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Riavvolsi il primo e lo ascoltai: era di mia madre.

«Stephanie? Sono la mamma. Ho un bell’arrosto per cena. E per dolce ci sono i pasticcini con sopra gli zuccherini. Alle ragazze piacciono i pasticcini.»

Nel secondo messaggio, la boutique di Tina mi avvisava nuovamente che l’abito da sposa era arrivato.

Il terzo era di Ranger che mi ragguagliava su Sophia e Christina. Christina si era presentata in ospedale con tutte le ossa della mano rotte. La sorella gliel’aveva spaccata con un batticarne per liberarla dalla manetta. Non riuscendo a sopportare il dolore, Christina era uscita allo scoperto mentre Sophia era ancora latitante.

Il quarto messaggio era di Vinnie. Le accuse contro Melvin Baylor erano state ritirate e Melvin si era comprato un biglietto di sola andata per l’Arizona. La sua ex moglie aveva assistito all’attacco di follia che Melvin aveva sfogato contro la sua macchina e, a quanto pare, si era spaventata. Se Melvin era capace di riservare quel trattamento alla sua macchina, chi poteva prevedere cosa avrebbe fatto in seguito? Così la donna aveva costretto la madre a ritirare la denuncia e si era accordata con Melvin per una liquidazione in contanti. Qualche volta dare di matto conviene.

Quelli erano i messaggi, dunque. Nessuno di Morelli. Curioso come funziona la mente delle donne. Adesso ero depressa perché Joe non aveva chiamato.

Dissi a mia madre che sarei andata a cena. E poi telefonai alla boutique per dire a Tina che avevo deciso di non prendere l’abito. Dopo aver riagganciato mi sentii più leggera di dieci chili. Il Luna e Dougie stavano bene. La nonna stava bene. Io ero bionda e non avevo un abito da sposa. Lasciando da parte i miei problemi con Morelli, non potevo chiedere di meglio alla vita.

Feci un pisolino prima di partire per casa dei miei. Quando mi svegliai i capelli avevano preso una piega strana e così feci la doccia. Dopo essermi lavata e asciugata i capelli, assomigliavo ad Art Garfunkel. Anzi, era come se i capelli mi fossero esplosi.

«Non m’importa» dissi alla mia immagine riflessa allo specchio. «Sono la nuova Stephanie, riveduta e corretta.» Era una bugia, ovviamente. Alle ragazze del New Jersey importa eccome.

Indossai un paio di jeans neri, stivali neri e una maglia rossa a coste a maniche corte. Andai in soggiorno e trovai Benny e Ziggy comodamente seduti sul divano.

«Abbiamo sentito il rumore della doccia aperta e non volevamo disturbarti» disse Benny.

«Già» fece Ziggy «e poi dovresti proprio rimettere a posto la catenella di sicurezza. Non si sa mai chi ti può entrare in casa.»

«Siamo appena tornati dal funerale di Louie D e abbiamo saputo tutto di come hai trovato il finocchietto e il suo amico. È stato terribile quello che ha fatto Sophia.»

«Era pazza anche quando Louie era ancora vivo» disse Ziggy. «Meglio non farle mai un torto. Ha qualcosa che non va in testa.»

«E dovresti porgere a Ranger i nostri migliori auguri. Speriamo che non abbia niente di grave al braccio.»

«Louie D è stato seppellito con il suo cuore?»

«Ronald l’ha portato immediatamente all’impresario delle pompe funebri, l’hanno messo a posto e poi hanno ricucito tutto come se non fosse successo niente. Poi Ronald ha seguito il carro funebre fino a Trenton per il funerale di oggi.»

«Nessuna traccia di Sophia?»

«C’erano dei fiori sulla tomba, ma non è venuta alla cerimonia.» Scosse la testa. «Un sacco di agenti di polizia in servizio. Un peccato per la privacy.»

«Immagino che tu stia ancora cercando Choochy» disse Benny. «Dovresti stare attenta con lui. È un po’…» Benny fece un movimento circolare con l’indice sulla testa, a significare una rotella fuori posto. «Non come Sophia, però. Chooch è una brava persona in fondo.»

«Colpa dell’ictus e dello stress» disse Ziggy. «Lo stress non va sottovalutato. Se hai bisogno di aiuto con Choochy dovresti chiamarci. Magari potremmo fare qualcosa.»

Benny annuì. Dovevo chiamarli.

«Mi piacciono i capelli» disse Ziggy. «Ti sei fatta la permanente, vero?»

Si alzarono e Benny mi diede una scatola. «Ti ho portato del croccante. Estelle l’ha portato dalla Virginia.»

«Qui da noi non si trova croccante buono come quello che hanno in Virginia» disse Ziggy.

Li ringraziai per il croccante e chiusi la porta alle loro spalle. Lasciai passare cinque minuti in modo che si allontanassero dall’edificio, poi presi la giacca di pelle nera, la borsa e dopo aver chiuso tutto me ne andai.

Mia madre guardò dietro di me quando venne ad aprire la porta. «Dov’è Joe? Dov’è la tua macchina?»

«L’ho scambiata con la moto.»

«La moto sul marciapiede?»

Feci sì con la testa.

«Sembra una di quelle che usano gli Hell’s Angels.»

«È una Harley.»

Fu allora che se ne accorse. Dei capelli. Spalancò gli occhi e rimase a bocca aperta. «I capelli» sussurrò.

«Ho pensato di provare qualcosa di nuovo.»

«Mio Dio, assomigli a…»

«Madonna?»

«Art Garfunkel.»

Lasciai casco, giacca e borsa nel guardaroba dell’ingresso e presi il mio posto a tavola.

«Sei arrivata giusto in tempo» disse la nonna. «Perdiana! Guardate che roba. Assomigli a quel cantante.»

«Lo so» replicai. «Lo so.»

«Dov’è Joseph?» chiese mia madre. «Credevo venisse a cena.»

«Abbiamo… rotto.»

Tutti smisero di mangiare, eccetto mio padre. Anzi, ne approfittò per servirsi un’altra porzione di patate.

«È impossibile» disse mia madre. «Hai un abito da sposa.»

«L’ho disdetto.»

«Joseph lo sa?»

«Sì.» Cercai di comportarmi con nonchalance, concentrata sul piatto, e chiesi a mia sorella di passarmi i fagiolini. Posso farcela, mi dissi. Sono bionda. Posso fare qualsiasi cosa.

«Sono i capelli, vero?» chiese mia madre. «Ha annullato il matrimonio per colpa dei capelli.»

«Sono stata io ad annullare il matrimonio. E non mi va di parlarne.»

Suonò il campanello e Valerie fece un salto. «È per me. Ho un appuntamento.»

«Un appuntamento!» disse mia madre. «È meraviglioso. Sei qui da così poco e hai già un appuntamento.»

Mentalmente alzai gli occhi al cielo. Mia sorella è un’incapace. Ecco cosa succede a fare sempre la brava ragazza. Non si impara mai l’importanza della menzogna e dell’inganno. Non ho mai portato a casa i ragazzi con cui uscivo. Ci si incontra ai centri commerciali così eviti di far venire un infarto ai tuoi quando il ragazzo di turno si presenta con tatuaggi e piercing sulla lingua. O, nel caso specifico, è una lesbica.

«Questa è Janeane» disse Valerie, presentandoci una donna di bassa statura con i capelli scuri. «Ci siamo conosciute quando sono andata a fare il colloquio in banca. Non ho avuto il lavoro ma Janeane mi ha chiesto se volevamo uscire insieme.»

«È una donna» disse mia madre.

«Sì, siamo lesbiche» disse Valerie.

Mia madre perse i sensi. Bum. Stesa sul pavimento.

Tutti si alzarono di scatto per correre da mia madre.

Aprì gli occhi ma non mosse neanche un muscolo per almeno trenta secondi. Poi urlò: «Una lesbica! Madre di Dio. Frank, tua figlia è lesbica!».

Mio padre guardò Valerie di traverso. «Quella che porti è la mia cravatta?»

«Hai un gran bel coraggio» disse mia madre, ancora supina a terra. «Tutti questi anni, in cui sei stata normale e con un marito, hai abitato in California. E adesso che sei qui diventi lesbica. Non basta che tua sorella vada in giro a sparare alle persone? Che razza di famiglia è questa?»

«Non sparo mai a nessuno» dissi.

«Scommetto che ci sono un sacco di lati positivi nell’essere lesbiche» disse la nonna. «Se sposi una lesbica non devi mai preoccuparti che qualcuno lasci alzato il sedile del cesso.»