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«Ecco il tuo corso», urlò il signor McAfee. «Ecco le tue prime lezioni!»

«Quali lezioni?»

«Il corso per corrispondenza che avevi chiesto. L’energia… cos’era? Non ricordi?»

«No», disse Jim. «Me n’ero completamente scordato. Porta via quella roba, non la voglio. È stato soltanto uno stupido scherzo».

«Non dovresti sentirti così, Jim, dopotutto la tua gamba guarirà. Ho sentito il dottore che lo diceva all’emporio, ieri. E tutto andrà a posto. Non serve che ti lasci abbattere. Inoltre… io devo consegnare la posta».

Gettò la busta marrone sulla veranda accanto a Jim. «Te l’ho portata subito, perché pensavo che avessi una gran fretta di riceverla».

Jim sorrise per scusarsi. «Mi spiace, Mac. Non intendevo prendermela con te. Grazie per avermela portata. La studierò bene, e con la massima concentrazione, proprio qui, sulla veranda, subito stamattina».

L’espressione del signor McAfee si fece raggiante. Annui e si allontanò con la Ford sferragliante. Jim tornò a chiudere gli occhi, ma non riuscì a ritrovare la piacevole vacuità di poco prima. Ora, nella sua mente continuava a stagliarsi il cielo con gli aerei che volavano in cerchio e in picchiata, e il volto d’una ragazza che giaceva immobile e pallida, gli occhi chiusi.

Jim aprì gli occhi, le mani gli scivolarono giù dai fianchi e toccarono la busta. L’aprì, lacerandola, ed esaminò i fogli in essa contenuti. Era proprio il genere di roba che gli arrivava per posta da ragazzo. Scorse rapidamente i titoli dei capitoli e gettò da parte la prima lezione. C’era un sacco di roba ovvia, con esempi banali sui mulini ad acqua, le macchine a vapore e l’elettricità. Aveva tutto l’aspetto d’un tema tirato via da uno studente delle superiori sullo sviluppo dell’energia dai tempi di Archimede a oggi.

Le pagine ciclostilate erano realizzate in modo assai scadente. Pareva che le matrici fossero state battute su una macchina per scrivere i cui tasti fossero stati colpiti con un martello.

Gettò da parte anche la seconda lezione e lanciò un’occhiata sul primo foglio della terza. La sua mano si arrestò a mezz’aria nell’atto di buttar via anche questa lezione accanto alle prime due. Aveva intravisto, nel primo foglio e nei successivi, formule e calcoli.

Questa era roba a livello universitario. Il suo cervello lottò per richiamare a sé i primi elementi del calcolo integrale e delle equazioni a derivate parziali di cui da lungo tempo non si era più servito.

C’erano pagine e pagine di quella roba. Era come la luce di un faro, fioca e lontanissima, ma che indicava un percorso sicuro alla sua mente, e si faceva sempre più intensa man mano procedeva. Avanzò lungo i passi intricati dell’alta matematica, superandoli uno alla volta, assimilando i brevi paragrafi tra una formula e l’altra. Quando infine giunse all’ultima pagina e poté chiudere il grosso fascicolo, si accigliò: il sole era ormai disceso a metà nel cielo pomeridiano.

Jim fissò i campi lontani, e rifletté. Quella non era roba terra terra. Una matematica come quella non poteva far parte d’un corso per corrispondenza alla buona. Raccolse la grossa busta e si concentrò sul nome del mittente. Tutto quello che vi era scritto diceva: M.H. Quilcon Schools, Henderson, Iowa. E ogni lezione era firmata, in calce, con una riproduzione in ciclostile della vistosa firma «M.H. Quilcon».

Jim raccolse la prima lezione e cominciò a leggerla lentamente, con la massima attenzione, alla ricerca, quasi, di ciò che poteva trovarsi nascosto fra le righe, un qualche mistico messaggio.

Alla fine di luglio la sua gamba si era irrobustita quanto bastava a consentirgli di camminare senza bastone. Procedeva con lentezza, zoppicando, e di tanto in tanto la gamba cedeva come se il ginocchio non riuscisse a sostenere il peso. Ma Jim imparò presto a recuperar l’equilibrio prima di cadere, e si godette tutto il brivido di poter camminare di nuovo.

Alla fine di luglio era ormai arrivata la decima lezione del corso per corrispondenza, e Jim seppe di essere giunto fin dove poteva farcela da solo. Viveva in uno stupore incantato, mentre si aggirava in quel nuovo, meraviglioso mondo scientifico che gli si era schiuso davanti agli occhi. Sapeva che erano stati compiuti grandi passi nella tecnologia e nella produzione, ma gli pareva incredibile che un scoperta fondamentale come quella della coordinazione d’energia si fosse limitata a produrre, per tanti mesi, macchine di guerra. A produrle soltanto: si chiese come mai il principio non fosse stato applicato più direttamente dentro le stesse armi, nel loro stesso funzionamento… ma non ne capiva abbastanza per sapere se fosse o no possibile. Non riusciva ancora a capire da dove provenisse quell’energia che era alla base del sistema.

La decima lezione era stampata male come tutte le precedenti. Ma era assai più consistente: lo spessore del fascicolo era quello d’un libro. Quando l’ebbe finito, Jim si era ormai reso conto che era indispensabile, per lui, saperne di più sulle origini e i fondamenti della nuova scienza. Doveva parlare con qualcuno che ne sapesse qualcosa. Ma non conosceva nessun altro che ne avesse sentito parlare. E anche lui, non aveva visto in giro nessuna pubblicità della M.H. Quilcon Schools. Tutto ciò che ne sapeva era contenuto in quella prima circolare e nelle dieci lezioni.

Non appena ebbe completato i compiti per casa relativi alla decima lezione, e li ebbe affidati alle cure del signor McAfee, Jim Ward decise di recarsi personalmente a Henderson, nello Iowa, a far visita alla Quilcon Schools.

Desiderò aver trattenuto presso di sé i fogli coi compiti svolti: avrebbe potuto portarli laggiù più in fretta di quanto avrebbero impiegato attraverso i normali canali della posta.

L’accelerato si fermò a Henderson, Iowa, appena quel tanto che gli consentì di scendere. Riparti, poi, subito, e Jim Ward si guardò intorno.

L’uomo dall’aria assonnata che fungeva da bigliettaio, spedizioniere e custode lo fissò meravigliato e sputò un cospicuo fiotto ambrato di tabacco attraverso lo scrittoio, fuori della finestra.

«Cerca qualcuno, signor mio?»

«Sto cercando Henderson, Iowa. È questa?» chiese Jim, dubbioso.

«C’è proprio arrivato, signor mio. Ma non cammini troppo in fretta, altrimenti se ne troverà fuori. I confini di Henderson sono a un solo isolato oltre lo spaccio di Smith».

Jim notò il cartello sopra la porta e diede un’occhiata alla scritta che non aveva visto prima: Henderson, Iowa. Pop. 806.

«Sto cercando un certo signor M.H. Quilcon. Dirige una scuola per corrispondenza, qui da qualche parte. Lo conosce?»

L’intero personale della stazione tornò a frugarsi il cervello e infine sbottò, pensieroso: «Col prossimo ottobre saranno ventinove anni che vivo qui. Mai sentito un nome simile qui intorno… e li conosco tutti».

«C’è qualche scuola per corrispondenza qui da voi?»

«La signorina Marybell Anne Simmons di tanto in tanto dà qualche lezione come estetista, ma è l’unica scuola di quel genere che io conosca».

Stupito, Jim Ward mormorò i suoi ringraziamenti e uscì a lenti passi dalla stazione. Il panorama che gli si parò davanti era sconcertante. Si chiese se la popolazione non fosse drasticamente diminuita da quand’era stato fatto il censimento scritto sul cartello, là dentro.

Un piccolo emporio fatiscente lo fronteggiava sul lato opposto della strada. Un po’ più là era un minuscolo edificio scheletrico che una scritta qualificava come Ufficio dello Sceriffo. Al di qua della strada Jim vide lo spaccio di Smith, a una settantina di metri di distanza, con una sella e un sacco di fertilizzante esposti in vetrina. Nella direzione opposta in un unico blocco occhieggiavano l’ufficio postale, la banca e quello che veniva pubblicizzato come un giornale con relativa tipografia.