andata, e allora avremmo visto come se la sarebbero cavata! Portarsi via mia figlia, e raccontarmi che era la soluzione migliore… fare una cosa del genere a una madre! Chissà che cosa succederebbe se me ne andassi io. Se non avessi avuto Arthur a cui badare, me la sarei filata tanto in fretta che la mia ombra sarebbe rimasta sotto la porta.

E adesso le mandavano Whitley Physicker per lo stesso motivo, per farla soffrire di nuovo a causa di un figlio. Stavolta però sarebbe stata più dura, perché la piccola Peggy in realtà era in grado di badare a se stessa, Arthur Stuart no, era solo un bambino di sei anni, un bambino senza nessun futuro a meno che la vecchia Peggy non avesse lottato con le unghie e con i denti.

Bussarono di nuovo. La vecchia Peg aprì la porta. Di fronte a lei c’era Whitley Physicker, con un’espressione allegra e solenne sul viso, e alle sue spalle Pauley Wiseman, con un’aria solenne e boriosa. Come due alberi della stessa nave, con le vele spiegate e l’aria da padreterni. Due palloni gonfiati. Siete venuti per spiegare a me come si vive? Prego, accomodatevi.

«Goody Guester» disse il dottor Physicker togliendosi il cappello come si conveniva a un gentiluomo. Ecco che cos’è che non funziona a Hatrack di questi tempi, pensò la vecchia Peg. Tutte queste persone che si danno arie da gran signori. Ma non si rendono conto che questo è l’Hio? I gran signori stanno nelle Colonie della Corona con Sua Maestà, l’altro Arthur Stuart. Il re bianco dai lunghi capelli, ben diverso dal ragazzino nero dai capelli corti. Nello Stato dell’Hio chiunque si creda un gentiluomo non fa che prendere in giro se stesso e gli altri idioti come lui.

«Immagino che vogliate entrare» disse la vecchia Peg.

«Mi auguravo che fossimo invitati a farlo» replicò Physicker. «Veniamo da parte del comitato scolastico.»

«Allora potete dirmi di no anche in veranda.»

«Ehi, ascoltate» intervenne lo sceriffo Pauley. Non era abituato a restare in piedi fuori della porta.

«Non siamo venuti a dirvi di no, Goody Guester» disse il dottore.

La vecchia Peg non abboccò neanche per un istante. «Vorreste raccontarmi che quel branco d’ipocriti dal colletto inamidato acconsente a lasciar entrare un bambino nero nella nuova scuola?»

A questo punto lo sceriffo Pauley esplose come un barile pieno di polvere da sparo. «Be’, se eravate così dannatamente sicura di sapere la risposta, vecchia Peg, perché prendervi la briga di presentare la domanda?»

«Perché volevo che tutti quanti vi mostraste per quello che siete veramente, degli schiavisti che odiano i Neri! Così, un giorno, quando gli Emancipazionisti avranno vinto e ai Neri saranno riconosciuti ovunque i loro diritti, dovrete subire il pubblico disprezzo che vi meritate.»

La vecchia Peg pronunciò queste ultime parole a voce così alta che non sentì suo marito arrivarle alle spalle.

«Margaret» disse Horace Guester. «Nessuno resta in piedi nella mia veranda senza essere invitato in casa.»

«Invitali tu, allora» sbottò la vecchia Peg. Quindi, girate le spalle al dottor Physicker e allo sceriffo Pauley, se ne andò in cucina. «Me ne lavo le mani» gridò.

Però, una volta entrata in cucina, si rese conto che quando i due visitatori erano arrivati lei non stava cucinando, bensì rifacendo i letti al piano di sopra. E mentre se ne stava lì incerta sul da farsi, le venne da pensare che anche Ponzio Pilato si era lavato le mani di fronte ai farisei. E lei si era dichiarata colpevole di empietà con le sue stesse parole. Dio non l’avrebbe certamente guardata con occhio benevolo se si fosse messa a imitare l’uomo che aveva lasciato ammazzare Gesù. Perciò la vecchia Peg girò sui tacchi, rientrò nella sala comune e andò a sedersi vicino al camino. Essendo agosto, il fuoco era spento, e quello era il posto ideale per sedersi al fresco. Non come accanto al focolare di cucina, che nelle giornate estive era caldo come il cesso del diavolo. Non c’era nessun motivo per sciogliersi in sudore in cucina mentre quei tre decidevano il destino di Arthur Stuart nella stanza più fresca della casa.

Suo marito e i due ospiti la guardarono, ma non fecero alcun commento riguardo al modo in cui era uscita e poi rientrata. La vecchia Peg sapeva benissimo che cosa si diceva dietro le sue spalle — che litigare con la vecchia Peg Guester era come cercar di mettere la museruola a un ciclone — ma non le dispiaceva affatto che uomini come Whitley Physicker e Pauley Wiseman le si rivolgessero con una certa cautela. Dopo qualche istante, quando lei si fu seduta, i tre ripresero a parlare.

«Come ti dicevo, Horace, abbiamo considerato seriamente la tua proposta» disse Physicker. «Per noi sarebbe una gran comodità se la nuova maestra venisse alloggiata alla locanda anziché stare a pensione qua e là come è accaduto finora. Ma non possiamo permettere che tu lo faccia gratis. Abbiamo un numero sufficiente d’iscritti e ricaviamo un gettito sufficiente dalla tassa sulla proprietà da poterti offrire un piccolo compenso.»

«Vale a dire?»

«Dobbiamo ancora definire i particolari, ma si parlava di venti dollari l’anno.»

«Francamente» ribatté Horace «mi sembra poco, se si tratta di coprire le spese effettive.»

«Vedi, Horace, sappiamo di essere molto al di sotto delle spese. Siccome però ti eri offerto di ospitarla gratuitamente, ci sembrava comunque un miglioramento.»

Horace stava per acconsentire, ma Peg non riuscì più a sopportare tanta ipocrisia. «Lo so io di che cosa si tratta, dottor Physicker, e non è affatto un miglioramento. Non c’eravamo offerti di ospitare gratuitamente una maestra. C’eravamo offerti di ospitare gratuitamente la maestra di Arthur Stuart. E se credete che venti dollari bastino a farmi cambiare idea, sarà meglio che rifacciate i vostri calcoli.»