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«Ah, ma a me non importa più niente, visto che l’idea non è stata vostra.» Alvin si rimise in tasca la moneta e si avviò col secchio pieno d’acqua sul pendio che portava al vecchio deposito.

Evidentemente non era abituato a camminare accanto a una signora. Procedeva a passi troppo lunghi e rapidi perché lei potesse stargli dietro. Per giunta, Peggy non poteva nemmeno seguirlo… Alvin infatti sembrava non curarsi della pendenza. Non era come un adulto, ma come un bambino che prende la via più diretta, anche se ciò significa oltrepassare ostacoli che potrebbero benissimo essere scansati.

Eppure ho soltanto cinque anni più di lui. Possibile che mi sia lasciata condizionare dal mio travestimento? Che a ventitré anni io pensi, agisca e viva come una donna di quarantasei? Anch’io una volta amavo camminare proprio come lui, scegliendo i passaggi più difficili, per il gusto di dimostrare a me stessa che potevo superarli…

Ciononostante, Peggy prese la via più facile, costeggiando la collina e salendo dove il pendio era più lungo e agevole. Alvin era già arrivato e l’attendeva davanti alla porta chiusa.

«Perché non hai aperto la porta e non hai messo dentro il secchio? La porta non era chiusa a chiave» disse lei.

«Scusate, signorina Larner, ma questa è una porta che non vuole essere aperta, che sia chiusa a chiave oppure no.»

Dunque, pensò Peggy, vuole esser sicuro che io sia a conoscenza dei talismani nascosti che ha inciso nella serratura. Non erano molti coloro che potevano vedere un talismano nascosto… A dire il vero, non ne sarebbe stata in grado nemmeno lei. Se osservandolo da lontano non glieli avesse visti fabbricare, non avrebbe avuto modo di venirne a conoscenza. Naturalmente però non poteva dirglielo. Perciò chiese: «Ah, c’è forse qualche protezione che io non posso vedere?»

«Ho solo messo un paio di talismani dentro la serratura. Niente di speciale, ma dovrebbero renderla abbastanza sicura. E un altro l’ho messo sulla stufa, in modo che le scintille non potessero far danni.»

«Hai molta fiducia nei tuoi talismani, Alvin.»

«In tutta sincerità, sono bravo. Un talismano purchessia lo sa disegnare la maggior parte delle persone, signorina Larner. Ma non sono molti i fabbri capaci d’inciderli nel ferro. Volevo solo che lo sapeste.»

Non era solo questo che voleva farle sapere, naturalmente. Perciò Peggy gli diede la risposta che egli sperava. «Mi sembra di capire, dunque, che abbia contribuito anche tu a risistemare il vecchio deposito.»

«Ho fatto le finestre, signorina Larner. Vanno su e giù che è un piacere, e con i cavicchi potete fermarle all’altezza che volete. E la stufa, la serratura e le cerniere. Le pareti, invece, le ha raschiate il mio aiutante, Arthur Stuart.»

Per essere un giovanotto cresciuto in mezzo ai boschi, stava manovrando la conversazione con una certa abilità. Per un momento Peggy pensò di giocare con lui, di fingere di non capire a che cosa alludesse, tanto per vedere come se la cavava. Ma no… Alvin voleva soltanto chiederle che cosa fosse venuta a fare. Non c’era nessun bisogno di rendergli la vita difficile. Ciò che lo attendeva era già abbastanza duro.

«Arthur Stuart» ripeté lei. «Dev’essere lo stesso ragazzo a cui Goody Guester mi ha chiesto di dar lezioni private.»

«Ah, ve l’ha già chiesto? O forse non avrei dovuto farvi questa domanda?»

«Non ho intenzione di tenere la cosa segreta, Alvin. Sì, darò lezioni ad Arthur Stuart.»

«Ne sono contento, signorina Larner. È il ragazzo più in gamba che ci sia da queste parti. Ed è un imitatore! Pensate, gli basta sentire qualcosa una volta e lui subito la ripete con la stessa voce. Una cosa da non credersi.»

«Spero soltanto che non si metta a fare giochetti del genere durante la lezione.»

Alvin aggrottò la fronte. «Ecco, signorina Larner, non è proprio un gioco. Lo fa senza volere. Insomma, se gli si dice qualcosa e lui lo ripete, non lo fa per prendere in giro o roba del genere. Il fatto è che, quando sente dire qualcosa, se lo ricorda insieme alla voce di chi glielo ha detto, se capite quello che voglio dire. Non riesce a separare le parole dalla voce che le ha pronunciate.»

«Lo terrò presente.»

Peggy udì sbattere una porta in lontananza. Subito spinse lo sguardo fin laggiù e vide le fiamme vitali di suo padre e di sua madre muoversi nella sua direzione. Stavano litigando, naturalmente, e se Alvin aveva qualcosa da chiederle avrebbe dovuto farlo subito.

«Volevi per caso domandarmi qualcos’altro, Alvin?»

Era il momento che Alvin attendeva, ma la timidezza prese il sopravvento. «Ecco, avevo idea di chiedervi… Ma badate che se vi ho portato l’acqua fin qui non l’ho fatto perché vi sentiste obbligata o roba del genere. L’avrei fatto comunque, per chiunque, e riguardo a quello che è successo stamattina, be’, non sapevo che eravate la nuova maestra. Voglio dire che forse avrei potuto immaginarmelo, ma non ci ho pensato… Perciò quello che ho fatto l’ho fatto perché mi veniva, e voi non mi dovete proprio nulla…»

«Penso che spetti a me decidere quanta gratitudine debbo provare, Alvin. Che cosa volevi chiedermi, dunque?»

«Sicuramente sarete occupata con Arthur Stuart, perciò non penso che avrete molto tempo libero, magari solo una volta la settimana, per un’ora. Potremmo farlo di sabato… In quanto al compenso chiedetemi pure quel che volete: il mio padrone mi ha lasciato un po’ di tempo libero, e io ho messo da parte qualcosa, e…»

«Insomma, Alvin, vorresti che io ti facessi da istitutrice?»

Alvin non capì.

«Che ti facessi da istitutrice. Che ti dessi lezioni private.»

«Sì, signorina Larner.»

«La tariffa è cinquanta centesimi la settimana. Verrai insieme ad Arthur Stuart. Arriverai quando arriverà lui, e te ne andrai quando se ne andrà lui.»

«Ma come potrete insegnare a tutti e due insieme?»

«Ho l’impressione che parte di ciò che insegnerò a lui potrà servire anche a te, Alvin. E, quando gli assegnerò qualche esercizio di calcolo o di scrittura, avrò tutto il tempo di conversare con te.»

«È solo che non vorrei portare via del tempo ad Arthur.»

«Pensaci bene, Alvin. Non sarebbe opportuno che tu venissi a prendere lezioni da solo. Anche se ho qualche anno più di te, c’è gente che sarebbe ben felice di cogliermi in fallo, e dare lezioni private a un giovane scapolo darebbe certamente adito alle chiacchiere. Invece Arthur Stuart sarà sempre presente alle tue lezioni, e la porta di casa resterà sempre aperta.»

«Potremmo andare alla locanda, e voi potreste darmi lezioni laggiù.»

«Alvin, le mie condizioni sono queste. Vuoi che ti faccia da istitutrice o no?»

«Sì, signorina Larner.» Alvin si ficcò la mano in tasca e ne tirò fuori una moneta. «Ecco un dollaro per le prime due settimane.»

Peggy guardò la moneta. «Credevo che questo dollaro volessi restituirlo al dottor Physicker.»

«Non vorrei che con tutti quei soldi si sentisse a disagio, signorina Larner.» E sorrise.

Sarà anche timido — pensò Peggy — ma non riesce a star serio troppo a lungo. In lui ci sarà sempre una vena d’ironia, appena sotto la superficie, e prima o poi vena fuori.

«No. Direi di no» commentò lei. «Le lezioni incominceranno la settimana prossima. Grazie per l’aiuto.»

In quell’istante, comparvero sul sentiero suo padre e sua madre. Horace barcollava sotto il peso di una grande vasca che portava capovolta sulla testa. Alvin corse immediatamente ad aiutarlo… o meglio, a prendere la vasca e a portarla lui stesso.

Fu così che Peggy vide la faccia di suo padre per la prima volta dopo più di sei anni: tutta rossa e sudata, mentre egli ancora ansimava per lo sforzo. E adirata, per giunta, o quanto meno irritata. Sebbene mamma gli avesse senza dubbio assicurato che la nuova maestra non era assolutamente arrogante come sembrava a prima vista, suo padre era ancora risentito per quell’estranea che si era piazzata nel vecchio deposito, luogo che ai suoi occhi apparteneva soltanto alla figlia da lungo tempo scomparsa.