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«Non so… questo tipo è un assassino.»

«Ma è anziano, giusto?»

«Già. È un assassino anziano.»

«Mi pare che sia un buon modo per cominciare» annunciò Valerie saltando via dal divano. «Andiamo a prenderlo.»

«Non so precisamente dove trovarlo.»

«Probabilmente sarà al laghetto che dà da mangiare alle anatre. È questo che fanno normalmente gli anziani. Di notte guardano la TV e di giorno vanno a dar da mangiare alle anatre.»

«Sta piovendo. Non credo che se ne starebbe fuori a dar da mangiare alle anatre sotto la pioggia.»

Valerie diede un’occhiata alla finestra. «Giusta osservazione.»

Qualcuno bussò con decisione alla porta e poi cominciò ad armeggiare con la serratura come per vedere se fosse chiusa a chiave. Poi bussò di nuovo.

Morelli, pensai. Che mi restituisce il Luna.

Aprii la porta ed Eddie DeChooch entrò nell’ingresso. Teneva in mano la pistola e aveva un’espressione seria.

«Dov’è?» chiese. «So che sta qui da te. Dov’è quel bastardo schifoso?»

«Stai parlando del Luna?»

«Sto parlando di quell’inutile pezzo di merda che mi sta prendendo per il culo. Ha una cosa che mi appartiene e la rivoglio.»

«Come sai che ce l’ha il Luna?»

DeChooch mi scansò con una spinta e andò prima in camera da letto, poi nel bagno. «Il suo amico non ce l’ha. E non ce l’ho neanch’io. L’unico che rimane è quell’imbecille del Luna.» Aprì vari sportelli e li richiuse sbattendoli. «Dov’è? So che l’hai messo al sicuro da qualche parte.»

Alzai le spalle. «Mi ha detto che aveva delle commissioni da fare e da allora non l’ho più visto.»

Puntò la pistola alla tempia di Valerie. «Chi è questa bambolina?»

«È mia sorella Valerie.»

«Forse dovrei spararle.»

Valerie guardò la pistola di traverso. «È vera quella pistola?»

DeChooch spostò la pistola di una quindicina di centimetri a destra e lasciò partire un colpo. Il proiettile mancò il televisore di un millimetro e andò a conficcarsi nel muro.

Valerie sbiancò e fece un verso stridulo.

«Perdinci, squittisce come un topo» disse Eddie.

«Come la mettiamo con il muro?» gli chiesi. «La pallottola ci ha fatto un bel buco.»

«Puoi far vedere il buco al tuo amico. Puoi dirgli che si ritroverà con la testa come quel muro se non riga dritto.»

«Forse potrei aiutarti a recuperare questa cosa se mi dici di che si tratta.»

DeChooch uscì lentamente dalla porta di casa con la pistola puntata contro Valerie e me. «Non seguitemi» disse «o vi sparo.»

A Valerie cedettero le ginocchia e crollò con il sedere a terra.

Aspettai un paio di minuti prima di andare alla porta e guardare fuori, lungo il corridoio. Credevo a quello che DeChooch aveva detto a proposito di sparare. Ma quando mi affacciai al corridoio Eddie era già scomparso. Chiusi la porta a chiave e corsi alla finestra. Il mio appartamento guarda sul retro dell’edificio e le finestre danno sul parcheggio. Non è quella che si dice una vista panoramica, ma toma utile quando c’è da tenere d’occhio dei vecchi pazzi che vogliono fuggire.

Vidi DeChooch uscire dall’edificio e partire con la sua Cadillac bianca. La polizia lo stava cercando, io lo stavo cercando, e lui se ne andava in giro con la Cadillac bianca. Non quello che si dice un criminale invisibile. E allora perché nessuno riusciva a prenderlo? Per quanto mi riguardava, sapevo la risposta. Ero un’incompetente.

Valerie era ancora a terra e bianca in viso.

«Forse è il caso che ripensi a questa faccenda della cacciatrice di taglie» suggerii a Valerie. Forse dovevo ripensarci anch’io.

Valerie tornò a casa dei miei per prendersi una delle sue pasticche di Valium e io telefonai a Ranger.

«Mi chiamo fuori da questo caso» gli dissi. «Lo passo a te.»

«Di solito non ti tiri mai indietro» rispose. «Cosa c’è che non va?»

«DeChooch mi sta facendo passare per idiota.»

«E allora?»

«Dougie Kruper si è volatilizzato e credo che la sua scomparsa sia in qualche modo legata a DeChooch. La mia paura è che continuando a non concludere niente con DeChooch potrei mettere in pericolo Dougie.»

«Dougie Kruper è stato probabilmente rapito dagli alieni.»

«Vuoi prenderti questo caso, o no?»

«No, non lo voglio.»

«Bene. Va’ al diavolo.» Riattaccai e feci la linguaccia al telefono. Afferrai la borsa e l’impermeabile, uscii sul pianerottolo con passo pesante e imboccai le scale.

Nell’atrio c’era la signora DeGuzman. Viene dalle Filippine e non parla una parola di inglese.

«È un’umiliazione» dissi alla signora DeGuzman.

Lei mi sorrise e fece su e giù con la testa come quei cani che certa gente attacca sul lunotto posteriore.

Salii sulla CR-V e rimasi seduta per un momento a ripetermi cose del tipo: preparati a morire, DeChooch. E anche: basta con le buone, ora è la guerra. Ma poi non riuscii a pensare a un modo per trovarlo, così feci un salto dal fornaio.

Mancava poco alle cinque quando tornai nel mio appartamento. Aprii la porta e soffocai un grido. C’era un uomo nel mio soggiorno. Guardai meglio e vidi che era Ranger. Era seduto su una sedia, assolutamente rilassato, e mi guardava con attenzione.

«Mi hai riattaccato in faccia» disse. «Non ci provare mai più.»

La voce era calma, ma aveva il solito, inconfondibile tono autoritario. Portava un paio di pantaloni sportivi neri, una maglia nera in fibra ultraleggera a maniche lunghe tirate su fino al gomito e un paio di costosi mocassini neri. Aveva i capelli cortissimi. Ero abituata a vederlo col suo abbigliamento da squadra speciale e capelli lunghi e non l’avevo riconosciuto subito. Suppongo che il cambio di immagine puntasse proprio a questo.

«È un travestimento?» chiesi.

Mi guardò senza rispondere. «Cos’hai nella busta?»

«Un maritozzo d’emergenza. Che ci fai qui?»

«Ho pensato che potremmo fare un patto. Quanto è importante per te acciuffare DeChooch?»

Oh, cavolo. «Cosa hai in mente?»

«Tu trovi DeChooch. Se hai problemi a catturarlo mi chiami. Se io ci riesco, tu vieni a letto con me.»

Il cuore mi si fermò. Io e Ranger facevamo questo gioco da un po’, ormai, ma non eravamo mai stati così espliciti.

«Veramente sarei fidanzata con Morelli» dissi.

Ranger sorrise.

Merda.

Ci fu un rumore di chiave nella serratura e la porta di casa si spalancò. Morelli entrò con decisione e lui e Ranger si salutarono con un cenno del capo.

«È finita la partita?» chiesi a Joe.

Lui mi fulminò con un’occhiata. «La partita è finita e ho anche finito di fare il baby sitter. E non voglio vederlo mai più.»

«Dov’è?»

Morelli si girò a guardare. Nessuna traccia del Luna. «Cristo» disse Joe. Uscì e tornò trascinando in casa il Luna per il colletto della giacca e in quel momento mi fece pensare a una gatta che trascina il suo cucciolo scemo prendendolo in bocca dietro il collo.

«Piccola» disse il Luna.

Ranger si alzò e mi diede un biglietto con su scritto un nome e un indirizzo. «La proprietaria della Cadillac bianca» spiegò. Si infilò la giacca di pelle nera e se ne andò. Un campione di socievolezza.

Morelli depositò il Luna su una sedia davanti alla TV, gli puntò contro il dito e gli disse di non muoversi.

Rivolsi uno sguardo perplesso a Joe.

«Con Bob funziona» disse. Accese il televisore e mi fece segno di andare in camera da letto. «Dobbiamo parlare un po’.»

Un tempo l’idea di ritrovarmi in una camera da letto con Morelli mi spaventava a morte. Adesso mi fa perlopiù contrarre i capezzoli.