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Lula e io arrivammo qualche secondo dopo che le porte si erano chiuse. Prememmo il pulsante e aspettammo qualche minuto.

«Sai cosa penso?» disse Lula. «Non credo che l’ascensore arriverà. Penso che Joyce lo stia tenendo occupato.»

Prendemmo le scale e salimmo dapprima veloci, poi sempre più lentamente.

«Ho qualcosa che non va alle gambe» disse Lula arrivate al quinto piano. «Ho le gambe di gomma. Non vogliono più funzionare.»

«Non ti fermare.»

«Per te è facile. Devi trascinare per le scale un corpo pelle e ossa, ma guarda cosa tocca fare a me.»

Per me non era per niente facile. Sudavo e riuscivo a malapena a respirare. «Dobbiamo metterci in forma» dissi. «Dovremmo andare in palestra.»

«Faccio prima a darmi fuoco.»

Lo stesso valeva anche per me.

Barcollammo via dalle scale e ci ritrovammo sul pianerottolo del settimo piano. La porta dell’appartamento di Mary Maggie era aperta e Joyce e la padrona di casa stavano urlando.

«Se non esci di qui immediatamente chiamo la polizia» urlò Mary Maggie.

«Io sono un’agente» le gridò Joyce per tutta risposta.

«Ma davvero? E dov’è il distintivo?»

«È qui, sulla catenina che ho al collo.»

«Quello è falso. L’hai comprato per corrispondenza. Ti avverto, chiamo la polizia e gli dico che ti spacci per piedipiatti.»

«Non mi spaccio per nessuno» ribatté Joyce. «Non ho mai detto di essere un’agente della polizia di Trenton. Sono un’agente per la riscossione di garanzie.»

«Mi sembri più l’agente di un circo» sibilò Lula.

Ora che ero più vicina, riconobbi la persona che era con Joyce. Si trattava di Janice Molari. Eravamo state compagne di scuola. Janice era una brava persona. Mi domandavo cosa ci facesse con Joyce.

«Stephanie» disse Janice. «Chi non muore si rivede.»

«Ci siamo viste l’ultima volta al matrimonio di Loretta Beeber.»

«Come va?» chiese Janice.

«Benone. E a te come va?»

«Benone. I miei figli vanno tutti a scuola ormai, così ho pensato che potevo lavorare part rime.»

«Da quanto stai con Joyce?»

«Più o meno da due ore» rispose. «È il mio primo lavoro.»

Joyce aveva una pistola fissata alla coscia e ci teneva sopra la mano. «Dimmi, che ci fai qui Plum? Mi stai seguendo per imparare i trucchi del mestiere?»

«Ora basta» disse Mary Maggie. «Tutti fuori! Subito!»

Joyce spinse Lula verso la porta. «L’hai sentita. Muoviti.»

«Ehi» fece Lula dando una botta a Joyce sulla spalla. «A chi hai detto di muoversi?»

«Lo sto dicendo a te, barile di lardo» fu la risposta.

«Sempre meglio essere un barile di lardo che vomito di gamberetti in agrodolce e cacca di cane» disse Lula.

Joyce fece un verso di stupore. «Come lo sai? Non ti ho raccontato tutto.» Aveva gli occhi sbarrati. «Ecco! Sei stata tu!» Oltre alla pistola, Joyce aveva una cintura multiuso completa di manette, spray per autodifesa, scacciacani e manganello. Estrasse la scacciacani dalla cintura e la caricò. «Adesso te la faccio pagare» disse Joyce. «Ti friggo. Te la tengo addosso finché non mi si scarica la batteria e non ti riduco in una poltiglia di grasso liquefatto.»

Lula abbassò lo sguardo sulle mani. Niente borsa. Le avevamo lasciate in macchina. Si infilò le mani nelle tasche. Anche lì, nessuna arma. «Oh-oh» fece.

Joyce le si scagliò contro e Lula strillò, si girò di scatto e corse via lungo il corridoio, in direzione delle scale. Joyce si lanciò subito all’inseguimento. E ci mettemmo tutte a correre dietro a loro due. Io per prima, seguita da Mary Maggie e quindi da Janice. Forse Lula non era un granché a salire le scale, ma una volta preso l’abbrivio, in discesa diventava assolutamente imprendibile. Era un treno merci in corsa.

Lula arrivò al parcheggio sotterraneo e oltrepassò svelta la porta. Era quasi giunta alla macchina quando Joyce la raggiunse e le puntò addosso la scacciacani. Lula si fermò di scatto, ondeggiò sul posto per un secondo e crollò a terra come un sacco di cemento. Joyce si avvicinò per spararle un altro colpo ma io la bloccai da dietro. La scacciacani le sfuggì di mano e cademmo entrambe a terra. Fu allora che Eddie DeChooch entrò nel garage sotterraneo alla guida della Cadillac bianca di Mary Maggie.

Janice lo avvistò per prima. «Ehi, è lui il vecchio della Cadillac bianca?» chiese.

Io e Joyce alzammo la testa per guardare. DeChooch avanzava lentamente in cerca di un parcheggio libero.

«Vai via!» urlò Mary Maggie a DeChooch. «Vai via dal parcheggio!»

Joyce riuscì a mettersi in piedi e partì di corsa verso DeChooch. «Prendilo!» urlò Joyce a Janice. «Non farlo scappare.»

«Prendilo?» chiese Janice, che era in piedi accanto a Lula. «È pazza o cosa? Come dovrei prenderlo?»

«Non voglio che succeda nulla alla mia macchina» urlò Mary Maggie rivolta a Joyce e a me. «Era la macchina di mio zio Ted.»

Lula intanto si era messa carponi e sbavava. «Cosa?» disse. «Chi?»

Io e Janice aiutammo Lula a tirarsi in piedi. Mary Maggie stava ancora urlando a DeChooch, il quale continuava a non accorgersi di nulla.

Consegnai Lula a Janice e corsi verso la mia Honda. Avviai il motore e girai nel parcheggio mettendomi dietro a DeChooch. Non so come sperassi di prenderlo, ma mi sembrava la cosa giusta da fare.

Joyce saltò fuori davanti a DeChooch, con la pistola puntata, e gli intimò di fermarsi. DeChooch premette sull’acceleratore e andò avanti. Joyce ruzzolò per mettersi in salvo e sparò un colpo, che mancò DeChooch ma colpì un finestrino posteriore dell’auto.

DeChooch prese a sinistra e svoltò in una corsia di auto parcheggiate. Gli andai dietro, curvando su due ruote mentre lo inseguivo nella sua folle corsa. Stavamo girando in tondo perché DeChooch non riusciva a trovare l’uscita.

Mary Maggie stava ancora urlando. E Lula era in piedi che agitava le braccia.

«Aspettami!» gridò Lula, pronta a scattare di corsa ma senza sapere bene in che direzione.

Feci un giro passandole davanti e Lula saltò a bordo. Lo sportello sul retro si era aperto e Janice si lanciò nel sedile posteriore.

Joyce era tornata a prendere la sua macchina e l’aveva posizionata in modo da bloccare parzialmente l’uscita. Aveva aperto lo sportello sul lato di guida e vi si riparò dietro con la pistola pronta a sparare.

DeChooch riuscì finalmente a imboccare la corsia giusta e si diresse verso l’uscita. Puntava diritto verso Joyce la quale sparò un colpo mancando completamente il bersaglio, poi si buttò di lato quando DeChooch arrivò a tutta velocità scardinando lo sportello dell’auto di Joyce e facendolo volare in aria.

Lanciai subito l’auto all’inseguimento di DeChooch. La parte anteriore destra della Cadillac era piuttosto malconcia, ma era chiaro che a Choochy non importava minimamente. Svoltò su Spring Street e rimasi incollata al suo paraurti. Dalla Spring si immise sulla Broad e improvvisamente ci ritrovammo in mezzo a un ingorgo.

«È nostro» gridò Lula. «Tutti fuori dalla macchina!»

Lula, Janice e io schizzammo via dalla macchina e corremmo a catturare DeChooch. Questo fece una retromarcia veloce e speronò la CR-V, facendola finire contro l’auto che era dietro di noi. Sterzò tutto il volante e si tirò fuori raschiando il paraurti contro l’auto che gli stava davanti.

Lula non smise mai di urlare. «Abbiamo la tua cosa» gridava. «E vogliamo i soldi. Abbiamo deciso che vogliamo i soldi!»

Ma DeChooch sembrò non sentire nulla di tutto ciò. Fece un’inversione a U e se ne andò, avvolgendoci in una nuvola di polvere.

Lula, Janice e io restammo a guardarlo mentre sfrecciava lungo la strada, poi rivolgemmo la nostra attenzione alla CR-V. Era accartocciata come una fisarmonica.