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— Sarei felice di sentire i vostri suggerimenti a proposito della nostra prossima mossa, ma preferirei che parlaste uno alla volta.

La nota di rimprovero nella voce del Capitano fu sufficiente a ridurre il fracasso a un mormorio di fondo, ma Surgenor avvertì negli altri un senso crescente di panico. Il guaio era che la guida di un modulo cartografico di superficie non era mai diventata una vera professione, per il semplice fatto che era troppo facile. Era solo un lavoro altamente redditizio a cui si dedicavano per due o tre anni giovani svegli, che intendevano guadagnare un po’ di soldi per buttarsi negli affari, e al momento di firmare il contratto chiedevano praticamente una garanzia scritta che non ci sarebbe stata nessuna interruzione in quella lucrosa routine. Ora, di fronte a una situazione imprevista e incomprensibile, erano preoccupati. Il loro lavoro era stato creato in gran parte dalle pressioni sindacali: sarebbe stato facile automatizzare i moduli d’esplorazione allo stesso modo della nave madre… ma alla prima occasione di dover agire di propria iniziativa di fronte a un evento imprevisto (e questa era stata la ragione di fondo portata avanti dai sindacati), si mostravano risentiti e spaventati.

Surgenor provò un istante di irritazione nei confronti dei suoi compagni, poi si ricordò che anche lui aveva intenzione di intascare i soldi e di tagliare la corda. Si era arruolato sedici anni prima, insieme a due suoi cugini appassionati dello spazio, che erano rimasti sette anni, prima di lasciare il servizio per dedicarsi al noleggio di attrezzature. Aveva investito la maggior parte dei suoi risparmi nella loro impresa, ma ormai la pazienza di Cari e Chris era giunta al limite, e l’avevano messo di fronte a un ultimatum: o prendeva parte attiva alla conduzione dell’azienda, oppure gli avrebbero ricomprato la sua quota. Per questo aveva presentato le dimissioni al Servizio Cartografico. A trentasei anni, era arrivato il momento di sistemarsi, dedicarsi al lavoro di tavolino, andare ogni tanto a pescare e a teatro, e trovarsi una donna con cui andare ragionevolmente d’accordo. Surgenor doveva ammettere che quella prospettiva non era affatto spiacevole. Peccato che proprio al suo ultimo viaggio fosse saltato fuori un Modulo Sette.

— Se c’è un settimo modulo, Aesop — intervenne Al Gillespie del Tre — vuoi dire che qui c’è stata un’altra astronave da esplorazione prima di noi. Forse per un atterraggio di emergenza.

— No — rispose Aesop. — Il livello di radiazioni del pianeta porta ad escludere categoricamente questa possibilità. E poi la nostra è l’unica spedizione in programma nel raggio di trecento anni-luce.

Surgenor schiacciò il pulsante che lo metteva in comunicazione con la nave madre. — Lo so che non è un’ipotesi molto diversa da quella di Al, ma hai controllato se c’è qualche installazione sotterranea?

— La mappa del pianeta non è ancora completa, ma ho controllato accuratamente tutti i dati geognostici. Risultato negativo.

Parlò di nuovo Gillespie. — Mi sembra di capire che questo cosiddetto modulo non ha cercato di mettersi in comunicazione con la Sarafand o con gli equipaggi degli altri moduli. Perché?

— Posso solo supporre che stia cercando deliberatamente di mescolarsi con voi per potersi avvicinare alla nave. Per il momento, non saprei dire perché; ma la cosa non mi piace.

— Cosa possiamo fare? — La domanda venne posta contemporaneamente e in forme diverse dalla maggior parte degli uomini.

Vi fu una lunga pausa prima che Aesop parlasse. — Ho ordinato a tutti i moduli di fermarsi perché non intendo rischiare la perdita della nave, ma una considerazione attenta della situazione mi porta a concludere che è necessario correre qualche rischio. Posso vedere solo tre moduli, e dal momento che la formazione regolare è stata rotta durante gli ultimi cinquecento chilometri non sono in grado di identificarvi per mezzo della posizione. O almeno, non con una precisione sufficientemente alta. Perciò permetterò a tutti i moduli, tutti e sette, di avvicinarsi alla nave per un’ispezione visuale. La distanza minima fra la nave e ciascun modulo sarà di mille metri. Chiunque cercherà di avvicinarsi oltre questo limite, anche di un solo metro, verrà distrutto. Non darò nessun preavviso, perciò ricordate: mille metri. Iniziate l’avvicinamento.

2

Surgenor, essendo più esperto, aveva pensato di prendere lui la guida del Modulo Cinque nella marcia di avvicinamento alla Sarafand, la torre piramidale di luci che rappresentava la casa e la sicurezza, ma che ora era una nuova e mortale fonte di pericolo. Sapeva che Aesop, avendoli avvertiti, non avrebbe esitato una frazione di secondo a distruggere qualsiasi veicolo che superasse la linea invisibile. Tuttavia, la consueta temerarietà pareva aver completamente abbandonato Voysey che guidava il modulo con tale cautela che Surgenor non poté trovare niente da dire. Quando le cifre rosse del telemetro mostrarono che restavano loro ancora cinquanta metri, Voysey arrestò il veicolo e spense il motore. Nella cabina scese il silenzio.

— Siamo abbastanza vicini? — chiese. — O credi che dovremmo andare avanti ancora un po’? Surgenor fece un gesto di assenso. — Va bene così. Meglio tenere conto di un possibile margine di errore nei nostri strumenti, e in quelli di Aesop.

Scrutò lo schermo anteriore e vide che la sola indicazione della presenza di altri veicoli nella zona era una luce lontana e intermittente sulla pianura, oltre la grande nave. Mentre osservava la luce avvicinarsi, Surgenor si chiese se potesse essere… esitò prima di definirlo: il nemico.

— Mi chiedo se è quello — disse Voysey.

— Chissà? — rispose Surgenor. — Perché non provi a chiederglielo?

Voysey restò immobile per qualche secondo. — Sicuro. Adesso provo. — Schiacciò il pulsante del comunicatore. — Qui Modulo Cinque, parla Voysey. Siamo già arrivati alla nave. Chi è sul secondo modulo che si sta avvicinando?

— Qui Modulo Uno, parla Lamereux — rispose una voce familiare e rassicurante. — Salve Victor, salve Bave. Felice di vedervi… se siete voi, cioè.

— Certo che siamo noi. Chi altri dovremmo essere? La risata di Lamereux sembrò leggermente forzata. — In una situazione come questa, preferisco non pensarci neppure.

Voysey lasciò andare il pulsante del comunicatore e si rivolse a Surgenor. — Ormai Aesop dovrebbe essere sicuro di due di noi, per lo meno. Spero che individui la differenza nel settimo modulo e lo disintegri senza perdere tempo. Prima che faccia la sua mossa.

— E se non facesse nessuna mossa? — Surgenor scartò un cubetto di proteine aromatizzate e lo morse. Aveva pensato che il prossimo pasto sarebbe stato un banchetto di trionfo a bordo della nave madre, ma ormai sembrava che non avrebbe più fatto in tempo a rientrare per l’ora di cena.

— Cosa vorresti dire?

— Anche sulla Terra ci sono uccelli che imitano le voci degli uomini e scimmie che miniano i loro movimenti, senza nessuna ragione particolare. Sono fatti così, ecco tutto. Questa cosa potrebbe essere un super-mimo, un animale che non può fare a meno di imitare. Forse assume la forma di qualsiasi cosa nuova veda, senza neppure volerlo.

— Un animale tanto grande da potere imitare un modulo d’esplorazione? — Voysey considerò per qualche momento l’idea, evidentemente non molto convinto. — Ma perché dovrebbe cercare di mescolarsi a noi?

— Imitazione comportamentale. Ci ha visto dirigerci tutti verso la Sarafand, ed è stato spinto a seguirci.

— Mi stai raccontando un’altra delle tue storie, Dave. Ho bevuto quella sui Dramboni, o come diavolo si chiamavano quelle cose strane, ma questa è troppo grossa.

Surgenor si strinse nelle spalle e continuò a masticare proteine. Aveva incontrato i Dramboni durante la sua centoventiquattresima esplorazione planetaria. Erano creature a forma di ruota che vivevano su un mondo ad alta gravità, e contrariamente a quasi tutti gli esseri viventi, avevano il sangue che restava immobile al centro della ruota, mentre il resto del corpo girava. Aveva sempre incontrato molte difficoltà a convincere i nuovi membri della reale esistenza dei Dramboni, e di un centinaio di altre specie ugualmente bizzarre.