«Se a quella là piace tanto il pennone del fabbro, perché non glielo tagliamo? Sicuramente lei lo apprezzerebbe!»
Balenò un coltello, poi ne apparve un altro. Perché non aveva avuto il buon senso di starsene zitta? Se quelli là avessero avuto a che fare con Alvin da solo, lo avrebbero affrontato uno alla volta. Se invece volevano esibirsi di fronte a lei, non avrebbero esitato a saltargli addosso tutti insieme e conciarlo per le feste, forse ammazzarlo, sicuramente mozzargli il naso o un orecchio, o addirittura, come avevano minacciato, ridurlo a un cappone.
Alvin lanciò alla donna uno sguardo di fuoco, ingiungendole silenziosamente di tenere la bocca chiusa. Forse lei colse il suo sguardo, o capì la situazione da sola oppure semplicemente ebbe troppa paura per dire una sola parola in più: fatto sta che non tentò di proseguire la conversazione, e Alvin sì dispose a manovrare le cose in una direzione che egli potesse controllare.
«Coltelli» sibilò Alvin, mettendo nel proprio tono di voce tutto il disprezzo di cui era capace. «Dunque avete paura di affrontare un fabbro a mani nude?»
Quelli gli risero in faccia, ma i coltelli scomparvero.
«I muscoli di un fabbro non sono nulla in confronto a quelli che ci facciamo sul fiume a forza di pertica.»
«Ormai sul fiume non ci andate più, ragazzi, lo sanno tutti» li rimbeccò Alvin. «A spingere il battello ci pensa la ruota a pale, mentre voi ve ne state a ciondolare sulla sponda.»
Il ratto linguacciuto si alzò e uscì dall’ombra del portico, sfilandosi la camicia lurida. Sì, era senz’altro muscoloso, con il torace e le braccia segnati di rosso e di bianco da un buon numero di cicatrici. In più, gli mancava anche un orecchio.
«Da quello che vedo» commentò Alvin «te le sei date con un bel po’ di gente.»
«Proprio così» disse il ratto di fiume.
«E, sempre da quello che vedo, direi che la maggior parte era più in gamba di te.»
Sotto l’abbronzatura, l’uomo avvampò di rabbia dalla fronte al torace.
«Non potreste offrirmi qualcuno con cui valga la pena di fare a botte? Qualcuno che sappia anche vincere?»
«Chi te l’ha detto che non posso vincere?» urlò l’uomo, cominciando a perdere il controllo di sé, proprio com’era stato nelle intenzioni di Alvin. Ma gli altri lo trattennero.
«Il ragazzo del fabbro ha ragione, a fare a botte non sei poi granché.»
«Dategli quello che chiede.»
«Mike, pensaci tu.»
«È tuo, Mike.»
Dal fondo del portico, nel punto più in ombra, dove fino a quel momento era rimasto seduto sull’unica sedia provvista di schienale, un uomo si alzò facendosi avanti.
«Ci penso io» disse.
Subito il ratto linguacciuto indietreggiò togliendosi di mezzo. Le cose avevano preso una piega imprevista. L’uomo che i ratti di fiume avevano chiamato Mike era più grosso e robusto di tutti gli altri, e quando si tolse la camicia Alvin vide che aveva solo un paio di cicatrici, e per di più aveva ancora entrambe le orecchie, segno sicuro che, se aveva mai avuto la peggio in una rissa, ne era sempre uscito con onore.
E aveva la muscolatura di un bisonte.
«Mi chiamo Mike Fink!» ruggì. «E sono il più cattivo, il più sanguinario figlio di puttana che abbia mai camminato su queste acque! Ho strangolato alligatori a mani nude! Ho scaraventato bisonti vivi su un carro sfondando loro il cranio a forza di cazzotti! Se non mi piace la curva di un fiume, l’acchiappo da una parte e lo scrollo finché non si raddrizza! Se mi sbatto una donna, quella si rialza con tre gemelli in corpo, o non si rialza più! Quando avrò finito con te, ragazzo, i capelli ti scenderanno diritti da tutte e due le parti, perché non avrai più orecchie. Per pisciare dovrai metterti seduto, e non avrai più bisogno di farti la barba!»
Mentre Mike Fink continuava a vantarsi, Alvin si tolse la camicia, la cintura e il coltello, deponendoli sul sedile del carro. Poi tracciò un grande cerchio nella polvere, cercando di mostrarsi calmo e rilassato come se Mike Fink fosse stato un bambinetto di sette anni un po’ vivace, e non un uomo con una luce omicida nello sguardo.
Così quando Fink ebbe finito la sua sparata, il cerchio era tracciato. L’energumeno si avvicinò alla linea e cominciò a cancellarla col piede, sollevando la polvere. Poi fece tutto il giro del cerchio, continuando a cancellarlo. «Non so chi ti ha insegnato a fare a botte, ragazzo» sibilò. «Ma quando fai a botte con me, non c’è riga e non c’è regole.»
La donna aprì bocca per la seconda volta. «Evidentemente non avete regole nemmeno quando parlate, perché altrimenti sapreste che dire: ‘Non c’è regole’ è segno innegabile d’ignoranza e di stupidità.»
Fink si voltò verso la donna e fece per dire qualcosa. Ma era come sapesse di non aver niente da dire, o forse pensò che qualunque cosa avesse detto l’avrebbe fatto sembrare ancora più ignorante. Il disprezzo nella voce di lei l’aveva fatto infuriare, ma allo stesso tempo l’aveva reso dubbioso. Sulle prime, Alvin pensò che la signora, intromettendosi per la seconda volta, avesse reso la situazione ancor più pericolosa. Poi si rese conto che la donna aveva agito con Fink proprio come Alvin aveva cercato di fare con il ratto linguacciuto: provocarlo in modo da fargli commettere qualche stupidaggine. Il guaio, però, rifletté Alvin soppesando l’avversario, era che probabilmente quando s’infuriava Fink non commetteva stupidaggini, ma diventava solo più cattivo. Si batteva per uccidere. Metteva in pratica le sue minacce a proposito di strappare all’altro parti del corpo. Quello non sarebbe stato uno scontro amichevole come quelli cui Alvin era abituato, nei quali era più che sufficiente gettare a terra l’avversario o, se ci si batteva sull’erba, immobilizzarlo.
«Non sei poi così in gamba» ghignò Alvin «e lo sai, o non avresti un coltello nascosto nello stivale.»
Fink parve sconcertato, poi sorrise. Si arrotolò un calzone, estrasse un lungo coltello dallo stivale e lo gettò agli uomini alle sue spalle. «Per battere te il coltello non mi serve» gridò.
«E allora perché non ti levi il coltello che tieni nell’altro stivale?» chiese Alvin.
Fink aggrottò la fronte tirandosi su l’altro calzone. «Qui non ci sono coltelli» disse.
Alvin sapeva che era una bugia, si capisce, e fu compiaciuto nel vedere che Fink era così preoccupato da non voler rinunciare alla sua arma più segreta. Era inoltre probabile che nessun altro, a parte Alvin con la sua capacità di vedere ciò che restava celato agli altri, fosse al corrente dell’esistenza di quel coltello. Fink non voleva far sapere a nessuno che teneva un coltello anche lì, perché la notizia si sarebbe sparsa rapidamente e lui non avrebbe più potuto sfruttare quel vantaggio.
Alvin tuttavia non poteva permettersi che Fink si battesse con un coltello addosso. «Allora togliti gli stivali e combattiamo a piedi nudi» lo sfidò. Era comunque una buona idea. Alvin sapeva che, quando i ratti di fiume si battevano, avevano l’abitudine di scalciare come muli. Scalzo, Mike Fink sarebbe stato un po’ meno aggressivo.
Ma se Fink perse un po’ di aggressività, non lo diede certamente a vedere. Si mise a sedere nella polvere della strada e si sfilò gli stivali. Alvin fece lo stesso, togliendosi anche i calzini… Fink invece non ne portava. Perciò adesso entrambi indossavano solo i calzoni e, tra il sole e la polvere, i loro corpi apparivano già impastati d’argilla e striati di sudore.
Non tanto impastati, tuttavia, da impedire ad Alvin di percepire l’incantesimo protettivo che avvolgeva il corpo di Mike Fink. Com’era possibile? Aveva forse in tasca un talismano o un amuleto? La rete protettiva era più fitta sulla schiena ma, quando Alvin inviò la sua pulce a frugare nella tasca, non avvertì altro che la grossa tela di cotone dei pantaloni. In quella tasca non c’era neanche una monetina.