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«Non è la menopausa» disse mia madre.

«Sanno chi ha sparato a Ramos?» chiesi alla nonna.

«Esther non mi ha detto niente di questo.»

Per l’una in punto mi ero rimpinzata di insalata di pollo e della torta di riso fatta da mia madre. Uscii velocemente di casa diretta alla Civic, e vidi Mitchell e Habib mezzo isolato più giù lungo la strada. Mitchell mi salutò cordialmente con un cenno quando guardai nella loro direzione. Salii in auto senza restituire il saluto e tornai dall’«uomo della Luna».

Bussai alla porta, il Luna venne ad aprire e mi guardò, confuso esattamente come prima. «Oh, già» disse alla fine. E poi fece una risata, sussultando e sbuffando.

«Vuota le tasche» gli dissi.

Lui rovesciò all’infuori le tasche dei pantaloni e una pipa per hashish cadde sul gradino d’ingresso. Lo raccolsi e lo gettai dentro casa. «Nient’altro?» domandai. «Niente acido? Niente erba?»

«No, piccola. E tu?»

Scossi la testa. Il suo cervello doveva avere l’aspetto di uno di quei grumi di corallo morto che si comprano nei negozi di animali per metterli nell’acquario.

Lui guardò oltre la mia spalla, in direzione della Civic. «Quella è la tua macchina?»

«Sì.»

Chiuse gli occhi e tese una mano. «Niente energia» disse. «Non sento nessuna energia. Quella macchina non va affatto bene per te.» Aprì gli occhi e attraversò il marciapiede a passo lento, tirandosi su i pantaloni cadenti. «Di che segno sei?»

«Bilancia.»

«Lo vedi? Lo sapevo! È un segno d’aria. E quella macchina è di terra. Non devi guidare quell’auto, piccola. Sei una forza creativa e quella macchina ti tiene troppo ancorata al suolo.»

«Vero» dissi «ma non posso permettermi altro. Sali.»

«Ho un amico che potrebbe procurarti l’auto giusta. È una specie di… commerciante.»

«Lo terrò a mente.»

Il Luna si rannicchiò sul sedile del passeggero ed estrasse gli occhiali da sole. «Sarà meglio che tu lo faccia, piccola» disse da dietro le lenti scure. «Molto meglio.»

Lo spaccio della polizia di Trenton si trova nello stesso edificio del tribunale: una tozza costruzione di mattoni, una struttura senza fronzoli, puramente funzionale; un prodotto di quella scuola di architettura cittadina del genere uno-due-tre-arrivederci-e-grazie.

Parcheggiai nell’area riservata e portai dentro il Luna. Tecnicamente non potevo essere io a riconsegnarlo alla giustizia, visto che sono un’agente di rinforzo e non un’addetta alla custodia. Perciò avviai le pratiche burocratiche e telefonai a Vinnie perché venisse a concluderle.

«Vinnie sta arrivando» dissi al Luna, facendolo sedere sulla panca vicino al tenente che si occupava del registro delle sentenze. «Ho un po’ di cosette da fare, qui. Ti lascio da solo per un paio di minuti.»

«Ehi, va bene, piccola. Non preoccuparti per me. Il Luna starà benissimo.»

«Non muoverti di qui!»

«Nessun problema.»

Andai di sopra alla sezione Crimini Violenti e trovai Brian Simon alla scrivania. Era stato promosso solo un paio di mesi prima e ora poteva anche non indossare l’uniforme, ma certo non aveva ancora fatto l’abitudine a vestirsi. Portava una giacca sportiva scozzese gialla e marrone, un completo da marina con un paio di mocassini marroni da poco prezzo, calzini rossi e una cravatta tanto larga da sembrare un tovagliolo per mangiare l’aragosta.

«Non esiste una specie di regolamento per l’abbigliamento da queste parti?» domandai. «Continua a vestirti così e ti manderemo a vivere nel Connecticut.»

«Magari potresti passare da me domattina e aiutarmi a scegliere i vestiti.»

«Gesù» risposi «sono commossa. Ma forse non è il momento giusto.»

«È giusto come qualunque altro» disse. «Qual è il problema?»

«Carol Zabo.»

«Quella è una deficiente! Mi è venuta dritta dritta addosso. E poi è scappata.»

«Era agitata.»

«Spero che tu non abbia intenzione di montarmi una di quelle scuse di circostanza, vero?»

«Per la verità è una faccenda che ha a che fare con le sue mutandine.»

Simon alzò gli occhi al cielo. «Oh, misericordia.»

«Vedi, Carol stava uscendo dai grandi magazzini Frederick’s of Hollywood, ed era sconvolta perché aveva appena preso qualche paio di mutandine sexy.»

«Sarà una storia molto imbarazzante?»

«Sei un tipo che si imbarazza facilmente?»

«Qual è il punto di tutta questa faccenda?»

«Speravo che tu potessi lasciar cadere l’accusa.»

«Neanche per idea!»

Mi sedetti sulla sedia di fronte alla scrivania. «Lo considererei un favore personale. Carol è un’amica. E questa mattina ho dovuto convincerla a non buttarsi dal ponte.»

«Per via delle mutandine?»

«Ragioni proprio come un uomo» dissi, stringendo gli occhi. «Sapevo che non avresti capito.»

«Ehi, il mio secondo nome è Mister Sensibilità. Ho letto I ponti di Madison County, due volte.»

Gli lanciai uno sguardo speranzoso, da cerbiatta. «Allora la lascerai perdere?»

«Fino a che punto dovrei farlo?»

«Non vuole finire in galera. È preoccupata per quella faccenda di andare in bagno davanti a tutti.»

Lui si chinò in avanti e batté la testa sul piano della scrivania. «Perché capitano tutte a me?»

«Sembri mia madre.»

«Farò in modo che non finisca in galera» disse. «Ma mi devi un favore.»

«Non vorrai veramente che venga a casa tua e ti aiuti a vestirti, vero? Non sono quel tipo di ragazza.»

«Continua pure a vivere con questo terrore.»

Dannazione.

Salutai Simon e tornai al piano di sotto. Vinnie era arrivato, ma non c’era traccia dell’«uomo della Luna».

«Dov’è?» volle sapere Vinnie. «Credevo avessi detto che era qui vicino alla porta di servizio.»

«C’era! Gli ho detto di aspettare sulla panca vicino al tenente che si occupa del registro delle sentenze.»

Entrambi guardammo la panca. Era vuota.

Andy Diller stava lavorando alla scrivania. «Ehi, Andy» dissi. «Sai che cosa è successo al mio trovatello?»

«Mi dispiace, non ci ho fatto caso.»

Setacciammo tutto il primo piano, ma il Luna non saltò fuori.

«Devo tornare in ufficio» disse Vinnie. «Ho del lavoro da fare.»

Parlare con il suo allibratore, giocherellare con la pistola, leggere fumetti.

Uscimmo insieme e trovammo il Luna nel parcheggio, che osservava la mia auto bruciare. C’era un gruppetto di poliziotti che si dava da fare con gli estintori ma non sembravano esserci molte speranze. Un camion dei pompieri arrivò lungo la strada, con tutti i lampeggianti accesi, e oltrepassò l’entrata protetta da una catenella, spezzandola.

«Ehi, accidenti» mi disse il Luna. «Un gran peccato per la tua macchina. È una cosa pazzesca, piccola.»

«Che cosa è successo?»

«Ero lì seduto sulla panca che ti aspettavo, e ho visto passare Reefer. Hai presente Reefer? Be’, comunque, Reefer era appena stato rilasciato dalla gattabuia e il fratello stava venendo a prenderlo, e così Reefer mi ha chiesto perché non venivo fuori un momento per salutarlo. Allora sono uscito con lui, e tu lo sai che Reefer ha sempre della buona erba, così una cosa tira l’altra e io ho pensato che potevo semplicemente rilassarmi un po’ nella tua auto, per un minuto, e farmi una fumatina. Immagino che sia partita una scintilla perché un attimo dopo il tuo sedile era in fiamme. E poi da lì si è come tutto allargato. Era uno spettacolo grandioso finché questi gentili signori non sono venuti a spegnerlo.»

Grandioso. Mmm. Mi domandai se il Luna avrebbe trovato altrettanto grandioso che io lo strozzassi.

«Mi piacerebbe molto rimanere qui e arrostire un paio di costolette» disse Vinnie «ma devo proprio tornare in ufficio.»