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«Era Eddie DeChooch?» chiesi a Morelli.

«Mi è sembrato lui» rispose.

Nessuno dei due si mosse. Non potevamo fare molto se DeChooch ci passava davanti in macchina. Le nostre auto erano a due isolati da lì.

«Dovremmo fare qualcosa per arrestarlo» dissi.

«A cosa pensavi?»

«Be’, ormai è troppo tardi, ma avresti dovuto sparare a una gomma.»

«Me lo ricorderò per la prossima volta.»

Cinque minuti dopo eravamo ancora seduti lì e DeChooch ci passò davanti un’altra volta.

«Gesù» disse Joe. «Cos’ha questo tipo?»

«Forse sta cercando parcheggio.»

Morelli balzò in piedi. «Vado a prendere il fuoristrada. Tu entra e avvisa Tom Bell.»

Joe partì e io andai da Bell. Sulle scale incrociai Myron Birnbaum. Un momento. Myron Birnbaum se ne stava andando. Stava per liberare un posto macchina e DeChooch stava cercando parcheggio. E conoscendo Myron Birnbaum ero praticamente certa che avesse parcheggiato poco distante. Non dovevo fare altro che tenere il posto di Birnbaum finché DeChooch non fosse arrivato. DeChooch avrebbe parcheggiato e io lo avrei intrappolato. Maledizione, quanto ero intelligente.

Seguii Birnbaum e, proprio come pensavo, aveva parcheggiato all’angolo, a tre macchine di distanza dalle pompe funebri di Stiva, ben incastrato tra una Toyota e un SUV Ford. Aspettai che uscisse dal parcheggio e poi saltai nello spazio che si era liberato facendo segno di andarsene alle macchine che volevano occuparlo. Eddie DeChooch vedeva a malapena oltre il paraurti anteriore della sua auto e quindi non c’era pericolo che mi individuasse da lontano. Il mio piano era tenergli il posto e poi nascondermi dietro il SUV quando la Cadillac si fosse avvicinata.

Sentii un clop clop di tacchi sul marciapiede e quando mi girai vidi che Valerie stava venendo verso di me.

«Che succede?» chiese. «Stai tenendo il posto per qualcuno? Vuoi che ti aiuti?»

Un’anziana alla guida di una Oldsmobile vecchia dieci anni si fermò vicino al posto vuoto e mise la freccia destra.

«Mi dispiace» le dissi, facendole segno di spostarsi. «Questo posto è occupato.»

L’anziana mi gesticolò di togliermi di mezzo.

Feci no con la testa. «Provi al parcheggio.»

Valerie era di fianco a me e agitava le braccia indicando il parcheggio: in quel momento sembrava uno di quei tipi che dirigono gli aeroplani sulle piste. Era vestita quasi come me, ma con un diverso abbinamento di colori. Le sue scarpe erano color lavanda.

L’anziana suonò il clacson e cominciò a entrare lentamente nello spazio che stavo tenendo occupato. Valerie fece un salto all’indietro ma io misi le mani sui fianchi, fissai la donna e non mi spostai di un millimetro.

C’era un’altra anziana sul sedile del passeggero. Tirò giù il finestrino e mise fuori la testa. «Questo è il nostro parcheggio.»

«È un’operazione di polizia» spiegai. «Dovrà parcheggiare da qualche altra parte.»

«Sei un’agente di polizia?»

«Mi occupo di latitanti sotto cauzione.»

«Esatto» intervenne Valerie. «Questa è mia sorella e si occupa di latitanti sotto cauzione.»

«Non ha niente a che fare con la polizia» protestò l’anziana donna.

«La polizia sarà qui a minuti» le dissi.

«Io penso che tu sia una gran bugiarda e che stia tenendo il posto per il tuo fidanzato. Nessuno impegnato in un’operazione di polizia si vestirebbe come te.»

La Oldsmobile era già entrata per un terzo nel parcheggio e con la parte anteriore occupava metà della strada. Con la coda dell’occhio vidi muoversi qualcosa di bianco e prima che potessi reagire, DeChooch andò a sbattere contro la Oldsmobile. La Oldsmobile fu sbalzata in avanti e andò a sbattere contro il retro del SUV, mancandomi per un pelo. La Cadillac sbandò contro il quadrante posteriore sinistro della Oldsmobile e vidi che DeChooch si sforzava di mantenere il controllo. Si girò e mi guardò dritto in faccia, rimanemmo tutti sospesi nel tempo per un attimo, poi ripartì.

Maledizione!

Le due anziane forzarono le portiere della Oldsmobile e riuscirono faticosamente a scendere dall’auto.

«Guarda la mia macchina!» gridò la donna alla guida. «È da buttare!» Mi costrinse a girarmi. «È tutta colpa tua. Guarda cosa hai fatto. Ti odio.» E mi colpì la spalla con la borsetta.

«Ahi» esclamai «mi ha fatto male.»

Era più bassa di me di qualche centimetro ma aveva qualche chilo in più. I capelli erano corti e permanentati di fresco. Doveva avere sui sessant’anni. Sulle labbra aveva un rossetto rosso acceso, si era disegnata le sopracciglia con una matita marrone scuro e aveva due cerchi di fard rosa sulle guance. Sicuramente non era del Burg. Forse Hamilton Township.

«Avrei dovuto prenderti sotto quando ne avevo l’opportunità» disse.

Mi colpì di nuovo con la borsetta, ma questa volta la presi per la cinghia e gliela tolsi di mano con uno strattone.

Dietro di me sentii Valerie fare un piccolo verso di sorpresa.

«La mia borsa» gridò la donna. «Ladra! Aiuto. Mi ha preso la borsa!»

Intorno a noi aveva cominciato a radunarsi una piccola folla. Gente che passava di lì in auto e gente che era andata a far visita alla defunta. L’anziana prese uno degli uomini che stava sull’esterno dell’assembramento. «Vuole rubarmi la borsa. Ha provocato l’incidente e ora mi sta rubando la borsa. Chiami la polizia.»

Dal gruppo saltò fuori la nonna. «Che sta succedendo? Sono appena arrivata. Cos’è tutto questo casino?»

«Mi ha rubato la borsa» mentì la donna.

«Non è vero» risposi.

«E invece sì»

«E invece no!»

«Me l’hai rubata» ripeté e mi spinse indietro con una manata sulla spalla.

«Tenga giù le mani da mia nipote» disse la nonna.

«Sì. Da mia sorella» intervenne Valerie.

«Fatevi gli affari vostri» urlò la donna rivolta alla nonna e a Valerie.

La donna diede una spinta alla nonna la quale gliene restituì un’altra e fu così che cominciarono a prendersi a schiaffi mentre Valerie se ne stava da un lato a gridare.

Feci un passo avanti per dividerle e nella confusione di minacce e braccia che si agitavano qualcuno mi diede una botta sul naso. Mi si riempì il campo visivo di tante piccole lucciole e mi cedette un ginocchio. La nonna e l’anziana smisero di picchiarsi e mi offrirono fazzolettini uniti a consigli su come bloccare il sangue che mi colava dal naso.

«Qualcuno chiami un’ambulanza» gridò Valerie. «Chiamate il pronto soccorso. Un medico. Le pompe funebri.»

Arrivò Morelli e mi tirò in piedi. «Direi che possiamo cancellare la boxe dalla lista di possibili professioni alternative.»

«Ha cominciato la donna anziana.»

«A giudicare dal tuo naso direi che l’anziana ha anche concluso.»

«Ha avuto fortuna.»

«Ho incrociato DeChooch che andava a tutta velocità in direzione opposta» mi informò. «Non sono riuscito a girare in tempo per inseguirlo.»

«È la storia della mia vita.»

Quando il naso smise di sanguinare Morelli caricò me, la nonna e Valerie nella mia CR-V e ci seguì fino a casa dei miei. Dopodiché ci fece un bel saluto con la mano, preferendo non essere nei paraggi quando mia madre ci avrebbe visto. Avevo macchiato di sangue la gonna e la camicetta di Valerie. La gonna aveva anche un piccolo strappo. Mi ero sbucciata un ginocchio, ancora sanguinante. E avevo un principio di occhio nero. La nonna era più o meno nelle stesse condizioni, ma non aveva né l’occhio nero né la gonna strappata. In compenso le era successo qualcosa ai capelli che adesso le stavano diritti in testa, facendola assomigliare a Don King, il manager di Tyson.