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«Sei scemo?» disse Mitchell. «Noi non facciamo queste porcherie con le budella. E se lo facciamo non è certo davanti al 7-Eleven: è lì che vado a prendere il giornale, la domenica.»

«Oh» disse Habib. «Be’, allora potremmo fare qualcosa di erotico. Potremmo fare divertenti giochini perversi con lei… molte, molte volte. Se lei vivesse nel mio Paese, sarebbe svergognata per sempre, nella comunità. Sarebbe un’emarginata. Naturalmente, visto che è un’americana decadente e immorale, sarà invece compiacente e si sottometterà alle perversioni che le infliggeremo, le piaceranno immensamente. Però, aspetta, forse potremmo mutilarla per renderle sgradevole l’esperienza.»

«Ehi, della mutilazione non mi importa, ma sta’ attento con questa faccenda del sesso» disse Mitchell a Habib. «Io ho una famiglia. Se mia moglie viene a sapere qualcosa sono fottuto.»

Capitolo 2

Alzai le braccia al cielo. «Insomma, che diavolo volete?»

«Vogliamo il tuo amichetto Ranger, e sappiamo che lo stai cercando» disse Mitchell.

«Non sto cercando Ranger. Vinnie ha dato l’incarico a Joyce Barnhardt.»

«Non so chi sia Joyce Barnhardt» disse Mitchell. «Io conosco te e ti dico che stai cercando Ranger. E quando lo troverai devi dircelo. Se non lo prendi come un dovere… serio, lo rimpiangerai.»

«Do-ve-re» disse Habib. «Mi piace. Ben detto. Penzo che me ne ricorderò.»

«“Penso”» disse Mitchell. «Si pronuncia “penso”.»

«Penzo.»

«Penso!»

«È quello che ho detto. Penzo.»

«Questo beduino è appena arrivato» disse Mitchell rivolto a me. «Prima lavorava per il nostro capo con altre mansioni, in Pakistan, ma è arrivato con l’ultimo carico di merce e non abbiamo più potuto liberarcene. Deve imparare ancora molte cose.»

«Non sono un beduino» gridò Habib. «Ti pare che sia vestito come un beduino? Sono in America, adesso, e non mi metto più certe cose. E non è carino che tu mi dica questo.»

«Beduino» disse Mitchell.

Habib strinse gli occhi. «Lurido bastardo americano.»

«Panzone.»

«Figlio di un cammelliere.»

«Fottiti» disse Mitchell.

«Ti cascassero le palle» rispose Habib.

Probabilmente non c’è alcun bisogno che io mi preoccupi di questi due tizi, pensai: si ammazzeranno l’un l’altro prima di sera. «Devo salutarvi, adesso» dissi. «Sto andando a casa dei miei per pranzo.»

«Non devi passartela bene» rispose Mitchell «se ti tocca scroccare il pranzo dai tuoi. Potremmo aiutarti in questo, sai? Tu ci dai quello che vogliamo, e noi potremmo essere veramente generosi.»

«Anche se volessi trovare Ranger, cosa che non voglio, non potrei. Ranger è come il fumo.»

«Sì, ma ho sentito dire che tu hai delle doti particolari, se capisci cosa intendo. E poi sei una cacciatrice di latitanti… li riporti indietro vivi o morti. Non te ne sfugge mai uno.»

Aprii la portiera della Honda e scivolai rapidamente al volante. «Dite ad Alexander Ramos che deve cercarsi qualcun altro per trovare Ranger.»

Mitchell aveva la faccia di uno che sta per strozzarsi con un boccone. «Noi non lavoriamo per quello stronzetto. E scusa l’espressione.»

Questo mi fece drizzare sul sedile. «Allora per chi lavorate?»

«Te l’ho già detto. Non possiamo divulgare questa informazione.»

Cristo.

Quando arrivai, mia nonna era sulla soglia di casa. Viveva con i miei genitori da quando mio nonno era andato a giocare al lotto direttamente dal buon Dio. Aveva i capelli grigio acciaio tagliati corti e arricciati con la permanente. Mangiava come un bue e aveva la pelle di un pollo bollito. Le sopracciglia erano sottili come lame di rasoio. Quel giorno indossava un paio di scarpe da tennis bianche e una tuta sintetica color magenta, e si stava facendo scivolare la parte superiore della dentiera avanti e indietro in bocca, il che voleva dire che aveva qualcosa in mente.

«Oh, che bello! Stiamo proprio apparecchiando» disse. «Tua madre ha preparato dell’insalata di pollo e involtini del negozio di Giovicchini.»

Sbirciai nel salotto. La poltrona di mio padre era vuota.

«È fuori con il taxi» disse la nonna «Whitey Blocher ha chiamato e ha detto che avevano bisogno di qualcuno per riempire un buco.»

Mio padre è un pensionato delle poste, ma fa il taxista part-time più per stare fuori di casa che per racimolare qualche spicciolo. E fare il taxista spesso è sinonimo di giocare a pinnacolo all’Elks.

Appesi la giacca nell’ingresso e presi posto al tavolo della cucina. La casa dei miei è una piccola bifamiliare: le finestre del soggiorno guardano sulla strada, quelle della sala da pranzo si affacciano sul vialetto di confine con la casa dei vicini, mentre quelle della cucina e la porta sul retro si aprono sul cortile, ben tenuto ma spoglio in questo periodo dell’anno.

Mia nonna si sedette di fronte a me. «Sto pensando di cambiare il colore dei capelli» disse. «Rose Kotman se li è tinti di rosso e sta piuttosto bene. Adesso ha anche un nuovo fidanzato.» Si servì un involtino e lo affettò con il coltello grande. «Non mi spiacerebbe avere un fidanzato.»

«Rose Kotman ha trentacinque anni» disse mia madre.

«Be’, anche io ne ho circa trentacinque» disse la nonna. «Tutti dicono sempre che non dimostro la mia età.»

Era vero: sembrava una donna di circa novant’anni. Le volevo molto bene, ma la forza di gravità non era stata gentile con lei.

«C’è un tizio, al circolo degli anziani, sul quale ho messo gli occhi» disse la nonna. «È proprio belloccio. Scommetto che se avessi i capelli rossi mi darebbe una ripassata.»

Mia madre aprì la bocca per dire qualcosa, poi ci ripensò e si allungò a prendere l’insalata di pollo.

Non avevo molta voglia di pensare ai dettagli delle ripassate di nonna, perciò cambiai discorso e arrivai dritta all’argomento che mi interessava. «Avete sentito dell’incendio giù in centro?»

La nonna spalmò un’abbondante dose di maionese sull’involtino. «Parli di quell’edificio all’angolo fra la Adams e la Terza? Questa mattina ho incontrato Esther Moyer in panetteria, e mi ha detto che c’era suo figlio Bucky al volante del camion dei pompieri con la scala. Dice che Bucky le ha raccontato che è stato un incendio veramente grandioso.»

«Nient’altro?»

«Esther ha detto che quando sono entrati nell’edificio, ieri, hanno trovato un corpo al terzo piano.»

«Sa chi era?»

«Homer Ramos. Esther ha detto che era completamente carbonizzato. Gli avevano sparato. Aveva un gran buco in testa. Ho dato un’occhiata per vedere se il cadavere sarebbe stato sistemato da Stiva, ma non c’era niente sul giornale di oggi. Dico, non sarebbe una gran cosa? Immagino che Stiva non potrebbe farci molto con quello. Potrebbe riempire il buco della pallottola con quella specie di creta da pompe funebri, come ha fatto per Moogey Bues, ma avrà il suo bel da fare con la parte carbonizzata. Certo, se vogliamo guardare il rovescio della medaglia suppongo che la famiglia Ramos risparmierà un po’ di soldi sul funerale, visto che Homer è già stato cremato. Probabilmente tutto quello che dovranno fare sarà versarlo in un’urna. Solo che immagino che la testa sia rimasta, dato che ci hanno trovato un buco. Sicché forse non riusciranno a ficcare la testa nell’urna. A meno che non la facciano a pezzi con un badile. Scommetto che basterebbero un paio di colpi ben assestati e si sbriciolerebbe a meraviglia.»

Mia madre si premette il tovagliolo sulla bocca.

«Ti senti bene?» le domandò la nonna. «Ti sta venendo un’altra di quelle caldane?» La nonna si sporse verso di me e sussurrò: «È la menopausa».