«In ventuno anni la fisica può cambiare» obiettò Michiko. «Nel 1988 si credeva a un sacco di cose che oggi sappiamo non essere vere. Un nuovo paradigma, un nuovo modello, possono scalzare Minkowski o Einstein.»
Lloyd non seppe che cosa replicare.
«Potrebbe succedere» aggiunse Michiko con fervore.
Lloyd cercò di rendere più dolce il tono della sua voce. «Ho bisogno… ho bisogno di qualcosa di più del tuo fervido desiderio. Ho bisogno di una spiegazione razionale, ho bisogno di una teoria consistente che mi spieghi perché le visioni sarebbero qualcosa di diverso dall’unico futuro prefissato.» Si bloccò prima di proseguire dicendo: «Un futuro in cui non è destino che noi ci sposiamo.»
La voce di Michiko stava diventando disperata. «D’accordo, allora, d’accordo, forse le visioni sono quelle di un futuro reale, concreto… ma non del 2030.»
Lloyd si rese conto che non poteva calcare troppo la mano; sapeva che Michiko era vulnerabile… al diavolo, sapeva anche di essere vulnerabile lui stesso. Però era necessario che lei fronteggiasse la realtà. «La prova fornita dai giornali sembra più che decisiva» disse con dolcezza.
«No… no, non lo è.» Michiko sembrava diventare via via più risoluta. «Non lo è affatto. Le visioni potrebbero riferirsi a un periodo molto più lontano nel futuro.»
«Che cosa vuoi dire?»
«Sai chi è Frank Tipler?»
Lloyd aggrottò la fronte. «Un alcoolizzato onesto?»
«Che cosa? Ah, ho capito… no, è Tipler, con una p sola{Gioco di parole. Frank, oltre che essere nome proprio, significa franco, onesto; ‘tippler’ significa ubriacone, alcolizzato, e si pronuncia come ‘tipler’ (NdT).}. Ha scritto La fisica dell’immortalità.»
«La fisica di che cosa?» disse Lloyd, inarcando le ciglia.
«Immortalità. Vivere per sempre. E quello che hai sempre desiderato, no? Tutto il tempo del mondo; tutto il tempo per fare tutte le cose che vuoi fare. Bene, Tipler afferma che al punto Omega — la fine del mondo — noi risorgeremo tutti e vivremo in eterno.»
«Che razza di sciocchezza è questa?»
«Riconosco che è una balla» disse Michiko. «Ma lui ha sollevato una questione interessante.»
«Eh?» disse Lloyd, sprizzando scetticismo.
«Tipler sostiene che alla fine la vita basata sul computer soppianterà la vita biologica, e che la capacità di elaborazione delle informazioni continuerà a espandersi anno dopo anno, finché a un certo punto, in un futuro lontano, nessun concepibile problema di calcolo sarà impossibile. Non ci sarà nulla che la macchina della vita futura non avrà il potere e le risorse per calcolare.»
«Immagino di sì.»
«Ora, considera una descrizione esatta, specifica di ogni atomo del corpo umano: di che tipo è, dove è localizzato, e come si mette in relazione con altri atomi del corpo. Se lo sapessimo, potremmo resuscitare una persona nella sua interezza: un duplicato preciso, fino ai ricordi unici immagazzinati nel cervello e all’esatta sequenza dei nucleotidi che formano il DNA. Tipler sostiene che un computer sufficientemente avanzato, in un futuro sufficientemente remoto, potrà facilmente ricrearti semplicemente costruendo un simulacro che riflette la stessa informazione: gli stessi atomi, negli stessi posti.»
«Ma non esiste nessuna registrazione di me. Non puoi ricostruirmi senza, come dire, senza una scansione di me stesso… qualcosa del genere.»
«Non ha importanza. Tu potresti essere riprodotto senza nessuna specifica informazione su di te.»
«Ma di che stai parlando?»
«Tipler sostiene che esistono circa 110.000 geni attivi che compongono un essere umano. Ciò significa che tutte le possibili permutazioni di questi geni — tutti i possibili esseri umani biologicamente distinti che possono concepibilmente esistere — ammontano a dieci alla decima alla sesta differenti individui. Perciò, se fosse possibile simulare tutte queste permutazioni…»
«Simulare dieci alla decima alla sesta esseri umani?» disse Lloyd. «Andiamo!»
«Tutto deriva dal fatto che tu hai a disposizione infinite capacità di elaborazione delle informazioni» disse Michiko. «Può esistere una gran quantità di esseri umani possibili, ma è pur sempre un numero finito.»
«Chiamalo finito!»
«C’è anche un numero finito di possibili stati della memoria. Con una sufficiente capacità di immagazzinaggio, non solo si potrebbe riprodurre qualsiasi possibile essere umano, ma anche qualsiasi possibile blocco di ricordi che ognuno di essi possiede.»
«Ma occorrerebbe un umano simulato per ogni stato di memoria» disse Lloyd. «Uno nel quale ieri sera ho mangiato la pizza… o almeno ho il ricordo di averla mangiata. Un altro in cui ho mangiato un hamburger. Et cetera, et cetera, ad nauseam.»
«Esattamente. Ma Tipler afferma che è possibile riprodurre tutti i possibili esseri umani che potranno mai esistere, e tutti i possibili ricordi che potranno mai avere, in dieci alla decima alla ventitreesima bit.»
«Dieci alla decima alla…»
«Dieci alla decima alla ventitreesima.»
«È una follia» disse Lloyd.
«E’ una quantità finita. E si potrebbe riprodurre tutto su un computer sufficientemente avanzato.»
«Ma perché qualcuno dovrebbe fare una cosa del genere?»
«Be’, Tipler dice che il punto Omega ci ama, e…»
«Ci ama?»
«Dovresti proprio leggere il libro; lui riesce a rendere il discorso molto più ragionevole di quanto non possa fare io.»
«Ci puoi scommettere» disse Lloyd, impassibile.
«E ricorda che il passare del tempo rallenterà man mano che l’universo giunge al suo termine, se alla fine collasserà in un Big crunch…»
«Molti studi indicano che questo non avverrà, lo sai; non c’è massa sufficiente, anche prendendo in considerazione la materia scura, per chiudere l’universo.»
Michiko lo incalzò. «Ma se collassa, il tempo sarà protratto al punto che sembrerà impiegare un’eternità per farlo. E ciò significa che gli umani risorti sembreranno vivere per sempre; saranno immortali.»
«Oh, andiamo. Un giorno o l’altro, se sarò fortunato, forse avrò il Nobel. Ma questa è tutta l’immortalità che chiunque possa augurarsi.»
«Non secondo Tipler» disse Michiko.
«E tu te la bevi?»
«Ecco, no, non del tutto. Però, magari mettendo da parte i sottintesi religiosi di Tipler, non riesci a concepire un futuro lontano, lontanissimo in cui… diciamo, qualche liceale annoiato decide di simulare ogni possibile umano e ogni possibile stato di memoria?»
«Penso di sì. Forse.»
«In effetti non ha bisogno di simulare tutti gli stati possibili… potrebbe simularne solo uno a caso.»
«Oh, capisco. E tu stai dicendo che ciò che abbiamo visto — le visioni — non appartengono al vero futuro fra ventuno anni, ma sono invece le conseguenze di questo remotissimo esperimento scientifico. Una simulazione, una possibile immagine artificiale. Solo uno degli infiniti… scusa, dei quasi infiniti futuri possibili.»
«Esattamente!»
Lloyd scrollò il capo. «E un po’ dura da mandare giù.»
«Davvero? È così dura? Più dura da mandare giù dell’idea che noi abbiamo visto il futuro, e che quel futuro è immutabile, e che perfino il fatto di conoscerlo in anticipo non sarebbe sufficiente a permetterci di evitare che quel futuro si avveri? Voglio dire, ma dai… se tu hai una visione nella quale fra ventuno anni ti trovi in Mongolia, tutto quello che devi fare per sconfiggere la visione è non andare in Mongolia. Di certo non puoi prevedere che sarai costretto ad andare in Mongolia contro la tua volontà, no? Noi l’abbiamo, una volontà.»