«Io ed Elaine Barkolowski andiamo allo Snake Pit qualche volta dopo il bingo. Il giovedì c’è il wrestling maschile e i lottatori indossano solo dei costumini per coprirsi le parti intime. Niente a che vedere con The Rock, ma non sono neanche troppo male.»
«Che vergogna» commentò mia madre.
«Già» rispose la nonna. «L’ingresso costa cinque dollari, ma ne vale la pena.»
«Il lavoro mi chiama» dissi a mia madre. «Ti dispiace se lascio qui il Luna per un po’?»
«Non si droga più, vero?»
«No. È pulito.» Da ben dodici ore. «Magari, però, è meglio se metti via la colla e lo sciroppo per la tosse… non si sa mai.»
L’indirizzo di Mary Maggie Mason che Ranger mi aveva dato corrispondeva a un esclusivo condominio a torre affacciato sul fiume. Percorsi il parcheggio sotterraneo per dare un’occhiata alle auto. Nessuna Cadillac bianca, ma c’era una Porsche color argento sulla cui targa era scritto MMM-YUM.
Parcheggiai in uno degli spazi riservati agli ospiti e presi l’ascensore fino al settimo piano. Avevo jeans e stivali e una giacca di pelle nera sopra un maglione nero: non mi sentivo vestita in maniera adeguata per quell’edificio. Era un posto dove bisognava andare in seta grigia e tacchi alti, e con una pelle perfetta, appena uscita dalle mani esperte di un’estetista.
Mary Maggie Mason venne ad aprire al mio secondo colpo sulla porta. Indossava un paio di pantaloni felpati e i capelli castani erano legati a coda di cavallo. «Sì?» disse, scrutandomi da dietro le lenti degli occhiali in tartaruga, mentre in mano aveva un romanzo di Nora Roberts. Mary Maggie, la lottatrice di wrestling, legge romanzi d’amore. A dire il vero, da quel poco che riuscivo a vedere alle sue spalle, Mary Maggie leggeva di tutto. C’erano libri ovunque.
Le diedi il mio biglietto da visita e mi presentai. «Sto cercando Eddie DeChooch» dissi. «Corre voce che se ne vada in giro per la città guidando la sua auto.»
«La Cadillac bianca? Sì. A Eddie serviva una macchina e io non uso mai la Cadillac. L’ho ereditata quando mio zio Ted è morto. Probabilmente dovrei venderla, ma è un ricordo.»
«Come conosce Eddie?»
«È uno dei proprietari dello Snake Pit. Eddie, Pinwheel Soba e Dave Vincent. Perché lo sta cercando? Non lo vorrà mica arrestare? È un vecchietto dolcissimo.»
«Non si è presentato all’udienza in tribunale e deve fissarne un’altra. Sa dove posso trovarlo?»
«Mi spiace. Ha fatto un salto qui la settimana scorsa. Non ricordo che giorno fosse. Voleva prendere in prestito l’auto. La sua è un vero disastro. C’è sempre qualcosa che non funziona e così spesso gli presto la Cadillac. Gli piace guidarla perché è grande e bianca e di notte la trova facilmente nel parcheggio. Eddie non ci vede benissimo.»
Non che siano affari miei, ma non presterei la mia macchina a un cieco. «A quanto pare, lei legge molto.»
«Sono una libro-dipendente. Quando chiuderò con il wrestling voglio aprire una libreria di romanzi gialli.»
«Si riesce a vivere vendendo romanzi gialli?»
«No. Nessuno si guadagna da vivere vendendo romanzi gialli. I negozi sono tutti delle coperture per le attività di scommesse clandestine.»
Eravamo nell’ingresso e mi guardavo intorno per trovare indizi che mi dicessero che DeChooch si nascondeva da Mary Maggie.
«È un bellissimo condominio» dissi. «Non immaginavo che si facessero così tanti soldi con il wrestling.»
«A lottare nel fango non si guadagna niente. Vivo grazie a qualche pubblicità in cui faccio da testimonial. E poi ho un paio di sponsor.» Mary Maggie diede uno sguardo all’orologio. «Cavoli, guarda un po’ che ora si è fatta. Devo andare. Devo essere in palestra tra mezz’ora.»
Uscii dal parcheggio sotterraneo e mi fermai su una strada secondaria per fare qualche telefonata. La prima fu al cellulare di Ranger.
«Ehilà» rispose.
«Sai che DeChooch è proprietario di un terzo dello Snake Pit?»
«Sì, ha vinto la quota a dadi due anni fa. Pensavo lo sapessi.»
«No che non lo sapevo!»
Silenzio.
«Cos’altro sai che io non so?» gli chiesi.
«Quanto tempo abbiamo?»
Riattaccai e chiamai la nonna.
«Voglio che mi cerchi un paio di nomi sull’elenco telefonico» le dissi. «Ho bisogno di sapere dove abitano Pinwheel Soba e Dave Vincent.»
Sentii la nonna che sfogliava le pagine, poi tornò al telefono. «Nessuno dei due è sull’elenco.»
Cavolo. Morelli sarebbe riuscito a procurarmi gli indirizzi, ma non avrebbe lasciato che mi immischiassi con i proprietari dello Snake Pit. Mi avrebbe fatto la morale dicendomi di stare attenta, ci saremmo messi a urlare e litigare e alla fine avrei dovuto mangiare un bel po’ di dolci per calmarmi i nervi.
Feci un respiro profondo e chiamai di nuovo Ranger.
«Mi servono degli indirizzi» gli dissi.
«Provo a indovinare» fece lui. «Pinwheel Soba e Dave Vincent. Pinwheel vive a Miami. Si è trasferito l’anno scorso. Ha aperto un locale a South Beach. Vincent invece abita a Princeton. Pare che ci sia del rancore tra DeChooch e Vincent.» Mi diede l’indirizzo di Vincent e chiuse la comunicazione.
Con la coda dell’occhio intercettai un bagliore argentato e quando alzai lo sguardo vidi Mary Maggie che sfrecciava dietro l’angolo a bordo della sua Porsche. Misi in moto e la seguii. O meglio, le andai dietro tenendola a vista. Andavamo entrambe nella stessa direzione. A nord. Continuai a starle dietro e mi sembrò che la sua destinazione fosse un po’ troppo distante da casa per trattarsi della palestra. Superai la svolta che avrei dovuto prendere per andare a casa e la seguii attraverso tutto il centro della città fino all’estremità settentrionale di Trenton. Se fosse stata in allerta mi avrebbe individuato. È difficile fare un buon inseguimento con una sola macchina. Per fortuna, Mary Maggie non pensava proprio di essere seguita.
Smisi di starle dietro quando svoltò per Cherry Street. Parcheggiai all’angolo della casa di Ronald DeChooch e vidi Mary Maggie scendere dall’auto, dirigersi verso la porta principale e suonare il campanello. La porta si aprì e Mary Maggie entrò in casa. Dieci minuti dopo, la porta si aprì di nuovo e Mary Maggie Mason uscì. Rimase un paio di minuti a parlare con Ronald sulla veranda. Poi salì nuovamente in macchina e se ne andò. Questa volta era davvero diretta in palestra. Rimasi a guardarla mentre parcheggiava ed entrava nell’edificio, poi me ne andai.
Presi la Route 1 per Princeton, tirai fuori una cartina e individuai la strada dove si trovava la casa di Vincent. Princeton non fa precisamente parte del New Jersey. È un isolotto di ricchezza ed eccentricità intellettuale che galleggia nel Mare della Megalopoli Centrale. È una cittadina semplice in mezzo a un dilagare di centri commerciali. A Princeton la gente ha capigliature più ridotte, tacchi più bassi ed è più bacchettona.
Vincent abitava in un grosso edificio bianco e giallo in stile coloniale situato in un lotto ai margini della città. Separato dal corpo centrale, c’era un garage con due posti auto. Nessuna macchina lungo il vialetto. Nessuna bandiera issata a indicare che Eddie DeChooch era in casa. Parcheggiai una casa più indietro sul lato opposto della strada e rimasi a guardare l’edificio. Tutto molto noioso. Nessuna attività. Traffico zero. Non c’erano bambini che giocavano sul marciapiede. Non c’era il rimbombo della musica heavy metal che usciva da uno di quei grossi stereo portatili. Un baluardo di rispettabilità e decoro. Un po’ ostile. Pur sapendo che la casa era stata acquistata con i proventi dello Snake Pit non potevo non avvertire la tronfia ostentazione di una ricchezza tramandata da generazioni. Non credo che a Dave Vincent avrebbe fatto piacere se una cacciatrice di taglie sulle tracce di Eddie DeChooch avesse disturbato la sua quiete domenicale. E forse era solo un’opinione del tutto personale, ma dubitavo che la signora Vincent avrebbe voluto infangare la sua posizione sociale offrendo a uno come Choochy un posto dove nascondersi.