«Qualcosa di scritto? No, non ne ho bisogno. È un mio carissimo amico, e ho mandato a memoria molti dei suoi versi.»
«Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe arrivato così lontano… A Filadelfia, figuriamoci!»
«Il nostro Blake ha illuminato col suo genio molti salotti di quella città, Goody Guester. Dunque, che ne direste di tenere la nostra prima soirée domenica prossima?»
«La sua re? E che sarebbe?»
«Soirée. Una riunione serale, magari con un bel ponce allo zenzero…»
«Ah, in quanto a ricevere la gente non potete insegnarmi nulla, signorina Larner. E se è questo il prezzo che devo pagare per l’istruzione di Arthur Stuart, ho una gran paura di approfittarmi di voi, perché in questo modo mi sa che saremo noi a guadagnarci due volte.»
«Siete molto gentile, Goody Guester. Ma debbo rivolgervi una domanda.»
«Chiedete pure. Anche se non posso promettervi che sarò molto brava a rispondere.»
«Goody Guester… Conoscete il Trattato sugli Schiavi Fuggiaschi?»
La paura e la rabbia trafissero il cuore della vecchia Peg al solo udire quelle parole. «Un’opera proprio diabolica!»
«La schiavitù è certamente un’opera diabolica, ma questo trattato è stato firmato per rendere possibile l’unione degli Appalachi al Patto Americano, ed evitare alla nostra fragile nazione una guerra con le Colonie della Corona. E la pace non può certo esser definita una cosa diabolica.»
«Sì che lo è, se è una pace che dice che possono mandare i loro maledetti Cacciatori negli Stati liberi per riacciuffare i Neri e farli tornare schiavi!»
«Può darsi che abbiate ragione, Goody Guester. Si potrebbe addirittura sostenere che il Trattato sugli Schiavi Fuggiaschi non è tanto un trattato di pace quanto una dichiarazione di resa. Ciononostante, è la legge di questa terra.»
Solo allora la vecchia Peg si rese conto di ciò cui la maestra intendeva alludere. Perché mai avrebbe dovuto tirar fuori il Trattato sugli Schiavi Fuggiaschi se non per accertarsi che la vecchia Peg sapesse che Arthur Stuart non era al sicuro, che i Cacciatori potevano arrivare in qualsiasi momento dalle Colonie della Corona e rivendicare la sua proprietà in nome di qualche famiglia di cosiddetti bravi cristiani? Peggio ancora, quel discorso significava anche che la signorina Larner non aveva creduto a una sola parola della sua storia a proposito della provenienza di Arthur Stuart. E se la maestra aveva smascherato così facilmente la sua menzogna, come poteva la vecchia Peg pensare che tutti gli altri ci credessero? Per quanto ne sapeva, forse l’intera città di Hatrack aveva da tempo capito che Arthur Stuart era uno schiavetto nero, riuscito in qualche modo a scappare e a trovarsi una mamma bianca.
E se lo sapevano tutti, chi avrebbe potuto impedire a qualcuno di fare la spia, inviando nelle Colonie della Corona la notizia che in una certa locanda vicino al fiume Hatrack viveva uno schiavetto fuggiasco? Il Trattato sugli Schiavi Fuggiaschi rendeva evidentemente illegale la sua adozione di Arthur Stuart. Avrebbero potuto strapparle il bambino dalle braccia e non farglielo più rivedere. Anzi, se mai la vecchia Peg si fosse recata al Sud, avrebbero potuto arrestarla e impiccarla in base alle leggi sulla detenzione illegale di schiavi promulgate da re Arthur. E l’idea di quel mostruoso re acquattato nella sua spelonca di Camelot le rammentò la cosa più orrenda di tutte: se mai le avessero tolto Arthur Stuart per portarlo al Sud, gli avrebbero sicuramente cambiato nome. Nelle Colonie della Corona possedere uno schiavo con lo stesso nome del re sarebbe stato un atto di alto tradimento. Perciò il povero Arthur si sarebbe trovato di colpo con un altro nome mai udito prima. La vecchia Peg non poté fare a meno di pensare a quel povero bambino in preda alla più totale confusione, con qualcuno che lo chiamava e lo richiamava e poi lo frustava perché non aveva risposto… Ma come avrebbe potuto rispondere se nessuno lo chiamava col suo vero nome?
Il suo viso doveva aver illustrato perfettamente i pensieri che le attraversavano la mente, perché la signorina Larner le si avvicinò posandole con delicatezza le mani sulle spalle.
«Da me non avete nulla da temere, Goody Guester. Ricordate che vengo da Filadelfia, dove la gente discute apertamente della necessità di opporsi a quel trattato. Un giovane della Nuova Inghilterra chiamato Thoreau ha già fatto molto rumore sostenendo che a una cattiva legge bisogna ribellarsi, che un bravo cittadino dev’essere pronto a rischiare personalmente la prigione piuttosto che sottomettervisi. Se lo sentiste parlare, vi sarebbe di grande conforto.»
La vecchia Peggy non era così sicura. Il solo pensiero di quel trattato la raggelava. La prigione? A che sarebbe servita, se nel frattempo Arthur Stuart veniva condotto al Sud a suon di frustate, in catene? Comunque fosse, non era certo cosa che riguardasse la maestra. «Non capisco perché mi diciate tutte queste cose, signorina Larner. Arthur Stuart è nato libero da una Nera libera. Il Trattato sugli Schiavi Fuggiaschi non mi riguarda nemmeno di lontano.»
«Allora non ci penseremo più, Goody Guester. E ora, se volete perdonarmi, sono un po’ stanca per il viaggio, e avevo sperato di poter andare a letto presto, anche se fuori è ancora chiaro.»
La vecchia Peg balzò in piedi, estremamente sollevata all’idea di non dover più parlare di Arthur e del Trattato. «Ma certo. Comunque non andrete a letto senza fare il bagno, eh? Non c’è niente come un bagno per chi ha viaggiato.»
«Sono senz’altro d’accordo, Goody Guester. Temo tuttavia che nel mio bagaglio non vi fosse posto anche per una vasca.»
«Appena arrivo a casa vi mando Horace con la vasca di riserva e, se non le spiace accendere la stufa, possiamo attingere l’acqua dal pozzo di Gertie: in un momento sarà calda al punto giusto.»
«Ah, Goody Guester, temo proprio che prima di notte mi avrete convinto di essere ancora a Filadelfia. Per me sarà quasi una delusione, perché mi ero corazzata contro i rigori di una vita primitiva in mezzo ai boschi, e adesso scopro che siete pronta a offrirmi tutti i benefici della civiltà.»
«Immagino che più o meno mi abbiate ringraziato, perciò vi rispondo che il piacere è tutto mio, e che sarò di ritorno in un batter d’occhio con Horace e la vasca. E non azzardatevi ad attingere l’acqua voi stessa, almeno non stasera. Mettetevi lì buona a leggere, a filosofare o qualsiasi cosa facciano le persone istruite invece di addormentarsi.»
La vecchia Peg uscì dal deposito e corse verso la locanda come se avesse avuto le ali ai piedi. Dunque la signora maestra non era poi così male come le era sembrata all’inizio. Sì, quando si metteva a usare quei paroloni, la vecchia Peg non capiva neanche la metà di quello che diceva, ma se non altro non si rifiutava di parlare con la gente come lei… e poi avrebbe dato lezioni gratis ad Arthur, e per giunta avrebbe anche tenuto letture di poesia giù alla locanda. Soprattutto, però… soprattutto forse sarebbe stata disposta a fare quattro chiacchiere con la vecchia Peg, e forse col tempo un po’ della sua intelligenza le sarebbe rimasta attaccata. Non che a una donna come la vecchia Peg l’intelligenza potesse poi servire a molto, ma in fondo non era la stessa cosa di un anello prezioso al dito di una ricca signora? E se frequentare quell’istruita zitella dell’Est avesse dato alla vecchia Peg anche solo un briciolo di comprensione in più del vasto mondo al di là di Hatrack, sarebbe stato più di quanto la vecchia Peg avesse mai sperato di raggiungere in vita sua. Sarebbe stato come applicare una macchiolina di colore sull’ala di un banale moscerino. Non avrebbe trasformato il moscerino in una farfalla, però il moscerino non si sarebbe più gettato nel fuoco per la disperazione.
La signorina Larner guardò la vecchia Peg allontanarsi sul sentiero. Mamma, sussurrò. No, neanche lo sussurrò. Non schiuse nemmeno le labbra che però si contrassero lievemente.