«Perdonato?»
A questa domanda, l’espressione di Thrower si rannuvolò.
Cavil si affrettò a rassicurarlo. «No, se non volete dirmelo non ha nessuna importanza.»
«Quasi… quasi non riesco a pensarci. Ma ora che evidentemente sono stato giudicato degno — o per lo meno mi è stata concessa un’altra possibilità — ve lo posso dire. Fratello Cavil, una volta mi è stata affidata una missione, una missione oscura, difficile e segreta come la vostra. Ma mentre voi avete avuto il coraggio e la forza di portarla a termine, io ho fallito miseramente. Ho tentato, però non ho avuto l’acume o il vigore necessari a sconfiggere le forze diaboliche. Allora ho temuto di essere stato respinto, escluso. Ecco perché sono diventato un predicatore itinerante: mi sentivo indegno di un pulpito solo per me. Ma ora…»
Cavil annuì, stringendo la mano dell’uomo, mentre le lacrime gli rigavano le guance.
Finalmente Thrower alzò lo sguardo. «In che modo pensate che il nostro… Amico intenda farmi contribuire alla vostra opera?»
«Non saprei» disse Cavil. «Francamente, così su due piedi, riesco a pensare un modo soltanto.»
«Fratello Cavil, non sono certo di potermi assumere un compito così ributtante.»
«Secondo la mia esperienza, il Signore può rafforzarvi al punto da renderlo… sopportabile.»
«Ma nel mio caso, fratello Cavil… Vedete, non ho mai conosciuto una donna nel senso in cui ne parla la Bibbia. Solo una volta le mie labbra hanno toccato quelle di una donna, ed è accaduto contro la mia volontà.»
«Allora farò del mio meglio per aiutarvi. Che ne direste se pregassimo insieme a lungo e con tutto il cuore, e poi io vi facessi vedere come si fa?»
Be’, a quanto pareva, così su due piedi, non riuscirono a trovare un’idea migliore, e così ci provarono. A dire il vero, il reverendo Thrower imparò piuttosto in fretta. Cavil fu enormemente sollevato dal fatto di non essere più solo, per non parlare poi dello strano piacere che provò nel farlo mentre qualcun altro lo guardava, e poi guardare l’altro mentre lo faceva a sua volta. Mescolare il loro seme nello stesso ricettacolo, se mi concedete l’espressione, era come cementare la loro fratellanza. Come ebbe a dire lo stesso reverendo Thrower: «Quando giungerà l’ora del raccolto, fratello Cavil, non potremo sapere di chi sarà il seme giunto a maturazione, perché stavolta il Signore ha concesso a entrambi di fecondare lo stesso campo».
Quindi il reverendo Thrower chiese come si chiamasse la ragazza. «Be’, l’abbiamo battezzata con il nome di Hepzibah, ma lei si fa chiamare Scarafaggio.»
«Scarafaggio!»
«Prendono tutti quanti il nome di un animale. Penso che non abbia una grande opinione di se stessa.»
A queste parole, Thrower allungò la mano verso quella della ragazza dandole un colpetto affettuoso, un gesto delicato, come se Thrower e Scarafaggio fossero stati marito e moglie. Cavil quasi scoppiò a ridere. «Ascolta, Hepzibah» disse Thrower. «D’ora in poi devi usare il tuo nome cristiano, e non quello degradante di un animale.»
Scarafaggio si limitò a fissarlo a occhi sgranati, rannicchiata sul materasso.
«Perché non risponde, fratello Cavil?»
«Ah, in queste circostanze non parlano mai. Gliel’ho fatto intendere a forza di botte: cercavano sempre di convincermi a non farlo. Ho pensato che fosse meglio il silenzio piuttosto che sentirmi dire da loro ciò che il diavolo voleva farmi ascoltare.»
Thrower si rivolse nuovamente alla donna. «Ma ora sono io che ti chiedo di parlarmi, Scarafaggio. Non pronuncerai parole diaboliche, vero?»
Per tutta risposta, lo sguardo di Scarafaggio vagò verso l’alto, fino al punto in cui un pezzo di lenzuolo era ancora annodato a una delle travi del soffitto. Qualcuno l’aveva tranciato di netto sotto il nodo.
Thrower sbiancò in volto. «Vuoi dire che questa è la stessa stanza in cui… La ragazza che abbiamo seppellito…»
«È quella che ha il letto migliore» spiegò Cavil. «Meglio non farlo su una stuoia di paglia, se non è assolutamente necessario…»
Thrower non rispose. Si limitò a uscire in tutta fretta dalla stanza, gettandosi a testa bassa nell’oscurità. Cavil sospirò, prese la lanterna e lo seguì. Trovò Thrower piegato in due sulla cisterna dell’acqua. Udì anche Scarafaggio scivolar fuori dalla capanna in cui era morta Salamandy, diretta al proprio alloggio, ma la ragazza in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Il problema era Thrower: sicuramente quell’uomo non era così fuori di sé da vomitare nell’acqua potabile!
«Sto bene» mormorò Thrower. «È solo che… la stessa stanza… non è per superstizione, capite. Mi sembrava poco rispettoso verso la defunta.»
Quella gente del Nord. Anche quando capivano qualcosa a proposito della schiavitù, non riuscivano a sbarazzarsi dell’idea preconcetta che i Neri fossero esseri umani come loro. Smetteresti forse di usare una stanza solo perché c’è morto un topo, o perché una volta hai schiacciato un ragno contro la parete? Abbatteresti forse la stalla solo perché c’è morto il tuo cavallo preferito?
Comunque, finalmente Thrower si riprese, si tirò su i calzoni, riabbottonandoseli come si deve, e poi rientrarono in casa. Fratello Cavil lo fece dormire nella camera degli ospiti, una stanza che evidentemente non veniva usata molto spesso, perché quando Cavil diede una manata sulla coperta si alzò una nuvola di polvere. «Avrei dovuto immaginare che in questa stanza gli schiavi avrebbero battuto la fiacca» disse fratello Cavil.
«Non importa» lo rassicurò Thrower. «In una notte così calda, non ho bisogno di coperte.»
Percorrendo il corridoio verso la sua camera da letto, Cavil si fermò un istante per ascoltare il respiro di sua moglie. Come talvolta accadeva, la udì gemere sommessamente. Il dolore doveva essere quasi insopportabile. Oh, Signore, pensò Cavil, quante volte ancora debbo compiere la Tua volontà prima che Tu abbia pietà di me e guarisca la mia Dolores? Ma Cavil non varcò quella soglia: non poteva fare niente per aiutarla, oltre a pregare, e aveva bisogno di dormire. Lui e Thrower avevano fatto tardi, e l’indomani era un giorno di lavoro come tutti gli altri.
Dolores doveva aver proprio passato una brutta notte: infatti all’ora di colazione era ancora profondamente addormentata. Perciò Cavil finì col consumare il primo pasto della giornata insieme a Thrower. Il predicatore divorò una straordinaria quantità di salsicce e pane tostato. «Il servizio del Signore fa venire una fame da lupi!» Tutti e due ci fecero sopra una bella risata.
Dopo colazione uscirono a fare quattro passi. Il caso volle che passassero accanto alla macchia in cui era stato sepolto il corpo di Salamandy. Se Thrower non avesse proposto di andare a vedere la tomba, probabilmente Cavil non avrebbe mai saputo che cos’avevano combinato i Neri la notte prima. La tomba era stata tutta pesticciata, e la terra si era trasformata in fanghiglia. Il fango quasi secco brulicava di formiche.
«Formiche!» esclamò Thrower. «Impossibile che sentano il corpo sepolto là sotto.»
«No» disse Cavil. «Quello che sentono è più fresco e in superficie. Guardate… pezzi d’interiora.»
«Non avranno per caso… esumato il corpo e…»
«Non sono le sue viscere, reverendo Thrower. Probabilmente uno scoiattolo, un merlo o qualche altro piccolo animale. Durante la notte hanno compiuto un sacrificio al demonio.»
A bassa voce, Thrower attaccò immediatamente una preghiera.
«Sanno bene che nella mia piantagione queste cose sono proibite» sibilò Cavil. «Entro stasera ogni prova sarebbe sicuramente scomparsa. Pensavano di farla franca dietro le mie spalle. Ma io non lo tollererò.»