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Erano passi leggeri. Non si muovevano con prudenza. Non si fermavano ogni tanto per rimanere in ascolto, per scrutare l’appartamento buio. Cercai di controllare la respirazione, di regolarizzare il battito cardiaco. Credevo di conoscere l’identità dell’intruso, ma non per questo mi sentivo meno in preda al panico.

Si affacciò sulla porta della mia camera da letto e bussò appena sullo stipite. «Sei sveglia?»

«Adesso sì. Mi hai spaventata a morte.»

Era Ranger.

«Voglio vederti» disse. «Hai una lampada sul comodino?»

«Ce n’è una nel bagno.»

Prese la lampada dal bagno e inserì la spina nella presa sul battiscopa della camera. Non faceva molta luce, ma abbastanza per vederlo bene.

«Allora» dissi, schiacciandomi mentalmente le nocche delle mani. «Che succede? DeChooch sta bene?»

Ranger si tolse la cintura dove teneva la pistola e la lasciò cadere a terra. «DeChooch sta bene, ma noi abbiamo un conto in sospeso.»

FINE