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— Questo era prevedibile. Ne ho tenuto conto.

— Non puoi prevedere come agiranno gli esseri umani.

— Non ho detto che posso prevedere le loro azioni — disse Aesop con pazienza. — Ti assicuro però che ho soppesato ogni fattore decisivo prima di fare la mia scelta.

— Quali fattori?

Vi fu una pausa appena percettibile, segno che Aesop considerava quella domanda stupida. — La zona di spazio esplorata dal Servizio Cartografico è grosso modo sferica. Con l’aumentare del raggio, la superficie di questa sfera…

— Questo lo so — lo interruppe Surgenor. — La Bolla si sta allargando, il lavoro da fare aumenta in continuazione, e ci sono pressioni economiche per estendere le missioni. Io parlavo dei fattori umani. Su che cosa ti basi per valutarli?

— A parte la massa di nozioni di psicologia generale che ho a disposizione, posso fare riferimento ai riassunti dei Rapporti Finali delle Missioni svoltesi negli ultimi secoli. Solo quelli del Servizio Cartografico constano di circa otto milioni di parole; quelli militari, per loro natura più estesi, arrivano a quindici milioni di parole; poi ci sono i rapporti dei vari enti civili, che…

— Lascia perdere. — Surgenor, rendendosi conto che il computer lo stava portando fuori strada, decise di cambiare tattica. — Aesop, è da molto che siamo insieme sulla Sarafand, e ormai comincio a pensare a te come ad un essere umano, e credo di poterti parlare da uomo a uomo.

— Prima di cominciare, David, vorresti rispondere a due domande?

— Certo.

— Primo: come ti è venuta la strana idea che io sia sensibile all’adulazione? Secondo: come sei giunto alla conclusione ancora più strana che l’attribuirmi caratteristiche umane potrebbe in qualche modo essere considerato come un’adulazione?

— Non ho le risposte — disse Surgenor stancamente, sconfitto.

— Peccato. Procedi.

— Procedere con cosa?

— Sono pronto a sentirti parlare da uomo a uomo.

Surgenor fece esattamente quello, per circa un minuto.

— Ora che hai scaricato la tua tensione mentale — disse Aesop alla fine del suo sfogo — ti prego di ricordare che la frase corretta per chiudere la comunicazione è: “Non ascoltarmi più”.

Surgenor cercò qualche imprecazione oscena, mentre l’audio veniva interrotto, ma l’immaginazione gli venne meno. Passeggiò su e giù per un po’, cercando di convincersi che non c’era nessun modo di tornare sulla Terra per Natale, poi scese nell’hangar e cominciò a controllare le apparecchiature del suo modulo di esplorazione. All’inizio trovò difficile concentrarsi, poi l’abitudine prese il sopravvento e le ore passarono rapide. Quando uscì dal veicolo e si recò a mangiare, i pannelli luminosi nella sezione “meridionale” del ponte semicircolare brillavano più vivamente, dando l’impressione che dietro ci fosse il sole alto. Si sedette vicino a Hilliard.

— Dove sei stato? — gli chiesi — Pollen.

— A controllare i miei i miei banchi sensori.

— Un’altra volta? — Pollen inarcò un sopracciglio, scoprendo i denti lievemente sporgenti in un abbozzo di sorriso.

— Serve a tenerlo lontano dai guai — disse Hilliard strizzando l’occhio agli altri.

— Io non ho mai dovuto rifarmi il giro di mezzo pianeta — rispose Surgenor, ricordando a Pollen un incidente che l’altro avrebbe preferito dimenticare, e si ordinò il pranzo sui pulsanti del menu. La sua minestra era appena emersa dalla torretta, quando Tod Barrow entrò nella mensa, e dopo aver dato un’occhiata al tavolo, si sedette di fronte a lui. L’uomo, che evidentemente aveva fatto esercizi in palestra, indossava una tuta da ginnastica e puzzava di sudore. Salutò Surgenor con cordialità eccessiva e inaspettata.

Surgenor gli rispose con un breve cenno del capo. — Non funziona la doccia?

— E che ne so io? — Barrow assunse un’aria di innocente sorpresa.

— La gente di solito ci va dopo essere stata in palestra.

— Diavolo, solo la gente sporca ha bisogno di lavarsi in continuazione. — I lineamenti grigiastri di Barrow si raggrinzirono in un sorriso, mentre i suoi occhi si fissavano su Hilliard. — E poi, ho fatto il bagno ieri sera. A casa. Con mia moglie.

— Oh no, un’altra volta — mormorò Surgenor.

Barrow lo ignorò, tenendo sempre gli occhi fissi su Hilliard. — È una vasca favolosa. D’oro. Si adatta proprio ai capelli di mia moglie.

Surgenor notò che Hilliard, al suo fianco, aveva posato la forchetta e stava fissando Barrow intensamente.

— Anche la sua pelle ha una tinta dorata — continuò Barrow. — E quando siamo insieme nella vasca si lega i capelli in alto con un nastro d’oro.

— Come si chiama? — chiese Hilliard, con sorpresa di Surgenor.

— Anche i rubinetti sono d’oro. A forma di delfini. — L’espressione di Barrow era estatica. — È stata una pazzia comprarla, ma quando l’abbiamo vista…

— Come si chiama? — Hilliard si era alzato di scatto, facendo cadere la sedia.

— Che ti succede, Ciccio?

— Per l’ultima volta, Barrow, dimmi come si chiama. — Le guance di Hilliard erano rosse per la collera.

— Julie — annunciò Barrow allegramente. — Julie Cornwallis.

Hilliard spalancò la bocca. — Sei un bugiardo.

— Ditemi voi se è questa la maniera di parlare a un collega — disse Barrow rivolto agli altri che avevano assistito alla scena. Hilliard si chinò su di lui attraverso il tavolo. — Sei un lurido bugiardo, Barrow.

— Ehi, Bernie! — Surgenor si alzò e prese Hilliard per un braccio. — Calmati.

— Tu non capisci, Dave. — Hilliard si liberò dalla stretta. — Sta dicendo di avere un nastro VT identico al mio, ma non è possibile. I,’ufficio rifornimenti controlla sempre che non ce ne siano due uguali sulla stessa nave.

— Si saranno sbagliati, questa volta — disse Barrow ridendo. — Tutti possono fare un errore.

— Allora potresti prenderne un altro.

Barrow scosse la testa con forza. — Niente da fare, Ciccio. Mi piace quello.

— Se non lo restituisci io…

— Sì, Ciccio?

— Io…

— La mia minestra si sta raffreddando — disse Surgenor ad alta voce. Aveva un torace imponente, capace di produrre un volume sonoro impressionante quando era necessario. — Non ho nessuna intenzione di mangiare freddo per voi… Perciò sedetevi e cercate di comportarvi da persone adulte. — Raccolse la sedia di Hilliard e costrinse il giovane a sedersi.

— Non capisci, Dave — mormorò Hilliard. — È come se la mia casa venisse violata. Per tutta risposta Surgenor prese il cucchiaio e cominciò a mangiare, in silenziosa concentrazione. Quel “pomeriggio” Surgenor finì di leggere un libro, passò un po’ di tempo nella sala di osservazione, poi andò in palestra a tirare di scherma con Al Gillespie. Non vide né Hilliard né Barrow, e anche se pensò all’incidente dei nastri fu solo per congratularsi con se stesso per essere riuscito a ficcare un po’ di buon senso nella testa di quei due. Una luce rosso-dorata, che dava un senso di pace, pioveva dalla parte “occidentale” della sala mensa quando vi entrò e si sedette al tavolo. La maggior parte delle sedie erano occupate, e la torretta distributrice correva ronzando da una parte all’altra del tavolo, lungo la scanalatura centrale.

Normalmente quell’atmosfera animata avrebbe messo di buon umore Surgenor, ma questa volta servì solo a ricordargli il Natale che non avrebbe passato sulla Terra, e il triste anno nuovo che sarebbe iniziato senza il calore di quello vecchio. Si lasciò cadere su una sedia, ordinò la solita cena e aveva appena cominciato a mangiare, senza appetito, quando si accorse che qualcuno gli si era seduto a fianco. Il suo umore diventò ancora più cupo quando vide che era Tod Barrow. — Scusate il ritardo, ragazzi — disse Barrow — ma vedo che avete cominciato lo stesso senza di me.