Sono o non sono coraggiosa? A dire il vero, ero quasi sicura che non ci fosse nessuno in casa. Pioveva da almeno un’ora, forse più, e non c’erano tracce di impronte bagnate in giro. Con molta probabilità, la casa era stata messa a soqquadro la sera prima dopo che noi ce ne eravamo andati.
Accesi l’interruttore della luce della cantina e cominciai a scendere le scale. Era una casa piccola con una cantina piccola e non mi ci volle molto per accorgermi che era stata perlustrata da cima a fondo. Salii al piano superiore, dove trovai una situazione analoga. Gli scatoloni nella cantina e nella terza camera da letto erano stati aperti e svuotati sul pavimento.
Era chiaro che il Luna non aveva idea di cosa DeChooch stesse cercando. Il Luna non era abbastanza intelligente da fare il doppio gioco.
«Manca qualcosa?» gli chiesi. «Dougie si è mai accorto che mancasse qualcosa dopo che la casa era stata messa sotto sopra?»
«Un arrosto.»
«Come, scusa?»
«Giuro su Dio. C’era un arrosto nel freezer e qualcuno se l’è portato via. Era piccolo. Neanche un chilo e mezzo. Era rimasto da un pezzo di manzo che a Dougie era capitato fra le mani. Sai… trovato per strada. Ci era restato solo quello. L’avevamo tenuto per noi nel caso un giorno ci fosse venuta voglia di cucinare qualcosa.»
Tornai in cucina e controllai freezer e frigorifero. Nel freezer c’erano del gelato e una pizza congelata. Nel frigorifero c’erano della Coca-Cola e dei resti di pizza.
«È una vera tristezza» disse il Luna. «La casa non è la stessa senza il vecchio Dougie.»
Mi pesava doverlo ammettere, ma avevo bisogno di aiuto con DeChooch. La mia idea era che fosse lui la chiave della sparizione di Dougie, ma continuava a sfuggirmi.
Connie si stava preparando a chiudere l’ufficio quando io e il Luna entrammo. «Sono contenta che tu sia qui» disse. «Ho un MC per te. Roseanne Kreiner. Donna d’affari nel ramo prostituzione. Il suo ufficio è all’angolo tra la Stark e la Dodicesima. Accusata di aver picchiato a sangue uno dei suoi clienti. Immagino che non volesse pagare per la prestazione ricevuta. Non dovrebbe essere difficile trovarla. Forse non voleva sottrarre del tempo alla sua attività per presentarsi in tribunale.»
Presi la cartellina dalle mani di Connie e la infilai nella borsa. «Notizie di Ranger?»
«Ha consegnato il suo uomo stamattina.»
Hurrà. Ranger era tornato. Potevo chiedergli di darmi una mano.
Composi il suo numero di telefono, ma non mi rispose nessuno. Lasciai un messaggio e provai al cercapersone. Un attimo dopo il mio cellulare squillò e sentii una scarica di adrenalina salirmi dallo stomaco. Ranger.
«Ehilà» disse.
«Mi farebbe comodo il tuo aiuto per un MC.»
«Qual è il problema?»
«È vecchio e se gli sparo ci farò la figura della perdente.»
Sentii Ranger che rideva all’altro capo del telefono. «Cosa ha fatto?»
«Di tutto. È Eddie DeChooch.»
«Vuoi che gli parli?»
«No. Voglio che tu mi dia delle idee su come acciuffarlo senza doverlo ammazzare. Ho paura che se lo stordisco con la scacciacani potrebbe rimanere stecchito.»
«Fatti aiutare da Lula. Incastralo e mettigli le manette.»
«Tutte cose già fatte.»
«È riuscito a farla a te e Lula insieme? Ehi, bambina, avrà almeno ottant’anni. Non ci vede. Non ci sente. Gli ci vuole un’ora e mezzo per svuotare la vescica.»
«È stato complicato.»
«La prossima volta potresti provare a sparargli a un piede» disse Ranger. «Di solito funziona.» E chiuse la comunicazione.
Benone.
Allora chiamai Morelli.
«Ho delle novità per te» disse Joe. «Ho incontrato Costanza quando sono uscito a comprare il giornale. Ha detto che ha ricevuto il referto dell’autopsia su Loretta Ricci: è morta d’infarto.»
«E dopo le hanno sparato?»
«Indovinato, dolcezza.»
Troppo strano.
«So che è il tuo giorno libero, ma mi chiedevo se potessi farmi un favore» dissi a Morelli.
«Oh, cavolo.»
«Speravo che potessi fare da baby sitter al Luna. È invischiato in questa storia di DeChooch e non so se sia il caso di lasciarlo da solo a casa mia.»
«Io e Bob siamo pronti per guardare la partita. È tutta la settimana che aspettiamo questo momento.»
«Il Luna può guardare la partita insieme a voi. Lo porto lì da te.»
Riagganciai prima che Morelli potesse dire no.
Roseanne Kreiner se ne stava al suo angolo, sotto la pioggia, bagnata fradicia e visibilmente infuriata. Se fossi stata un uomo l’avrei tenuta bene alla larga dal mio uccello. Aveva un paio di stivali a tacco alto e addosso una busta nera della spazzatura. Difficile dire cosa indossasse sotto quella busta. Forse niente. Passeggiava avanti e indietro facendo segno alle auto che passavano, e quando non si fermavano salutava i conducenti alzando il dito medio. Sul foglio di arresto c’era scritto che aveva cinquantadue anni.
Accostai al marciapiede e abbassai il finestrino. «Vai anche con le donne?»
«Tesoro, io vado con i maiali, le vacche, le anatre, e anche con le donne. Basta pagare e io ci sto. Venti verdoni per un lavoretto con le mani. Per tutta la giornata mi devi pagare lo straordinario.»
Le mostrai una banconota da venti e lei salì in macchina. Feci scattare la chiusura automatica degli sportelli e partii diretta alla centrale di polizia.
«Va bene qualsiasi stradina laterale» disse.
«Devo confessarti una cosa.»
«Oh, merda. Sei una piedipiatti? Non dirmi che sei una piedipiatti.»
«No, non sono una piedipiatti. Sono una cacciatrice di latitanti. Non ti sei presentata in tribunale il giorno prestabilito e devi fissare un’altra udienza.»
«Posso tenermi i venti dollari?»
«Va bene, tieniti i venti dollari.»
«Vuoi che ti dia una toccatina?»
«No!»
«Diamine. Non c’è bisogno di urlare. È solo che non ti volevo fregare. Faccio sempre quello per cui i clienti mi pagano.»
«E che mi dici del tipo al quale le hai suonate?»
«Non voleva pagare. Pensi che me ne stia qua fuori perché mi fa bene alla salute? Mia madre è in una casa di cura. Se non pago la retta mensile viene a vivere da me.»
«E sarebbe così tragico?»
«Piuttosto mi scopo un rinoceronte.»
Lasciai l’auto nel parcheggio della polizia, feci per ammanettarla ma lei cominciò ad agitare le mani in aria.
«Non voglio che mi ammanetti» diceva. «Neanche per sogno.»
E poi, non so come, in quell’agitarsi e dimenarsi di mani la chiusura dello sportello si sbloccò e Roseanne saltò fuori dalla macchina e corse in strada. Aveva un certo vantaggio, ma portava i tacchi alti mentre io avevo un paio di scarpe da ginnastica e la riacciuffai dopo due isolati. Nessuna delle due era in forma. Lei fischiava a ogni respiro e io mi sentivo come se avessi avuto il fuoco nei polmoni. Le bloccai i polsi con le manette e lei si mise seduta.
«Non ti sedere» dissi.
«Non mi frega. Non vado da nessuna parte.»
Avevo lasciato la borsa in macchina e l’auto sembrava parecchio lontana. Se avessi fatto una corsa a prendere il mio cellulare Roseanne non sarebbe certo stata lì al mio ritorno. Lei se ne stava seduta a piagnucolare, io in piedi a imprecare.
Certi giorni non vale proprio la pena alzarsi dal letto.
Avevo una gran voglia di darle un bel calcio in un fianco, ma probabilmente le avrei lasciato il segno e allora avrebbe potuto citare Vinnie per comportamento violento della cacciatrice di taglie. Vinnie detestava quando questo succedeva.
Aveva cominciato a piovere più forte ed eravamo entrambe fradice. Avevo i capelli appiccicati sul viso e i Levi’s si erano inzuppati. Eravamo praticamente a un punto morto. Che finì quando ci passò davanti in auto Eddie Gazzara che andava a pranzo. Eddie è uno sbirro di Trenton ed è sposato con mia cugina Shirley la Piagnona.