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Alvin si voltò, facendo schioccare la frusta nella loro direzione, più per spaventarli che per altro; in effetti non colpì nessuno. Eppure tutti quanti caddero o lasciarono andare la sponda del carro come se fossero stati veramente colpiti: in realtà era accaduto che a un tratto il legno del carro si era fatto scivoloso come se fosse stato spalmato di grasso. Reggersi era diventato impossibile. Così il carro finalmente poté avviarsi, mentre quei bravi ragazzi rovinavano nella polvere della strada.

Ma non era ancora finita. Per tornare a Hatrack, Alvin doveva fare dietrofront, ripassando davanti a loro. Stava disperatamente cercando di escogitare un piano quando udì un colpo di moschetto, assordante come una cannonata, che continuò a echeggiare a lungo nell’aria pesante di quella giornata estiva. Una volta che il carro si trovò nella direzione giusta, Alvin scorse il direttore del porto in piedi sulla piattaforma, con la moglie alle sue spalle. Tra le mani aveva un moschetto; la donna stava ricaricando quello con cui aveva appena sparato.

«Mi sembra che per la maggior parte del tempo andiamo abbastanza d’accordo, ragazzi miei» disse il direttore. «Ma oggi mi sembra che non riusciate a capire che siete stati sonoramente battuti. Perciò direi che è il momento di rimettervi tranquilli all’ombra, perché, se fate un altro passo verso quel carro, quelli che non andranno all’altro mondo per una bella scarica di pallettoni si ritroveranno sotto processo a Hatrack, e se pensate che assalire un ragazzo del luogo e la nuova maestra non possa costarvi caro, ebbene, siete proprio stupidi come sembrate.»

Fu un discorsetto non male, e funzionò meglio della maggior parte dei discorsi che Alvin avesse mai udito. I ratti di fiume tornarono a sistemarsi all’ombra del portico, bevendo a lunghe sorsate da una fiasca di metallo e guardando Alvin e la donna con aria decisamente ostile. Il direttore rientrò nel suo ufficio prima ancora che il carro svoltasse sulla strada maestra.

«Pensate che il direttore possa correre qualche rischio per il fatto di averci aiutati?» chiese la donna. Alvin fu contento di non sentire più nella sua voce quel tono arrogante, anche se la pronuncia continuava a essere nitida e metallica come il suono del martello sul ferro.

«No» rispose Alvin. «Sanno benissimo che, se succedesse qualcosa al direttore del porto, nessuno di loro potrebbe più trovare lavoro sul fiume… o, se lo trovasse, una volta a terra non arriverebbe a vedere l’alba del giorno dopo.»

«E voi?»

«Ah, io garanzie del genere non ne ho. Perciò penso che non mi farò vedere alla Foce per un paio di settimane. A quel punto quei simpaticoni avranno trovato lavoro, e si troveranno un centinaio di miglia a monte o a valle.» Poi gli tornò in mente quello che il direttore del porto aveva detto: «Siete la nuova maestra».

La donna non rispose. O almeno, non direttamente. «Immagino che anche all’Est esistano tipi come quelli, ma laggiù uno non l’incontra in un luogo pubblico come è successo qui.»

«Be’, molto meglio incontrarli in pubblico che in privato!» commentò Alvin con una risata.

La donna non rise.

«Stavo aspettando il dottor Whitley Physicker. Mi aspettava nel tardo pomeriggio, ma può darsi che sia già per strada.»

«Di strada c’è solo questa, signora» disse Alvin.

«Signorina» precisò lei. «Non ‘signora’. Questo titolo è riservato alle donne sposate.»

«Come vi dicevo, signorina, di strada c’è solo questa. Perciò, se sta venendo da questa parte, non potremo fare a meno d’incontrarlo, a meno che non metta le ali.»

Stavolta Alvin non rise alla sua stessa battuta. Tuttavia, spiando la sua passeggera con la coda dell’occhio, gli sembrò di scorgere l’ombra di un sorriso. Dunque forse non era schizzinosa come sembrava a prima vista. Forse era quasi umana. Magari avrebbe addirittura acconsentito a dare lezioni private a un certo ragazzino dalla pelle scura. Forse era davvero valsa la pena di fare quella faticata al deposito sulla sorgente.

Siccome stava conducendo il carro ed era ovviamente rivolto in avanti, non sarebbe stato normale, né tanto meno educato, voltarsi a fissarla come avrebbe voluto. Perciò inviò la sua pulce, la sua scintilla, quella parte di sé che vedeva ciò che nessuno, uomo o donna, poteva individuare con gli occhi. Per Alvin, esplorare gli altri sotto la pelle (se così si poteva definire ciò che faceva) era ormai diventata una seconda natura. Bisogna tuttavia fare una precisazione: certo, Alvin poteva vedere che cosa si nascondeva sotto i vestiti, ma questo non significava che vedesse la gente nuda. Piuttosto percepiva a distanza ravvicinata la superficie della pelle, quasi potesse entrare in ogni poro. Perciò non la considerava una forma d’indiscrezione o cose del genere. Era semplicemente un altro modo di guardare gli altri e di capirli; non era in grado di vedere la forma o il colore del corpo, ma poteva capire se l’altro sudava, aveva caldo o era teso. Avvertiva la presenza di lividi e ferite ormai cicatrizzate. Capiva se l’altro nascondeva denaro o qualche documento segreto; ma se, per esempio, voleva leggere quelle carte, doveva avvertire la presenza dell’inchiostro sulla carta, quindi rintracciarne i contorni finché non era in grado di ricostruire un’immagine mentale delle lettere. Per far questo gli ci voleva molto tempo. Non era proprio come vedere, niente affatto.

Comunque fosse, Alvin inviò la sua pulce a guardare quella signora così raffinata alla quale non poteva rivolgere direttamente lo sguardo. E quello che trovò lo colse di sorpresa. Perché, in quanto a talismani, la donna non aveva niente da invidiare a Mike Fink.

Anzi. I talismani l’avvolgevano a strati, dagli amuleti appesi al collo a quelli cuciti nei vestiti; aveva perfino un talismano di filo di ferro nascosto nella crocchia. Solo uno di essi serviva a proteggerla, ed era molto più debole di quello di Mike Fink. Gli altri invece servivano a… che cosa? Alvin non aveva mai visto niente del genere, e dovette riflettere ed esplorare non poco prima di farsi un’idea dello scopo di quella ragnatela di talismani. Il massimo cui poté arrivare era che in qualche modo tutti quei talismani costituivano un potente mascheramento, facendo sì che la donna non apparisse quella che era veramente.

Il primo pensiero che gli venne, e mi sembra ovvio, fu quello di scoprire che cosa ci fosse veramente sotto quel travestimento. Gli abiti che indossava erano senz’altro veri: l’incantesimo mutava solo il timbro della voce, il colore e la consistenza della pelle. Ma Alvin aveva poca pratica di mascheramenti, e nessuna di mascheramenti ottenuti grazie a talismani. La maggior parte delle persone creava un beseeming con una parola e un gesto della mano, insieme a un disegno del modo in cui voleva apparire. L’effetto risiedeva tutto nella mente dello spettatore: una volta che quest’ultimo riusciva a vedere attraverso l’illusione, essa non poteva più ingannarlo. E, siccome Alvin riusciva sempre a vedere attraverso l’illusione, simili mascheramenti non avevano alcun potere su di lui.

Quello però era diverso. L’incantesimo cambiava il modo in cui la luce colpiva la donna e rimbalzava, così che non si era indotti a scorgere qualcosa che non c’era. No, si vedeva davvero qualcosa di diverso, perché la luce arrivava agli occhi in quel modo. Dato che non si trattava di un’illusione generata dalla mente di Alvin, conoscere il trucco non lo aiutava a vedere la verità. E anche ricorrendo alla sua pulce non poteva dir molto riguardo a ciò che si celava dietro i talismani, tranne il fatto che la donna non era poi così ossuta e rugosa, il che gli fece pensare che potesse essere più giovane di quanto apparisse.